Milano negli anni Sessanta, tra calcio e cultura

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Una vivace città, divisa tra Inter e Milan, in mostra a Palazzo Reale di Milano.

Una vivace città, divisa tra Inter e Milan, in mostra a Palazzo Reale di Milano.

Helenio_Herrera_e_Nereo_Rocco_1967-68

 

Tra le fortune di quelli della mia generazione – i cinquantenni – c’e stata quella di avere letto da giovani (e anche da meno giovani) di sport attraverso le penne di giornalisti-scrittori del calibro di Oreste del Buono e, soprattutto, Gianni Brera. Quest’ultimo fu un vero e proprio innovatore del lessico calcistico, creando epiteti di sapore epico, dal Rombo di tuono per Gigi Riva all’Abatino per Gianni Rivera, o neologismi divenuti poi d’uso comune come melina, libero o goleador. Giustamente si è parlato di lui come una sorta di “Gadda” del calcio, e ciò mi trova pienamente d’accordo. E Brera è uno dei protagonisti di quella Milano degli anni Sessanta, che nei successi calcistici di Inter e Milan ebbe uno delle sue più evidenti affermazioni: una Milano dove la vita sarà stata sì ancora agra (come scriveva Luciano Bianciardi nel 1962), ma che si stava togliendo di dosso quella patina di arretratezza che ancora si manifestava pienamente nel Ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori del 1958.

 

de-chirico

 

Ma torniamo al calcio. Il 1963 è l’anno in cui la supremazia nazionale e internazionale di Milano diventa evidente. Infatti il Mago Helenio Herrera portò l’Inter a vincere lo scudetto, il primo dei numerosi trofei da lui conquistati, cioè tre scudetti (1963, 1965 e 1966), due Coppe dei Campioni (1964 e 1965), e due Coppe Intercontinentali (1964 e 1965); il Paròn rossonero Nereo Rocco vinse invece a Wembley la Coppa dei Campioni; a questa aggiunse scudetti (1962, 1968) e altre coppe, come la Coppa delle Coppe (1968 e 1973) e la Coppa dei Campioni più Intercontinentale (1969). E del clima di queste vittorie, perfettamente calate nella realtà della Milano del tempo, vi è una intensa e partecipata ricostruzione in una Mostra a Palazzo Reale di Milano, Quelli che… Milan Inter 1963, curata dal giornalista Gigi Garanzini.

Si tratta di una mostra estiva, ora in chiusura e dunque incompatibile con una visita scolastica. Eppure – con l’ausilio del sito web della mostra e del bel catalogo Skira – non è impossibile mostrare ai nostri studenti come un altro calcio (e un altro sport) fosse allora possibile. Un calcio dove le emozioni e le rivalità erano forti davvero, ma il più delle volte sublimate in semplici e battute da bar o pubblici sfottò dei vip di allora, e cioè i nerazzurri Adriano Celentano e Gino Bramieri o i rossoneri Enzo Jannacci e Walter Chiari. Un calcio dove i due grandi allenatori Herrera e Rocco erano sì star strapagate, ma dotate di una straordinaria carica di umanità, cui potevano capitare – nella temperie culturale di allora – incontri eccezionali: incredibile lo splendido disegno a matita che Giorgio De Chirico regalò nel 1970 a Rocco, incontrato al ristorante, per consolarlo di una sconfitta…

 

sereniVi era dunque un filo conduttore tra sport e cultura che oggi stupisce. E che non può che portarci dritto dritto ad una delle “penne nerazzurre” più importanti di quel tempo, e cioè al grande poeta Vittorio Sereni, di cui vi è in mostra una bella foto. Io voglio fare qualcosa di più, e suggerire ai colleghi una poesia che Sereni scrisse per un incontro Inter-Juventus; poesia che prima di assumere il titolo definitivo (Domenica Sportiva) comparve proprio col titolo di Inter-Juve in Elogio Olimpico. Antologia di poesie sportive da Omero ai giorni nostri, curata da Gian Piero Bona ed edita presso Scheiwiller da Gian Piero Bona in occasione dei Giochi Olimpici di Roma del 1960.

Il verde è sommerso in neroazzurri.
Ma le zebre venute di Piemonte
sormontano riscosse a un hallalì
squillato dietro barriere di folla.
Ne fanno un reame bianconero.                     5
La passione fiorisce fazzoletti
di colore sui petti delle donne.

Giro di meriggio canoro,
ti spezza un trillo estremo
A porte chiuse sei silenzio d’echi                    10
nella pioggia che tutto cancella.

Tra echi di Saba e Montale, il poeta-spettatore si trova sommerso da cromatismi esasperati e dai rumori e dalle emozioni della folla. Poi, nel pomeriggio, è bagnato – destino di un clima padano che non è mai granché… – da una pioggia che tutto cancella, anche la bellezza di quello scontro. Capite? La partita è una festa, quasi una cerimonia, che si chiude, si archivia – nel bene e nel male – dopo una bella piovuta! Polemiche poche, violenza assente, al massimo qualche presa in giro…

A proposito di presa in giro, è venuto per me – temo – il momento dell’autoironia. Infatti il prossimo 14 settembre c’è, appunto, Inter-Juve, e la “mia” Inter affronta lo scontro da sfavorita, perché la Juve di questi tempi è molto più forte. Mi farò dunque prestare la battuta dal grande milanista Rocco, vero “filosofo da strada”, per commentare il tutto; egli infatti a chi gli augurava “vinca il migliore!” prima di una partita nella quale si sentiva più debole rispose in dialetto triestino “speremo de no”. Farò anch’io così, e non penso proprio che occorra una traduzione!

[Ndr. La partita, com’è noto, è finita 1-1 e speriamo che il nostro autore condivida anche in questo caso la filosofia di Brera, il quale non disdegnava i pareggi – arrivando addirittura a considerare lo 0-0 il risultato perfetto…]

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