30 giugno al Cairo

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Ieri notte, sfilate di claxon qui a Zamalek per ricordare alla gente che oggi si doveva saltar giù dal divano. Poco prima della preghiera dell’alba, è addirittura passato il missa-harati. È un tizio in galabeia (la tunica tradizionale) che durante il ramadan passa a svegliare la gente e i bambini con la sua tabla (la darbuka, insomma quel tamburo a forma di fungo) per ricordare che è ora di mangiare. Beh, questa volta è passato per ricordare di scendere in piazza.

Quasi una diretta, la mia, cari amici, molto meglio delle cronache dei tg! Ieri notte, sfilate di claxon qui a Zamalek per ricordare alla gente che oggi si doveva saltar giù dal divano. Poco prima della preghiera dell’alba, è addirittura passato il missa-harati. È un tizio in galabeia (la tunica tradizionale) che durante il ramadan passa a svegliare la gente e i bambini con la sua tabla (la darbuka, insomma quel tamburo a forma di fungo) per ricordare che è ora di mangiare. Beh, questa volta è passato per ricordare di scendere in piazza. Dunque…

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In piazza è scesa davvero una marea di gente da Zamalek. Sui marciapiedi ali di spettatori degne di una tappa in pianura del giro d’Italia. 
Sembravano i giorni migliori del gennaio-febbraio 2011. I tg dicono 2 milioni a Tahrir contro Morsi, a fronte di poche decine di migliaia a suo favore, vicino alla residenza presidenziale di Heliopolis.
La manifestazione di Zamalek è scivolata via lentamente ma compatta, con cori, slogan (el shab urid escatt el nevam/el murshid = il popolo vuole cacciare il regime/il capo dei fratelli musulmani; er hal=vattene; horreya=libertà), bandiere sventolate con vigore, zoccoli usati come tamburi per scandire i cori fino al ponte di Qasr El Nil, davanti a Opera House, che porta a piazza Tahrir.

 

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Gli zoccoli al posto della scarpa che urla disprezzo, non sono casuali. Tutti avevano in mano gli stessi: sono quelli con cui è stata uccisa a tradimento Shagarat El Dor, regina d’Egitto nel XIII sec, unica donna del periodo islamico ad aver regnato sola; quando è stata costretta a sposarsi per motivi politici, è stata artefice e poi vittima di intrighi e rivalse d’amore. È stata uccisa da donne che l’hanno “lapidata” con zoccoli di legno simili a quelli con cui oggi si vuole cacciare Morsi.
Colori: ovviamente dominano i tre colori dell’Egitto: rosso-bianco-nero. C’è chi si è fatto la maglietta, la casacca, il cappellino, le ragazze sovrappongono veli di tre colori, i bambini nel passeggino sono vestiti con i tre colori. E poi il rosso fuoco del fuori gioco. Cartellino rosso formato biglietto da visita, bandana rossa con su scritto non so che, quadrato rosso con su scritto er hal ارحل.
Ritorno a bomba. Siamo arrivati al ponte e lì il corteo del divano si è sfilacciato in mezzo alle manifestazioni che convergevano da altri punti della città. I chioschi avevano quantità sufficienti di bottigliette d’acqua ma, diceva un gruppetto già rifornitosi, era acqua sokna. Veloce giro nel mio dizionario mentale e conferma al contatto con la bottiglia: acqua calda. Visto che sembrava non esserci alcun pericolo, abbiamo attraversato il ponte e siamo andati a Tahrir. Una marea di gente, qualche ottuso tentava anche di passare in moto (in questo caso gli ottusi erano sempre tre), in auto, in tuctuc. I soliti carretti di cibi da mangiare al volo, ovviamente adattati alla stagione: couscous e fichi d’india soprattutto, e poi venditori di bandiere bandiere e bandiere e il cartellino rosso del fuori gioco di Morsi.

 

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A Tahrir la manifestazione non aveva connotazioni di classe; presenti tutti i ceti sociali, musulmani e cristiani, con trombe e trombette da stadio, maracanà e bimbi sulle spalle a scandire slogan che ovviamente tutti rilanciavano sorridendo.
Ho rivisto le belle facce e i sorrisi gentili e amichevoli dei giorni più belli del 2011.
Ma questa volta niente carri armati né armi, e neppure i lacrimogeni che hanno accompagnato le manifestazioni dell’ultimo anno. Un controllo sommario agli ingressi della piazza da parte di persone comuni di un servizio di sicurezza organizzato dal gruppo “30 giugno” o dal tamarrod (non significa tamarro ma ribelle… visto come si nobilitano le parole?).
Tutto si è svolto pacificamente e con molta disciplina, in giro neppure un soldato o un poliziotto, almeno all’apparenza; un taxista che tentava furbescamente di imboccare in contromano l’unica via percorribile è stato letteralmente segnato a dito come traditore ed è stato costretto, malgrado le sue proteste, a tornare sui suoi passi e a beccarsi l’intasamento di gente. Magari non mi lasciassero sola a cercare di far scendere dai marciapiedi le moto che quotidianamente lo scelgono come corsia preferenziale, sfrecciando tra i pedoni al suono arrogante dei loro claxon!
La cosa più sorprendente però è stata l’esplosione di gioia, grida di saluto e sventolio di bandiere ai tre passaggi sulla piazza dell’elicottero dell’esercito.

 

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L’esercito, per bocca del ministro della difesa Sissi, alto graduato, nominato mushir (maresciallo) dal presidente al momento del conferimento dell’incarico ministeriale, ha dichiarato più volte nelle scorse settimane che avrebbe difeso il popolo e non avrebbe permesso che lo scoppio di una guerra civile. L’esercito sa bene che un suo eventuale arrivo sarà salutato trionfalmente dal popolo. È stato così alla caduta di Mubarak, ed è calata l’amnesia sul momento in cui il popolo e il suo amato esercito stavano per divorziare perché il mushir Tantawi faceva melina anziché passare la guida del paese ai civili.
Pochi taxi al ritorno e tutti strapieni. Siamo riusciti a trovarne uno vuoto solo a poche centinaia di metri da casa, stanchi morti, sudati – per fortuna oggi non si sono superati i 35° – e con i sandali acquistati un mese fa che andavano a pezzi. Cinesi? Forse. Ma qualcuno direbbe che sono confezionati ad arte dall’ex-regime per macchiare l’immagine del paese.
La domanda ora è: che succederà stanotte, quando i cairoti diurni, disciplinati e rispettosi, lasceranno il posto al popolo della notte in cui sicuramente si infiltreranno ben altre specie?
Boh?

 

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L’elicottero è appena passato su casa mia, forse un km in linea d’aria da Tahrir. In lontananza si sente che la città ribolle e non si ferma. La valanga è partita e non è più possibile riportarla indietro.
Incredibile popolo, che riesce spesso a sorprendermi e non di rado anche a commuovermi!
Morsi ripete che la piazza non può delegittimare un presidente eletto democraticamente, fingendo di non capire che non è il ruolo che si vuole delegittimare, ma la persona, l’unica che in un anno sia riuscita davvero a fare bene una sola cosa, cioè dividere tutti.

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