Leggere nella mediasfera

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«Signori bambini, se fossi in voi, la prima cosa che chiederei alla maestra sarebbe: “Cara maestra, raccontaci una storia”. In realtà non c’è modo migliore per cominciare una giornata di lavoro». (Daniel Pennac)

«Signori bambini, se fossi in voi, la prima cosa che chiederei alla maestra sarebbe: “Cara maestra, raccontaci una storia”. In realtà non c’è modo migliore per cominciare una giornata di lavoro». (Daniel Pennac)

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Tra le attività strumentali del conoscere, lettura e scrittura occupano un posto centrale. Che la scrittura abbia a che fare con la cognizione, la memoria e la mente, si sa almeno dai tempi di Platone e non occorre più discuterne; più recente è la scoperta che anche la lettura influenza in modo importante le attività della conoscenza e della mente, come mostrano in modo incisivo le ricerche delle neuroscienze. In queste pagine voglio considerare i cambiamenti che il mondo digitale ha prodotto anche in questi ambiti, concentrandomi però su un livello puramente “superficiale” di analisi, cioè su quelle che chiamo l’etologia e l’ecologia del leggere e dello scrivere.
Che lettura e scrittura comportino queste due dimensioni si verifica facilmente: per praticarle occorre tenere dei comportamenti e accettare regole specifiche (è la loro etologia); inoltre, entrambe si svolgono in un ambiente apposito e secondo una precisa organizzazione (la loro ecologia). La mia tesi è che all’epoca della rete lettura e scrittura sono state colpite in pieno da mutamenti nell’uno e nell’altro campo, che si aggiungono a quelli che hanno interessato alcune loro dimensioni più profonde, come la natura del testo e la concezione della storia narrata. Nel saggio Una lettura ben fatta, descrivendo e commentando un quadro di Chardin (Le philosophe en lisant del 1734), George Steiner delinea quella che chiama la «concezione classica dell’atto di leggere»: termine indovinato, perché segnala il fatto, spesso trascurato, che atti come il leggere e lo scrivere nascondono e presuppongono, oltre alla maestria tecnica e intellettuale, anche una concezione tacita e un paradigma a cui si uniformano. Ora, i modelli di lettura, non meno di quelli di scrittura, cambiano nel tempo e le diverse forme che prendono hanno affinità evidenti con vasti segmenti della storia del conoscere e delle mentalità.

 

filosofo_che_legge1Addio ai piaceri tattili e olfattivi della carta

Nella concezione classica, la lettura è un processo che sembra non correre pericoli e quasi non avere nemici: si svolge in un ambiente protetto, è segnalata e quasi onorata da un abbigliamento speciale, si riferisce a opere imperiture. Tutto sembra difenderla dal mondo esterno. Inoltre, in quella concezione, al libro che si sta leggendo si tributa rispetto.
Se però, uscendo dalla lieve fascinazione che l’analisi di Steiner produce, guardiamo alla condizione del leggere oggi, ci accorgiamo che quella che egli sta descrivendo è un’anticaglia ormai impresentabile: il philosophe che legge incarna un’etologia e un’ecologia oggi completamente impraticabili. Non basta, come fa Steiner, dire che i nostri modi di leggere attuali sono «vaghi e irriverenti». Il modello di lettura oggi è ben di più: è totalmente trasformato.
Non solo non si cambia più l’abito prima di mettersi a leggere, ma l’intera cornice ambientale è alterata. La lettura non si fa né in silenzio né in solitudine, non si fa più solo a partire da un supporto come il libro: è diventata multimodale e conviviale. Quindi si può fare in ambienti affollati e rumorosi, perché nessuna intrusione sensoriale esterna può essere davvero un fastidio; si può leggere sullo schermo del computer sotto gli occhi di chi sta attorno. Inoltre, non è più uni-mediale, cioè non è un’attività a cui si debba dedicare attenzione esclusiva, ma è multimediale: ammette l’uso simultaneo di altri media, coi quali convive perfettamente. Quanto al supporto, il libro di carta è ancora il principale, ma il suo primato secolare è minacciato da un concorrente aggressivo. Parlo ovviamente dell’e-reader, il lettore elettronico di testi, il quale, pur essendo ancora quasi agli inizi, trasforma il libro in qualcos’altro. Infatti l’e-reader contiene ancora testi (quindi libri), ma li presenta in forma completamente diversa. La concezione classica del leggere è alterata in profondità.
Il libro di carta ha una massa definita, sta bene in mano, si manipola senza sforzo, si copia e si annota; si possono strappare e interfoliare le sue pagine; permette di calcolare a colpo d’occhio quanto manca alla fine, di capire a che punto ci si trova e di spostarsi velocemente da un punto all’altro; ospita tra le sue pliche quel che si vuole (dediche, disegni, ciuffi di capelli, poesie, cartoline, fiori secchi, biglietti, fotografie, soldi…); quando si lascia aprire e leggere squaderna tutto il suo contenuto, quando è richiuso non mostra di sé stesso che la copertina o il dorso.
Ci sono libri più o meno comodi a usarsi: alcuni si aprono e si distendono facilmente, si tengono in mano senza sforzo, si possono leggere stando a pancia in su. Il libro si lascia mostrare, prestare, collezionare e affiancare ai suoi simili sugli scaffali, formando filze ordinate e decorative.
Anche la sua fisicità, dunque, è fondamentale, tanto che si può amare un libro più per il suo aspetto esteriore che per il testo che contiene. Insomma, il libro di carta come supporto ha una vita relativamente indipendente dal libro come testo, anche se i due sono intrinsecamente collegati.
Con esso è possibile praticare quel «maneggio» fisico che Calvino descrive così bene nel primo capitolo di Se una notte d’inverno un viaggiatore, chiamandolo «girare intorno al libro» e accostandolo con un’analogia trasparente ai preliminari della copula: «Rigiri il libro tra mani, scorri le frasi del retrocopertina, del risvolto, frasi generiche, che non dicono molto […]. Certo, anche questo girare intorno al libro, leggerci intorno prima di leggerci dentro, fa parte del piacere del libro nuovo, ma come tutti i piaceri preliminari ha una sua durata ottimale se si vuole che serva a spingere verso il piacere più consistente della consumazione dell’atto, cioè della lettura del libro».

Libri senza peso, forse troppo leggeri

L’e-book invece smaterializza il libro come supporto fino a renderlo irrilevante. Al primo contatto, quel che colpisce nel confronto è l’insieme delle perdite fisiche: nell’e-book mancano l’”effetto-carta” e l’”effetto inchiostro”, non c’è odore del manufatto, la questione della maneggevolezza non si pone neanche. La fisicità è scomparsa. Anche la dimensione collettiva è indebolita: l’e-book non si può mostrare, non si può collezionare in alcun senso rilevante, non si può accumulare e stipare.
Non ci sono però solo restrizioni; alcuni aspetti sono liberazioni. È soprattutto la leggerezza a fare impressione. Il libro comprato in rete si trasferisce silenzioso e veloce sul lettore (l’e-reader). E, siccome un lettore di e-book può immagazzinare migliaia di volumi in un oggetto quasi senza peso, trova pace il lettore inquieto (il viaggiatore, il divoratore di libri, il maniaco), che ha bisogno di saltare senza posa da un libro all’altro. Ma, soprattutto, l’e-book impone un’altra etologia a cui non è istintivo assuefarsi. Per esempio, non sapremo mai, leggendo, a che punto siamo, perché gli e-book non hanno una scansione in pagine. Tutto quel che c’è è un indicatore di avanzamento, che dice che percentuale del libro si è già letta. E siccome le cose vitali si riconoscono quando le si perde, si capisce quanto sia ricca di informazioni l’apparentemente banale indicazione di pagina: citare un passo da un libro elettronico è (finora) impossibile. Un’altra peculiarità è che l’e-book non ha equivalente dello sfogliare: le sue pagine si mostrano ciascuna per intero. Ciò rende l’e-book curiosamente “lento” e renitente: scorrerlo, dargli un’occhiata è impossibile, come è impossibile sfogliarlo dall’inizio alla fine e viceversa. Infine, siccome gli e-reader possono connettersi alla rete, l’e-book concede un brivido di quella speciale felicità che apporta la mediasfera: far sapere al mondo quanti brani di un libro abbiamo sottolineato o annotato.
Ma se l’e-book è sempre un libro (sia pure con le enormi differenze che ho descritto), gli altri supporti (siti di chat, social forum, blog ecc.) non contengono più libri, bensì oggetti che sono genericamente testi. In realtà, si tratta piuttosto di non-testi: frasi, brevi storie, citazioni, battute, barzellette, motti celebri, volgarità, commenti liberi, e stupidaggini a cascata. Si tratta di una versione ammodernata delle compilationes medievali, dedicate non più a testi dottrinali ma di altro genere. Inoltre, in questi testi non c’è più autore: chiunque può inserirsi, modificare il testo, uscirne anche senza lasciare traccia.
Intanto, sia la lettura con libro di carta sia quella con e-book hanno cominciato a svolgersi in mezzo a fattori di disturbo che un tempo si sarebbero classificati come “nemici” della lettura. Uno dei principali (anche Steiner lo sottolinea) è l’interferenza dell’ascolto, dovuta al fatto che la lettura è diventata conviviale: leggere non esclude che la percezione uditiva sia attiva. Si legge anche con gli auricolari nelle orecchie. 

Tratto da: Raffaele Simone, Presi nella rete. La mente ai tempi del web, Garzanti, Milano, 2012.

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