Natale e auguri politicamente scorretti

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In Belgio non si parla più di “vacanze di Natale” o “vacanze di Pasqua” e Ognissanti, ma di “vacanze d’inverno”, “vacanze di primavera” e “congedo d’autunno”.

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“In un’occasione veramente speciale… Ai miei cari amici cristiani… un grande augurio di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.” Me lo ha inviato un architetto e conservatore palestinese, che vive in Cisgiordania. È musulmano, convinto, e iscritto alla pagina Facebook I love Islam. Eppure ha pensato a inviarmi i suoi, per me preziosi, auguri di Natale. Come io faccio gli auguri di Buon Ramadan agli amici musulmani in Italia.

In questo periodo, nei negozi, al mio augurio di “Buon Natale” il più delle volte mi è stato risposto “Buone feste”, molto più politicamente corretto. Con “Buone feste” non si corre il rischio di offendere nessuno. D’altra parte, questo è indubbiamente il periodo in cui si festeggia il Natale. E faccio molta fatica a capire come possano essere considerati offensivi degli auguri, se fatti sinceramente, o un presepio.

Ho frequentato per anni alcuni musicisti indiani. Ricordo che facevo dei dolci di riso per una festa religiosa induista. Loro mi regalavano immagini delle divinità Hindu. Non era certo per offendermi o “convertirmi”, ma come segno di stima e affetto: mi mettevano a parte di qualcosa che era importante per loro.

Trovo estremamente affascinante, dal punto di vista culturale, l’idea della reincarnazione, ma personalmente non ci credo. Però porto dal 2009 un “braccialettino” di corda, ormai scolorito e consumato, che un monaco tibetano mi annodò al polso. Dopo aver recentemente parlato con uno studioso di tibetologia ho scoperto che è sbagliato sia dire buddismo che dire monaco, ma continuo a usare questi termini per facilità. Mentre legava il cordino, il monaco recitava preghiere e benedizioni in una lingua a me totalmente sconosciuta. Non ho nemmeno idea di che cosa mi abbia augurato, ma erano pensieri buoni rivolti a me e li ho accolti con piacere.

Credo che ci sia qualcosa da correggere nel punto di vista: non è rinnegando le proprie origini o le proprie tradizioni che si vive meglio insieme. Sono convinta che un appiattimento banale e omologante, che pretende di annullare le differenze, non sia la soluzione, da ricercare solo nel reciproco rispetto.

E se qualcuno non crede in nulla? Con gli auguri non sto certo cercando di convincerlo, non gli sto dicendo: “corri subito in chiesa”, me ne guarderei bene. Ma gli sto augurando qualcosa di buono, dal mio punto di vista, per la sua vita. Ho l’esempio di mio zio, ateo e contrario a ogni forma di religione. Ma accoglieva e ricambiava i nostri auguri di Natale.

Penso che gli auguri fatti con il cuore vadano accettati con gioia da qualsiasi parte, paese o persona provengano. Per questo mi scuserete se, adesso che è appena passato il Natale, non vi auguro, in modo politically correct, delle buone vacanze d’inverno, ma vi auguro, sinceramente, delle buone feste di Natale.

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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