#iorestoacasa: giochiamo con Gabriele Mari #2

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Il gioco strutturato, come quello da tavolo, è retto da un sistema di regole: per giocare insieme, e divertirci, dobbiamo rispettare tutti i medesimi vincoli. Chi trasgredisce le regole è il primo a porsi al di fuori del gioco, a sottrarsi a quel legame sociale che in quel momento ci accomuna. Il gioco, da questo punto di vista, è una forte metafora di legalità. Ne parliamo con l’esperto Gabriele Mari, che ci suggerisce anche un paio di giochi da fare all’aperto, per chi ha a disposizione un piccolo giardino, un terrazzo, un cortiletto.

In un articolo del 30 marzo apparso sul «Corriere della Sera», Virus e quarantena: tutti sulle terrazze condominiali, tra tintarella, yoga e baci rubati, Fabrizio Peronaci segnala i nuovi spazi conquistati dai romani (e non solo) in questo periodo di quarantena: le terrazze all’ultimo piano dei palazzi per prendere il sole, correre, pattinare o lavorare al computer. L’autore le chiama, ricordando Calvino, le “città invisibili” a 20-25 metri dal suolo: spazi condominiali ora trasformati in luoghi in cui rilassarsi, a debita distanza, senza uscire dal palazzo.
E poi ci sono i balconi e i giardini privati: spazi più o meno grandi che rendono meno difficile la permanenza al chiuso. Ricorriamo ancora a Gabriele Mari per farci consigliare alcuni giochi da fare all’aperto. E per scoprire che il gioco può farci capire la necessità di collaborare tutti insieme per il bene comune.

Totem Golf

D: Che giochi consiglieresti a chi ha a disposizione un terrazzo o un giardino?

R: Se avete la fortuna di avere un giardino potete sfruttarlo per strutturare qualche gioco di movimento che permetta ai vostri bambini di fare un minimo di attività fisica divertendosi.
Uno dei giochi preferiti dai miei figli è un grande classico della mia infanzia, un evergreen dei cortili condominiali di tutta Italia: il Muretto. Le varianti sono tantissime e potete modularle in base al vostro spazio e alle vostre esigenze: solitamente infatti si gioca con una palla da calcio che viene colpita con i piedi, ma se il vostro giardino è piccolo (come il mio) si può giocare anche con una pallina da tennis, usando le mani per prenderla e lanciarla.
Il gioco è molto semplice: i giocatori decidono un ordine fisso di gioco, a ognuno di loro vengono assegnati dei punti (10, ad esempio) e poi si sceglie il “muretto”, ovvero una porzione di muro (ben delimitata con gessetti colorati o con nastro adesivo di carta) su cui far rimbalzare la palla. Più è grande il muretto e più facile sarà il gioco: si può usare anche una tavola di legno appoggiata al muro o oggetti simili, ma fate attenzione che siano ben fissati o che non rischino di cadere.
Il primo giocatore si posiziona di fronte al muretto, in un punto prestabilito, e lancia la palla contro di esso, facendola rimbalzare: il secondo giocatore, dopo il rimbalzo sul muretto, deve raggiungere la palla, afferrarla e lanciarla a sua volta contro il muretto, e così via. Chi non colpisce il muretto perde 1 punto e fa ricominciare il gioco lanciando dal punto di partenza.
La palla può essere afferrata quando è ancora in movimento oppure raccolta da terra una volta terminato il suo movimento di rimbalzo. Se la palla però, nel suo movimento, ci colpisce o ci cade dalle mani nel tentativo di afferrarla al volo, perdiamo 1 punto. Aspettare che la palla si fermi è quindi meno rischioso, ma sarà poi più difficile colpire il muretto, perché probabilmente saremo più lontani dal bersaglio. Chi perde tutti i punti viene eliminato: l’ultimo giocatore a rimanere in partita vince (oppure, quando potrete giocare in tanti, quando rimangono solo due giocatori vince quello con più punti).

Un gioco che invece potete fare anche in terrazzo è il Totem Golf, un passatempo che richiama la ricchissima tradizione, fatta di schicchere e “piffetti”, dei giochi di biglie, in particolare di un gioco che in Romagna era conosciuto come Mucì (mucchietto).
Giocando sulle piastrelle del terrazzo, per evitare cadute inopportune di oggetti ai piani inferiori, consiglio di sostituire le classiche biglie, di vetro o di plastica, con tappi di bottiglie di plastica o, ancora meglio, con dischetti di sughero alti circa 1 centimetro (si possono ricavare tagliando a fette un tappo di sughero).
Nell’angolo del terrazzo più protetto dalle pareti della casa si costruisce sul pavimento un totem di tappi di sughero (due o tre tappi in equilibrio uno sull’altro); dalla parte opposta dello spazio di gioco si stabilisce un punto di partenza in cui ogni giocatore appoggia il suo dischetto (o tappino). Lo scopo è quello di abbattere per primi il totem colpendolo col proprio dischetto. A turno si colpisce il proprio disco con una schicchera: nel primo giro di tiri si stabilisce un ordine qualsiasi, mentre dal secondo giro in poi si tira partendo dal giocatore più distante dal totem fino a quello più vicino. Per misurare le distanze potete usare uno spago o un metro avvolgibile.
Ovviamente in mezzo al terrazzo potete sbizzarrirvi a disporre gli ostacoli più fantasiosi, dai vasi di piante ai cartoni del latte, in modo da creare la vostra serie di “buche” come in un campo da golf. Al termine di una serie di manches (di solito 9) vince chi ha fatto cadere più volte il totem.

D: In questo periodo, stiamo assistendo a una grande difficoltà nell’accettare e rispettare le regole per il bene di tutta la comunità e per rispetto verso chi sta lavorando per noi. Il gioco, e il gioco cooperativo in particolare, potrebbero aiutare in tal senso?

R: Certo! Il gioco strutturato, come quello da tavolo, è retto da un sistema di regole: per giocare insieme, e divertirci, dobbiamo rispettare tutti i medesimi vincoli. Chi trasgredisce le regole non è il più furbo, ma è il primo a porsi al di fuori del gioco, a sottrarsi a quel legame sociale che in quel momento ci accomuna. Il gioco, da questo punto di vista, è una forte metafora di legalità, come ho avuto modo di sperimentare di persona in tanti anni di servizio ludico in carcere.

Kevin Lanzig, Flash Point: Fire Rescue, Indie Boards & Cards, 2011.

Il gioco cooperativo, poi, per i bambini e i ragazzi è ancor più istruttivo: non solo dobbiamo rispettare le regole, ma dobbiamo anche collaborare tra noi per raggiungere un obiettivo comune, per vincere “contro” il gioco stesso. Il gruppo di gioco diventa allora un modello di teamwork vincente che dovrebbe essere applicato a tutti i livelli sociali: dalla famiglia alla classe scolastica, dal gruppo di lavoro fino agli organi governativi.
Si tratta di entrare nella mentalità dell’interdipendenza positiva dell’approccio Learning together proposto da D. Johnson, R. Johnson ed E. Holubec (Apprendimento cooperativo in classe: migliorare il clima emotivo e il rendimento, Trento, Erickson, 1996): i membri del gruppo devono capire che la relazione con gli altri è del tipo “tutti per uno, uno per tutti” e che il proprio comportamento, così come quello di ogni altro membro, può favorire o, al contrario, danneggiare l’intero gruppo.

Jake Thornton, Dungeon Saga, MS Edizioni, 2015.

Oltre all’obiettivo comune, l’interdipendenza positiva si incarna nella consapevolezza e nella capacità di organizzare compiti e ruoli differenti, gestendo e ripartendo nel migliore dei modi all’interno del gruppo i materiali e le risorse disponibili. Nei giochi cooperativi questo è particolarmente evidente: bisogna comunicare, prendere decisioni su chi fa cosa, nella giusta sequenza. In giochi come L’Isola Proibita, Pandemic o Flash Point, ad esempio, nei giochi di ruolo fantasy alla Dungeons & Dragons e nei loro “parenti” da tavolo tipo Heroquest o Dungeon Saga, i giocatori si trovano a gestire personaggi con caratteristiche diverse tra loro, con i loro punti di forza e le loro debolezze, proprio come nella vita vera: ed è proprio dalla capacità del gruppo di amalgamare e di ottimizzare le differenze dei propri membri che nasce la vera cooperazione, in cui ognuno dà il meglio di sé, al momento giusto, per una causa comune.
Insegnare a collaborare all’interno di un gioco da tavolo è sicuramente un ottimo primo passo per promuovere un atteggiamento più cooperativo nella vita di tutti i giorni, perché davvero “andrà tutto bene”, ma solo se impariamo tutti a collaborare meglio.

Gabriele Mari, Assalto alla Rocca, prototipo inedito, 2018.

 

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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