La storia recente di un’idea

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Il tema del contrasto fra le generazioni è prettamente moderno. Se ne discute da non più di una generazione e da allora ha assunto significati sempre diversi di decennio in decennio. Dalla dimensione culturale delle ribellioni giovanili degli anni Sessanta siamo passati oggi alle più concrete questioni dell’equità economica e sociale.

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Negli anni Ottanta scoppiò un dibattito che fu salutato, a quel tempo, come l’incubo della gerontologia. Molti tra i conservatori, ma anche tra esponenti di spicco del partito liberale, cominciarono a dire che gli anziani guadagnano troppo a scapito delle nuove generazioni. Questo “dibattito sull’equità generazionale”, come fu definito, non è scomparso, ma ha assunto forme diverse nelle diverse Nazioni.

Come “Terminator”, la giustizia intergenerazionale è un’idea che non muore. Nel ventunesimo secolo la sfida della giustizia tra le generazioni non è limitata a una competizione tra gruppi di età diversa, ma si estende a una serie di azioni che sembrano mettere a rischio il futuro di quelli che verranno dopo.

Come si adatteranno le assicurazioni previdenziali a un rapido invecchiamento della popolazione? L’impatto della popolazione umana sull’ambiente naturale permetterà alle prossime generazioni di avere una qualità della vita paragonabile alla nostra? I governi stanno modellando le loro politiche fiscali in modo da garantire un’economia sostenibile nel lungo termine? I dibattiti sui cambiamenti generazionali, sul riscaldamento globale e sulla demografia sono parte di una storia molto lunga, a partire da Thomas Malthus e Edmund Burke, passando attraverso filosofi come Daniel Challan e Norman Daniels, fino a giungere al dibattito del Ventunesimo secolo, concentrato sul tema dell’invecchiamento della popolazione.

Nell’ottica di garantire politiche globali per una società che invecchia, la sfida di una giustizia fra generazioni prende un’importanza mai avuta prima nella storia, anche per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente.

L’idea di una giustizia intergenerazionale diventa prominente quando il futuro delle generazioni future appare a rischio. Negli anni Sessanta, per esempio, l’ostilità verso gli anziani (“Non fidarti di nessuno oltre i trent’anni!”) esprimeva la paura che gli anziani al potere potessero mettere a rischio le prospettive di progresso condivise dalla generazione del baby boom del secondo dopoguerra. Quelli nati dopo la seconda guerra mondiale non avevano esperienza della depressione economica o della crudeltà della guerra. Fu facile per quelli cresciuti nella pace e nella prosperità degli anni Cinquanta farsi l’idea che il progresso economico e l’espandersi della giustizia sociale sarebbero stati qualcosa che sarebbe continuato costantemente nel tempo.

I giovani negli anni Sessanta sono cresciuti in un tempo in cui i governi ed altre istituzioni sociali si basavano su alti standard di legittimità e credibilità.
Il senso di pericolo per le nuove generazioni cominciò a crescere negli anni Settanta sotto la pressione della crisi ambientale e la stagnazione economica. Non si poteva più credere a un “mito del progresso infinito”. Gli anni Settanta sono stati testimoni di crisi del petrolio e declino dei mercati. Mentre il mondo si rendeva conto della possibilità della diminuzione delle risorse naturali e del declino economico, ci si cominciò a interrogare sui diritti di quelli che sarebbero venuti dopo. Ma negli anni Settanta, la colpa di questa situazione non era più data agli anziani.
Al contrario, gli anni Settanta furono un’epoca in cui l’età avanzata cominciò a essere concepita come un progresso sociale dovuto alle migliori condizioni di vita, non paragonabile a quello che la vecchiaia era prima di tale progresso.

Qualsiasi cosa possano dire i teorici riguardo al declino di un “mito condiviso” del progresso, l’esperienza vissuta dalla generazione che rappresenta gli anziani di oggi sembra contenere in modo decisivo l’idea di progresso che è stata fondamentale alla modernità dal Rinascimento fino a oggi.
Per le generazioni più giovani, il mito condiviso e la visione stessa delle cose non sono chiari e vengono filtrati da una maggiore quantità di incertezza.
Quelli che promuovono una maggiore solidarietà intergenerazionale devono quindi pensare in modo attento le domande relative alle norme che possono regolare la giustizia tra le generazioni.
Il modo migliore per cominciare a pensarci è comprendere la storia recente dell’idea e come essa ha formato il nostro discorso politico riguardo a come gestire l’invecchiamento della popolazione come anche in altri ambiti.

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