Chiamatemi sempre Madame

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Lettera aperta di una docente ai tempi del Coronavirus

«Bonjour, les élèves!» – «Bonjour, Madame!», rispondono i miei alunni sull’attenti e con il sorriso sulle labbra quando varco la soglia dell’aula, pronti ad accogliere, chi entusiasta chi assonnato, un nuovo giorno di conoscenze e di scoperte. Quanto mancano quelle nostre liturgie quotidiane in giorni come questi! Che strano, a volte, il carosello della vita! Un anno fa rientravo piena di gioia e soddisfazione dalla Provenza, dopo aver concluso un progetto di potenziamento linguistico e di cittadinanza europea; oggi vedo disdette anche le gite a pochi chilometri.

In Lombardia, la Regione che sta pagando il prezzo più alto e che continua a dimostrare un enorme senso civico, siamo giunti al termine della seconda settimana di sospensione dell’attività didattica e la verità è che tutti abbiamo già nostalgia della scuola. Non oso immaginare gli scrupoli e le premure, i dubbi e le preoccupazioni da parte delle Istituzioni nel dover prendere una misura così drastica. I genitori in piena crisi Cosa sta succedendo? Succede che la salute pubblica viene prima di tutto ed è quando viene meno che ci riscopriamo tutti più fragili. La chiusura della scuola è uno dei tanti risvolti pesanti e negativi che stiamo affrontando. Ed è una ferita per tutti.organizzativa; i figli, in un primo momento contenti, poi disorientati. Sono bastati pochi giorni perché realizzassero che no, non era vacanza. No, non è luglio. Fuori ancora piove, tutte le attività ludico-sportive e culturali sono sospese, non c’è il grest. E Madame ha detto che il programma non è ancora finito. Cosa sta succedendo allora? Succede che la salute pubblica viene prima di tutto ed è quando viene meno che ci riscopriamo tutti più fragili. La chiusura della scuola è uno dei tanti risvolti pesanti e negativi che stiamo affrontando. Ed è una ferita per tutti.

Chiunque dice la sua in questi giorni di confusione, di numeri e statistiche, di notizie e di smentite che si rincorrono, di messaggi su WhatsApp infuocati, di isterie reali e virtuali. Oggi, io voglio essere interrogata e vorrei parlarvi del mio “argomento a piacere”, di quello che non smetto mai di studiare, della realtà che conosco meglio. Vi racconto la scuola ai tempi del Corona virus. E ve la posso raccontare perché la vivo.

La scuola manca molto ai suoi docenti, i quali si stanno attrezzando in ogni modo per mettere una pezza ad una situazione che mai avrebbero immaginato: rimanere all’improvviso senza lezioni, sguardi, sorrisi e lamentele; con la programmazione a metà, con l’alunno che stava finalmente recuperando, con gli esami e le Invalsi da preparare, con le verifiche corrette da riconsegnare. Da un giorno all’altro, la campanella non ha più suonato. Eh sì, la mancanza brucia come una ferita aperta, perché i docenti conoscono le paure e le difficoltà di ognuno di loro; sanno quando non possono farcela da soli; basta un cenno e tu sei lì a ripetere per la centesima volta lo stesso concetto. E la bellezza è che non ti pesa: lo fai perché sai che la rosa va annaffiata, con pazienza e delicatezza, quotidianamente.

Adesso, mancano le loro domande buffe e strampalate, le mani alzate per andare in bagno, gli occhi lucidi, le agitazioni, le prime cotte (anzi crush, come direbbero loro), quei diari colorati, strappati e vissuti (che a tutto servono tranne che a scrivere i compiti: «Tanto, Madame, li mette sul registro elettronico, vero?»). Manca un microcosmo di bellezza e fatica, di fragilità e speranza, un anello cruciale della vita sociale del nostro Paese. Manca la comunicazione, il paraverbale, la mediazione; la battuta fuori posto, l’interrogativo curioso (e pure quello reiterato: «A che pagina, Madame?»). Come fai a spiegarlo in poche righe? Non è mica un comunicato stampa una mattinata a scuola.

La verità è che ci stiamo tutti rendendo conto di quanto sia preziosa l’istruzione pubblica proprio adesso che non c’è; è nella sua assenza che stiamo riscoprendo il valore di ciò che diamo per scontato e che, spesso e ingiustamente, maltrattiamo appena se ne crea l’occasione. Ecco, diciamocelo francamente: le polemiche non servono a nulla, portano via le energie buone e adesso non ce lo possiamo permettere. Criticare non ci aiuterà ad uscirne prima o meglio. Servirà solo ad avvelenare un clima che necessita, invece, della collaborazione e della partecipazione attiva Non siete sole, mamme! Non siete soli, papà! La scuola sta facendo il possibile. Non immaginate quanto fermento ci sia tra noi docenti per aggiornarsi in brevissimo tempo e continuare a supportarvi.e responsabile di tutti. Questo è il momento di una grande alleanza che leghi in maniera salda non solo scuola e famiglia. Non siete sole, mamme! Non siete soli, papà! La scuola sta facendo il possibile. Non immaginate quanto fermento ci sia tra noi docenti per aggiornarsi in brevissimo tempo e continuare a supportarvi. Ed è bello perché è sintomo di una comunità che vive e spera; che non si arrende nonostante i banchi vuoti e le campanelle mute.

Stiamo passando le giornate a strutturare attività per impegnare il loro tempo, per far sì che quella maledetta noia non li distragga dal loro cammino e dalle loro potenzialità; progettazione e condivisione: non è vero che stiamo a casa a riposarci; se ve lo dicono, non ci credete! Ci stiamo smazzando per continuare a tenerli per mano, anche se a distanza, o di un metro o di uno schermo non importa. Siamo consapevoli dei limiti di queste modalità; certo che avremmo preferito girovagare tra i banchi facendo slalom tra zaini, cartellette, sacchette, ma non possiamo. Ora, non possiamo esservi accanto fisicamente. Spuntiamo in una video-lezione, perché sappiamo quanto sia importante salvaguardare la relazione. Vi rompiamo le scatole con un podcast, con un questionario online, con un esercizio sul libro, con un gioco interattivo perché vi abbiamo a cuore. Per dirvi che ci siamo.

Insegnare è un’altra cosa, è vero. Lo sappiamo tutti. Devi affinare l’empatia negli anni; pensare che ai problemi dell’altro non puoi restare indifferente; sentire le richieste d’aiuto come impegno morale. Vuol dire sorreggere, ricondurre, gettare semi di maternità a figli che non sono tuoi, eppure li senti tali. A giovani che sono del mondo. Insegnare significa respirare futuro. Sfiorare sogni con mani di velluto.

Ed anche se sarà difficile arrivare a tutti, il nostro impegno non mancherà. Non ci piace essere impotenti. Ci anima un innato senso di responsabilità, dentro e fuori le mura scolastiche. Abbiamo messo in circolo idee, teniamo acceso il fuoco vivo dello studio e dell’aggiornamento.

Questo è il tempo in cui la società si stringe intorno ai suoi valori più profondi: la gentilezza, la solidarietà, la compassione. Questo è il momento in cui la comunità abbraccia da lontano i suoi eroi anonimi, stanchi ma presenti: in primis il personale sanitario; i ragazzi che creano squadre per portare la spesa agli anziani rimasti in casa; i volontari, che in ogni forma e con ogni mezzo, raggiungono le tante solitudini che si stanno creando. Tutti dobbiamo avere cura del bene comune. Tutti stiamo facendo sacrifici e non c’è una classifica: tutti, purtroppo, pagheremo un prezzo dalle rinunce che ci vengono richieste.

Questo è ciò che sto respirando: riorganizzazione, maniche rimboccate, fiducia, spirito di abnegazione. Presenza e impegno di tutti. Coraggio genitori! In gamba ragazzi! Adesso ci siamo così. Al rientro ci saremo carichi più che mai.

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Stefania Segatori

È Dottore di Ricerca in Culture dell’area adriatica e del Mediterraneo orientale. All’interno del percorso studiorum si è sempre occupata di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso il Dipartimento di Studi Comparati dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Attualmente è docente di ruolo di Lingua francese presso l’IC di Verolanuova (BS) e collabora con l’Università “Cattolica del Sacro Cuore” – sede di Brescia, nello specifico con la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea del Prof. Giuseppe Langella.

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