Quaderno della Ricerca #30

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I Quaderni della Ricerca

Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze di Federico Batini e Maria Ermelinda De Carlo



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I Quaderni della Ricerca

Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze Federico Batini e Maria Ermelinda De Carlo


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Nonostante la passione e la competenza delle persone coinvolte nella realizzazione di quest’opera, è possibile che in essa siano riscontrabili errori o imprecisioni. Ce ne scusiamo fin d’ora con i lettori e ringraziamo coloro che, contribuendo al miglioramento dell’opera stessa, vorranno segnalarceli al seguente indirizzo: Loescher Editore Via Vittorio Amedeo II, 18 10121 Torino Fax 011 5654200 clienti@loescher.it

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Il volume è frutto del lavoro congiunto del gruppo di ricerca e di studio composto da Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo, Andrea Caldelli e Daniela Giovannini. Nello specifico, Federico Batini è autore dei paragrafi 1.1, 1.2, 1.3, 3.1, 3.3, 3.4, 3.5, 4.1, 4.3, 4.5, 5.1, 5.2, 5.3, 6.1; Maria Ermelinda De Carlo dei paragrafi 1.4, 1.5, 2.5, 3.2, 3.6, 4.2, 4.4, 6.2, 6.3; Andrea Caldelli e Daniela Giovannini dei paragrafi 2.1, 2.2, 2.3, 2.4. Coordinamento editoriale: Alessandra Nesti Realizzazione editoriale e tecnica: Fregi e Majuscole – Torino Progetto grafico: Fregi e Majuscole – Torino; Leftloft – Milano/New York Copertina: Leftloft – Milano/New York; Visualgrafika – Torino Stampa: T ipografia Gravinese, Corso Vigevano 46 – 10155 Torino


Indice 1. Tantalternanza 7

di Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo

1.1. Tantalternanza: una risposta ai numeri della disoccupazione giovanile?

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1.2. La funzione fondamentale della scuola per l’occupabilità giovanile

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1.3. Alternanza sì, alternanza no

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1.4. Origini moderne del ruolo pedagogico attribuito al lavoro

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1.5. Di che cosa parliamo quando parliamo di alternanza scuola-lavoro?

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Bibliografia

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Sitografia

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2. Breve storia dell’alternanza

di Andrea Caldelli, Daniela Giovannini

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2.1. In principio era la terza area professionalizzante 23 2.2. Era il 2005… e l’alternanza diventava didattica 24 2.3. Le competenze da sviluppare in alternanza scuola-lavoro 25 2.4. La riforma della legge 13 luglio 2015, n. 107 34 2.5. La via italiana al sistema duale tedesco 36 Bibliografia 3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità

di Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo

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3.1. La dispersione scolastica

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3.2. L’alternanza come prevenzione e cura: studenti al centro

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3


Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

3.3. L’alternanza come ricerca-azione 44 3.4. La retroazione sulla didattica e sulla valutazione 45 3.5. L’alternanza per attivare 46 3.6. L’alternanza per valorizzare i percorsi di istruzione 48 Bibliografia 50 4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro 53

di Federico Batini

4.1. La normativa e l’orientamento 54 4.2. Ancora sull’orientamento (a scuola) 55 4.3. L’alternanza e le competenze 57 4.4. La progettazione dell’orientamento per l’alternanza 58 4.5. Il sistema di orientamento 60 Bibliografia 63 5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività 65

di Federico Batini

5.1. Uno sguardo critico alla Guida operativa per la scuola 65 5.2. Come progettare: alcune indicazioni 68 5.3. Il tutor 71 5.4. Strumenti e microprogettazioni 72 5.4.1. Articolare una competenza-obiettivo 72 5.4.2. Progettare un’attività di orientamento con approccio narrativo 74

Bibliografia 83 6. La valutazione delle competenze per progettare l’alternanza 85

di Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo

4

6.1. Co-valutare per co-progettare 85


Indice

6.2. Valutazione o valutazioni? 87 6.3. Quale modello per quale certificazione? 89 Bibliografia 91 7. Postfazione 93

di Maria Grazia Accorsi

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1. Tantalternanza di Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo

1.1. Tantalternanza: una risposta ai numeri della disoccupazione giovanile? In un contesto che viene descritto dai media e dalle istituzioni politiche come in ripresa, una volta dichiarata finita la “battaglia” intrapresa dai governi nazionali per uscire dalla crisi economica, rimangono sul terreno i drammatici effetti di quest’ultima sulle fasce più giovani della popolazione. Dopo anni caratterizzati da continui record nelle percentuali di disoccupazione giovanile, il recupero di numeri occupazionali sostenibili appare infatti ancora molto lontano, non soltanto in Italia. Secondo la relazione Studio ergo Lavoro. Come facilitare la transizione scuola-lavoro per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile in Italia (McKinsey & Company, 2014), l’Unione Europea presenta un tasso di disoccupazione giovanile più elevato rispetto a qualsiasi altra area del mondo a esclusione del Nord Africa e del Medio Oriente. Sono oltre sette milioni i giovani europei di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non lavorano, non studiano, non sono inseriti in alcun percorso formativo e che, spesso, non si stanno nemmeno attivando per comprendere che cosa fare o per cercare un’occupazione. Sono quasi quattro milioni e mezzo i ragazzi che escono dal sistema di istruzione e formazione senza conseguire un titolo di studio successivo al primo ciclo di istruzione (figura 1). In questi ultimi anni i governi, nell’ambito di una strategia europea comune, hanno perseguito politiche volte a incoraggiare i giovani a esercitare un ruolo attivo nella società (perlomeno nelle intenzioni). Nel rispetto della responsabilità generale degli Stati membri in materia, infatti, la strategia dell’Unione Europea per la gioventù, approvata dai ministri dei Paesi europei, nel periodo 2010-2018 si è posta due obiettivi principali: offrire ai giovani nuove e pari opportunità nell’istruzione e nel mercato del lavoro, e incoraggiarli a partecipare attivamente alla società.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Fig. 1 – Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) (http://www.istat.it/it/lavoro) 50% 42% 34% 26%

2014

2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2005

10%

2006

18%

Anno considerato

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A tale proposito l’Europa ha cercato e cerca di promuovere, tramite calls, bandi e iniziative specifiche destinate ai giovani, l’apprendimento non tradizionale, la partecipazione e il volontariato, l’animazione socioeducativa, la mobilità e l’informazione, come esperienze e processi attraverso i quali sia possibile incrementare l’occupabilità di ciascun soggetto. Le diverse opportunità, tuttavia, perché siano davvero efficaci devono essere accompagnate da azioni che prevedano la partecipazione attiva dei ragazzi a partire dai momenti di elaborazione, attuazione e valutazione delle politiche che li coinvolgono direttamente. Al fine di ridurre l’attuale divario fra competenze acquisite e fabbisogno del mercato del lavoro in Europa, di garantire il passaggio dalla scuola al lavoro, e anche di trasformare il mondo del lavoro e ripensarlo, l’Unione Europea è attualmente impegnata sul campo per: • assicurare che tutti i giovani abbiano pari accesso a un’istruzione e una formazione di qualità; • sviluppare l’animazione giovanile e altre opportunità di apprendimento non tradizionali; • fornire collegamenti fra istruzione tradizionale e apprendimento non tradizionale; • migliorare la transizione dal mondo della scuola/università al mercato del lavoro; • ridurre l’abbandono scolastico; • integrare le problematiche dei giovani nelle strategie per l’occupazione; • promuovere l’acquisizione delle qualifiche richieste dai datori di lavoro;


1. Tantalternanza

• • • •

sviluppare servizi di orientamento e di consulenza professionale; promuovere opportunità di studio e formazione all’estero per i giovani; promuovere tirocini/apprendistati di qualità; incoraggiare l’imprenditorialità tra i giovani. Tutti i documenti europei sono concordi nell’attribuire alla scuola un ruolo centrale per uno sviluppo comunitario di qualità che punti sui giovani come «soggetti» e «motori» del cambiamento.

1.2. La funzione fondamentale della scuola per l’occupabilità giovanile La scuola, nella pluralità e nella sovrapposizione di proposte e iniziative, riconquista una funzione sociale importantissima, ponendosi come “snodo” centrale nel e per ripensare un modello di convivenza sociale. In questa fase, una delle novità anche quantitativamente più significativa è rappresentata dall’alternanza scuola-lavoro. L’alternanza è uno strumento, e come tale non è buono o cattivo di per sé, ma sicuramente assume forme diverse a seconda dell’utilizzo che se ne fa: l’alternanza senza la regia della scuola diventa sottrazione di tempo al diritto all’istruzione. La scuola deve promuovere un “fare” pensato, costruito, progettato attraverso l’interazione sinergica con una rete di soggetti sul territorio. Non basta entrare in un luogo di lavoro perché si apprenda qualcosa. Occorre costruire le competenze attraverso una didattica adeguata, che possa accompagnare il giovane prima, durante e dopo l’esperienza lavorativa. Si può fare riferimento al processo definito di scaffolding (Bruner, Wood, Ross, 1976), ovvero a una forma di sostegno e tutoraggio dell’attività realizzata dal discente, ricordando comunque la necessità di giungere all’autonomia (firing, ovvero “allontanamento”). Per poter correttamente affrontare il tema della formazione in alternanza, del suo ruolo e della sua collocazione all’interno del sistema formativo, è necessario partire da una diversa concezione del sistema formativo stesso. Quella attuale, infatti, è frutto di un progressivo allargamento dell’idea di istruzione, che oggi accoglie anche momenti e approcci di tipo non “scolastico” e ha cominciato a riconoscere l’importanza specifica di attori come la comunità locale, l’associazionismo, il volontariato, l’impresa, l’impresa sociale, per tanti anni marginali rispetto all’esperienza educativa. Al contempo si fa strada, seppur in mezzo a tante resistenze, l’idea (e le pratiche a essa connesse) di una didattica che valorizzi la centralità del soggetto e dei suoi apprendimenti acquisiti anche in contesti informali e non formali. A oggi, di fatto, questi apprendimenti, nonostante la legge 15 febbraio 2012, n. 12, e il relativo D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13, che ne sanciscono la pari dignità, non sono totalmente riconosciuti nelle programmazioni e nei processi di valutazione scolastica, né sono real-

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

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mente accettati o certificati dal mercato del lavoro. I saperi centrati sulla conoscenza continuano a esercitare un primato rispetto ai saperi centrati su esperienza e competenza, ma la direzione del percorso ormai è tracciata. Il nostro Paese paradossalmente è tra quelli che più tardi e con maggiore riluttanza ha accolto le formazioni in alternanza, e continua a considerare la formazione professionale come destinata a un’utenza qualitativamente “inferiore” a quella della scuola. Eppure il valore educativo del lavoro è un dato di fatto in tutti gli Stati cosiddetti «avanzati» e da qualche anno anche in quelli emergenti. Il lavoro è un fattore di inclusione sociale per i giovani, un’esperienza forte di socializzazione, confronto, scoperta, apprendimento. È dimostrato che in tutti i Paesi europei in cui l’alternanza scuola-lavoro è consolidata e dotata di una precisa struttura organizzativa, e in quelli in cui l’apprendistato non è semplicemente un contratto ma un vero e proprio segmento del percorso formativo, le scuole contribuiscono fortemente a favorire l’occupazione e lo sviluppo industriale. Non è un caso che in Germania e Paesi Bassi, dove la disoccupazione giovanile è al 7%, la transizione scuola-lavoro duri in media 2-3 mesi, mentre in Italia e Spagna, dove la disoccupazione giovanile è al 40%, si superino i 10 mesi. È interessante evidenziare tuttavia che in Italia il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è decisamente più alto nelle Province dove sono più forti le connessioni tra scuola e lavoro, dunque tra istruzione e impresa. Seppure questo dato non sia assoluto (infatti non sono ancora disponibili i dati longitudinali su qualità e sostenibilità nel tempo dell’occupazione), fa riflettere sul ruolo strategico della scuola per l’occupabilità (figura 2). La mancata connessione tra scuola e lavoro è uno dei fattori principali della disoccupazione giovanile secondo il rapporto Studio ergo Lavoro (McKinsey & Company, 2014) che, nel 2014, ha rilevato come il 40% della disoccupazione nasca proprio dal mancato incontro del lavoro a scuola da parte dei giovani, i quali sviluppano così immagini e conoscenze stereotipate, rappresentazioni distantissime dall’attualità, lontane dalla realtà. Il sistema di istruzione attuale non può negare il diritto di imparare a fare, apprendere dall’esperienza e fare esperienza di apprendimento. La pratica dell’alternanza scuola-lavoro, operativamente, affida alla scuola il compito di sostenere i ragazzi nella costruzione della propria identità professionale, affinché divengano persone e lavoratori riflessivi, ricercatori, persone che non delegano, ma sono in grado di vivere i problemi della quotidianità e risolverli (Mortari, 2003), in una prospettiva di continuo empowerment del soggetto. Il salto didattico e metodologico chiede di mettere sullo stesso piano, in relazione trasversale e incrociata, il pensare formativo con l’agire formativo, la ricerca in formazione con la didattica della formazione.


1. Tantalternanza

Fig. 2 – Probabilità di disoccupazione 15-29 anni vs 30-64 anni. Rapporto fra i tassi di disoccupazione (media nel periodo 1992-2013) (McKinsey & Company, 2014; elaborazione su dati eurostat) 3,5

2,2

2,3

Media Europa a 15 2,1

2,0

1,2

Italia

Germania

Francia1

Regno Unito

Spagna

1. I dati relativi alla Francia risalgono al 2012.

La professionalità dei docenti deve progressivamente essere ripensata in termini di prospettive, competenze, ruoli e profili. Allo stesso tempo, occorre utilizzare le competenze attualmente presenti in modo razionale e nella direzione auspicata, gestendone lo sviluppo attraverso azioni di formazione e di valutazione. Intanto, perché la formazione in alternanza sia efficace, bisogna sviluppare percorsi che assumano una logica copartecipativa, coprogettuale e una didattica capace di coinvolgere in prima istanza gli studenti attraverso pratiche concrete di promozione e sviluppo delle loro potenzialità apprenditive e creative, delle loro competenze, della loro possibilità di esercitare scelta e decisionalità.

1.3.  Alternanza sì, alternanza no In seguito a un contributo breve apparso sulla versione online della rivista “Tuttoscuola” relativo al disagio degli insegnanti per il ruolo “forte” attribuito dalla cosiddetta Buona Scuola1 all’alternanza scuola-lavoro, hanno cominciato a circolare sui social network, specialmente all’interno di gruppi professionali di insegnanti, messaggi di questo tenore:

1.

Per documentarsi sul disegno di legge che porta questo nome si può fare riferimento al sito https:// labuonascuola.gov.it/.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

La domanda che si pongono i prof è: «Come si potranno finire i programmi scolastici, già programmati a settembre, se gli alunni saranno condotti in azienda per un totale di 16 giorni?». Togliere 80 ore di presenza scolastica degli alunni da scuola, e per giunta in un solo quadrimestre, significa ridurre gli spazi di didattica e creare molti disagi al percorso curricolare. Come è possibile, si chiedono i professori di tutta Italia, prevedere questi percorsi di 200 ore nei licei e lasciare le linee guida dei programmi ministeriali invariati? Con la Riforma Gelmini i programmi scolastici di alcune materie – come storia, italiano e, soprattutto, matematica e fisica nei licei scientifici – sono diventati più lunghi. Come coniugare quindi programmi più lunghi e tempi più corti? Forse al miur qualcuno dovrebbe incominciare a meditare che, se si allungano i programmi e si accorciano i tempi, gli studenti non riusciranno ad arrivare preparati agli esami di Stato2.

Il successo di post come quello sopra citato tra gli insegnanti è notevole, e alle centinaia di “mi piace” e alle decine e decine di condivisioni sui social network si aggiungono anche alcune centinaia di commenti, che raramente divergono dalla linea tracciata dal post iniziale. Proviamo un momento a esaminare le caratteristiche del messaggio e dei commenti che seguono attraverso alcune categorizzazioni. La prima riflessione è relativa alla modalità, ancora una volta sentita come top-down (“dall’alto in basso”), con la quale gli insegnanti avvertono che si sia giunti alla normativa corrente. La produzione normativa presenta un divario sempre più evidente tra la scuola ideale, rappresentata dai documenti ufficiali, e quella reale, fatta dalle evidenze raccolte sul campo, che dimostrano uno sbilanciamento tra processi e risultati. La seconda riguarda la fiducia nell’interlocutore. I commenti esplicitano e danno forza a questa posizione con frasi come: “Chi progetta queste cose è entrato in una scuola l’ultima volta per l’orale del proprio esame di maturità”. Lo scollamento evidente tra apparato istituzionale e docenti rafforza quanto detto sopra. Senza un minimo di fiducia, la relazione tra apparato decisionale e burocratico e corpo docente rischia di tramutare in lettera morta norme e circolari (si veda, in tal senso, la produzione normativa e le circolari riferite alle competenze, agli obiettivi di apprendimento e relative didattiche e le traduzioni operative delle stesse).

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2.

Tra virgolette sono riportati alcuni stralci dell’articolo Alternanza Scuola-Lavoro: i prof si lamentano, di Lucio Ficara, uscito su “Tecnica della scuola” il 16 gennaio 2016 (http://www.tecnicadellascuola.it/item/17115-alternanzascuola-lavoro-i-prof-si-lamentano.html; ultima consultazione marzo 2016).


1. Tantalternanza

1.4. Origini moderne del ruolo pedagogico attribuito al lavoro L’alternanza scuola-lavoro comporta l’idea nuova di una scuola che “coltivi” (Nussbaum, 2006) persone competenti, pensanti, capaci di concretezza, in grado di programmare il futuro a lungo termine, di essere elastiche e reattive nel breve periodo non solo in termini di risposta, ma anche di proposta. Mettere in evidenza l’importanza formativa del lavoro significa, in altre parole, che il sistema scolastico non ha più il monopolio della trasmissione del sapere. La scuola coesiste e coopera come development territorial player con una miriade di altre agenzie educative, in particolare le imprese, senza cadere nell’equivoco di non riconoscere un ruolo specifico all’istruzione per tutti, pubblica e gratuita. In questo quadro, anzi, è il sistema nazionale di istruzione ad assumere il ruolo più importante. È in quest’ottica che si allineano le finalità dell’alternanza scuola-lavoro, che nel D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 773, art. 2 sono elencate nel dettaglio: • attuare modalità di apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica; • arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; • favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; • realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e formative con il mondo del lavoro e la società civile, che consenta la partecipazione attiva dei soggetti di cui all’art. 1, comma 2, nei processi formativi; • correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. L’incremento dell’alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo di istruzione, ribadito tra gli obiettivi prioritari da perseguire nella legge 13 luglio 2015, n. 1074, diventa, per il sistema scolastico italiano, un’opportunità strutturata per incrementare le possibilità di lavoro e formazione al lavoro e con il lavoro per gli studenti. La letteratura pedagogica assegna nel tempo un grande valore pedagogico al lavoro. Interessante quanto innovativo è il ruolo dell’esperienza nel processo formativo descritto da Dewey come superamento della conoscenza: «vi sono due dimensioni delle cose sperimentate; una è quella di averle,

3. 4.

D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77, Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53 (http://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2005/ dlgs77_05.shtml). Legge 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/15G00122/sg).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

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l’altra è quella di conoscerle per averle in modo più significativo e sicuro» (Dewey, 1973, p. 42). La pedagogia di Dewey, anticipando i tempi, valorizza e promuove il pensiero in azione. Il giovane, che è naturalmente spinto ad agire, può essere facilmente condotto allo “sforzo d’apprendimento” se da solo sperimenta l’interesse dal passaggio dal fare per fare (il gioco) al costruire con uno scopo (il lavoro). Lo scopo, come è ovvio, deve essere scelto o almeno condiviso dalla persona. Da qui l’importanza pedagogica di un curricolo verticale dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado che sia in grado di accompagnare il soggetto dal gioco al lavoro, dall’attività casuale all’attività scelta, da quella scelta e svolta senza finalità all’attività scelta in relazione a finalità e obiettivi, dall’immediato raggiungimento di un obiettivo a obiettivi più complessi, che necessitano di differire nel tempo il proprio raggiungimento e di svolgere attività costanti per avvicinarli. Le competenze di base e quelle trasversali diventano mezzi, strumenti indispensabili per «attuare» un progetto autentico, inserito in una situazione reale, per rispondere a un bisogno o un’esigenza vera. Allo stesso tempo l’esperienza in contesto lavorativo può favorire le relazioni sociali, che spesso anche non intenzionalmente forniscono al ragazzo strumenti culturali per il suo sviluppo. Il giovane vivendo contesti differenti ha l’opportunità di crescere e trasformare le proprie esperienze in apprendimenti (Vygotskij, 1966). Motivazione e promozione della socialità possono intrecciarsi come fili conduttori nei progetti di alternanza scuola-lavoro per segnare giovani vite che nel lavoro prendono coscienza non solo della necessità di una competenza, ma anche del rispetto reciproco, delle regole, del gusto di lavorare insieme potenziando la possibilità e il desiderio di accrescere il proprio contributo (e di sapere accogliere il contributo degli altri). Alcune ricerche condotte da Jannaccone Pazzi e Ribolzi (1991) sull’analisi della domanda di formazione delle imprese e sull’offerta dei percorsi universitari hanno evidenziato un forte scollamento fra una domanda di lavoro che si caratterizzava secondo una linea continua, e un’offerta che invece si presentava discontinua, a gradini. Le aree scoperte richiedevano una formazione mista, in grado di valorizzare l’esperienza di lavoro come risorsa formativa, non solo per gli apprendistati dopo la scuola, ma a tutti i livelli, soprattutto durante la scuola. Questa difficoltà rappresenta oggi uno dei gap più rilevanti nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. Ciò che i datori di lavoro lamentano nei neoassunti non è tanto una carenza di contenuti specifici dei vari indirizzi di studio, quanto un deficit nelle competenze generali e una limitata esperienza pratica. I risultati dei test


1. Tantalternanza

pisa5 (ocse-pisa, 2015) evidenziano un miglioramento dell’Italia rispetto agli anni passati, ma la vedono ancora lontana dalle posizioni più alte. Tra le competenze generali dei neoassunti troviamo carenze nella competenza delle lingue straniere, nella matematica di base e nelle soft skills6, come le capacità analitiche di problem solving e di leadership. Già questo dovrebbe fornire indicazioni rispetto a come progettare e pensare l’alternanza (figura 3). Si tratta di un sistema di istruzione ancora fragile, che spende molte energie nel tentativo di superare il fossato storico-culturale fra teoria e prassi e che, pur riconoscendo l’insufficienza dei precedenti approcci – la mancanza gravissima della risorsa esperienziale e l’immobilità ben rappresentata nel ruolo passivo dei discenti –, ha ancora molte difficoltà a integrare questi approcci nei programmi e, quindi, a ragionare, insegnare e valutare per competenze e non per contenuti. In Italia, più che in altri Paesi europei, si ha avuto per molto tempo la percezione di una lontananza endemica tra mondo della cultura e mondo del lavoro, quasi che gli strumenti culturali nulla avessero a che fare con il mondo produttivo e che, viceversa, le abilità trasversali richieste dal mondo del lavoro non fossero elementi da integrare in una cultura. Nel sistema di istruzione questa visione si è tradotta in un’artificiosa separazione tra teoria e pratica. Una visione di questo tipo, ereditata da approcci di separazione come quelli gentiliani (Spadafora, 1997), ha generato, tramite la cultura idealista, un processo di sfiducia reciproca tra mondo del lavoro e sistema di istruzione. Questa sfiducia non ha consentito di mettere in campo una collaborazione in cui momenti di mobilitazione e attivazione delle competenze, sulla base di una progettazione condivisa, si svolgano in entrambi i luoghi. In un’ottica di empowerment dell’occupabilità dei giovani è, pertanto, auspicabile un approccio integrato. Nel nuovo Rapporto ocse (oecd, 2015) si afferma che «Troppi giovani lasciano la scuola senza le giuste competenze e dunque fanno fatica a trovare un’occupazione», e che «il 40% di coloro che abbandona la scuola prematuramente» ha qualità inadeguate al mondo del lavoro7. Un dato, questo, che

5. Progetto pisa 2015 è la sesta edizione di pisa (Programme for International Student Assessment), un’indagine promossa dall’ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) con l’obiettivo di misurare le competenze degli studenti in matematica, scienze, lettura e problem solving collaborativo. http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2015.php?page=pisa2015_it_01. 6. Le soft skills rappresentano una combinazione dinamica di abilità cognitive e metacognitive, abilità interpersonali, intellettuali e pratiche e di valori etici. Le soft skills consentono agli individui di adattarsi e di comportarsi positivamente in modo da affrontare efficacemente le sfide della vita quotidiana e professionale. 7. La pubblicazione si basa sui risultati dell’Indagine internazionale sulle competenze degli adulti 2012 (piaac) presentati nella prima edizione Skills Outlook (http://www.isfol.it/piaac/Rapporto_Nazionale_Piaac_2014.pdf).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Fig. 3 – Importanza attribuita dalle imprese a ogni competenza generale e relativo livello di preparazione percepito dei giovani neossunti (rielaborazione da rapporto Studio ergo Lavoro McKinsey & Company, 2014, p. 42) 7,28

Padronanza della lingua italiana Teamwork

7,19

Comunicazione orale Capacità analitiche e di problem solving Etica e deontologia professionale

7,03 6,6 6,68 7,05

Capacità informatiche Comunicazione scritta

7,05

Creatività

6,84 6,26

Padronanza della lingua inglese

6,67

Leadership

6,68

Matematica di base 5,5

Padronzanza di altre lingue straniere 0

3

6

Livello di preparazione

16

9

12

15

Livello di importanza

riguarda peraltro anche un numero crescente di laureati: il 10% ha esigue competenze alfabetiche e il 14% manca di adeguate competenze numeriche. Non è sufficiente, quindi, nemmeno la permanenza dentro i percorsi di istruzione e il raggiungimento di elevati standard di istruzione per conseguire competenze adeguate: una prova in più della caducità e sostanziale poca utilità delle conoscenze e delle nozioni decontestualizzate e non messe in opera in qualche forma. L’assenza di esperienza lavorativa già nel corso della formazione iniziale viene giudicata un ostacolo all’ottenimento di un’occupazione, perché le imprese considerano troppo oneroso assumere personale completamente inesperto. Occorre non solo riflettere sull’interazione tra educazione e divisione del lavoro e sulle sue prospettive ai fini di una migliore analisi del posto che oggi occupano i problemi scolastici nei processi di evoluzione e involuzione della società, ma anche progettare, sul piano didattico, percorsi di alternanza di qualità attraverso una valorizzazione e un’attivazione della rete sul territorio. Non basta fisicamente varcare le soglie di un luogo di lavoro per fare tirocinio. Da oltre 15 anni la scuola ha preso consapevolezza che l’evoluzione dei processi di costruzione e distribuzione delle conoscenze, con le relative conseguenze nel mercato del lavoro, a ogni livello, richiede un sempre più elevato contenuto di know how, e che il know how rappresenta oggi il fattore decisivo


1. Tantalternanza

nella competizione globale. Questo mutamento pone al centro di ogni processo di sviluppo lo snodo della formazione e induce anche la scuola a un profondo autoripensamento, che si sostanzia nello spostamento dell’attenzione dalle sole discipline alle competenze-obiettivo e agli obiettivi di apprendimento. Da qui una serie di tentativi di “mettere alla prova” l’insegnamento tramite diverse esperienze concrete di didattica laboratoriale, fino ad arrivare alla pratica dell’alternanza scuola-lavoro, intesa come periodi di apprendimento sui luoghi di lavoro che siano realmente complementari a quelli d’aula. In questi ultimi anni, diverse ricerche hanno dimostrato come il processo di apprendimento dipenda sia dalla sistematica interazione tra la dimensione teorica e quella pratica dell’agire, a partire dall’esperienza per giungere a una successiva formalizzazione, e come sia legato anche al coinvolgimento emotivo della persona. Non sarà un caso, infatti, che gli studenti che vivono l’esperienza di alternanza come significativa (anche quando la loro esperienza nel sistema di istruzione in genere non lo è, se non in negativo) e produttrice di senso, richiedano, in conseguenza, un cambiamento della didattica tradizionale (Vecchiarelli, 2015).

1.5. Di che cosa parliamo quando parliamo di alternanza scuola-lavoro? La gestione del processo di alternanza scuola-lavoro richiede un’esplicita formazione e preparazione del personale docente, e una preliminare condivisione del significato dei concetti e delle idee fondamentali. Trattando di alternanza scuola-lavoro ci si imbatte non solo in termini già noti, apparentemente equivalenti – stage, tirocini, scuole bottega, apprendistato ecc. –, ma anche in un’interpretazione falsata delle Linee guida e delle Indicazioni nazionali, concepite erroneamente come una sorta di programma o di lista di conoscenze da sviluppare. Spesso il problema ha origine dalla lettura dei documenti fondamentali, non sempre chiari e tra loro coerenti, con ripercussioni evidenti non soltanto sulla strutturazione della progettazione didattica dei percorsi, ma altresì sulla qualità degli apprendimenti. La confusione nasce già con la cattiva interpretazione della legge 24 giugno 1997, n. 196, Norme in materia di promozione dell’occupazione, che per la prima volta introduce l’espressione «alternanza scuola-lavoro», comprendendo al suo interno, senza particolari differenze, tirocini pratici e stage. La legge di allora li considerava equivalenti, in quanto faceva riferimento ai ti-

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

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rocini estivi post scuola, intendendoli entrambi come modalità attraverso cui l’esperienza sui luoghi di lavoro concorrerebbe alla formazione. Il D.M. 142/98 disciplinava il dettato delle legge 196/97 declinando «l’alternanza tra studio e lavoro» come «tirocini formativi e di orientamento», differenziando le finalità dell’alternanza, ma senza distinguere fra attività individuali e collettive. A questa norma, ad esempio, fanno riferimento le proposte operative che coinvolgono l’intera classe e che si integrano nel normale percorso di istruzione di cui possono costituire una fase. Successivamente il D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77 ha circoscritto l’espressione “alternanza scuola-lavoro” ai percorsi a domanda individuale che con l’attività di impresa sostituiscono parte del percorso scolastico. In questo senso, i percorsi di alternanza costituiscono una specifica metodologia didattica applicabile nel secondo ciclo del sistema di istruzione e nel sistema di istruzione e formazione professionale. È evidente che il modo di intendere l’alternanza cambia l’impostazione di una progettazione. Ora, per quanto la letteratura scientifica diversifichi il tirocinio da uno stage, intendendo il primo come l’esperienza on the job che precede l’inserimento lavorativo o l’avvio di una professione, e il secondo come una modalità in cui si articola un percorso formativo, in tutta la normativa italiana si fa esplicito riferimento all’alternanza come parte integrante dell’attività didattica. Ciò necessità un ripensamento e una ridefinizione dei paradigmi dell’alternanza, che ne evidenzino il valore orientativo e la disegnino come strumento e luogo di integrazione, in modo da realizzare un organico collegamento tra scuola, mondo del lavoro e società. Tuttavia, l’alternanza oggi comporta l’esigenza di una rimodulazione della didattica secondo una progettazione per competenze, e richiede una ricerca metodologica centrata su compiti di realtà, che mobilitino saperi, esperienze e risorse. La maggior parte dei percorsi di alternanza delle scuole, a oggi, di fatto si concentra sullo sviluppo di competenze tecnico-professionali. L’alternanza diventa così una sorta di attività aggiuntiva al curricolo, oppure semplicemente uno stage di orientamento al lavoro. Ci si dimentica in tal modo dei regolamenti di riordino degli istituti tecnici, di riordino degli istituti professionali e dell’assetto ordinamentale dei licei (D.P.R. 15 marzo 2010 nn. 87, 88, 89), all’interno dei quali l’alternanza scuola-lavoro, quale metodologia didattica del sistema dell’istruzione, è parte integrante dell’interno percorso formativo. Essa necessita pertanto di un confronto tra modalità comunicative e metodologie formative di tipo diverso, e di una rinegoziazione di competenze da sviluppare, non sulla base delle richieste delle aziende, legate all’hic et nunc, ma a partire dai bisogni dei ragazzi, in un’ottica di sostenibilità e di autonomia. Si tratta di intendere l’occasione/opportunità dell’alternanza come modalità centrata sui giovani, al fine


1. Tantalternanza

di accompagnarli nello sviluppo di competenze che servono ad «apprendere ad apprendere per tutto l’arco della vita». Dovendo immaginare un percorso di graduale avvicinamento al mondo del lavoro in relazione ai risultati di apprendimento (learning outcomes), si potrebbero proporre le seguenti tappe: 1) l’alternanza scuola-lavoro: l’alunno sviluppa in prevalenza life skills e comincia a confrontarsi con alcune competenze tecnico professionali, soprattutto quelle trasversali, trasferenti e trasferibili; 2) lo stage: l’alunno sviluppa competenze tecnico-professionali e quelle trasversali legate al tipo di contesto professionale che ha scelto, in base anche al ruolo orientativo dell’esperienza di alternanza; 3) il tirocinio: l’alunno mobilita in prevalenza competenze tecnico-professionali specifiche del contesto e sviluppa anche quelle trasversali legate al tipo di contesto professionale; 4) l’apprendistato: si ha l’accesso al mondo del lavoro attraverso il primo contratto di lavoro. Deve naturalmente essere possibile saltare alcune fasi, ma non bisogna trascurare il ruolo prioritario delle competenze di base e trasversali da fare acquisire via via agli alunni, in modo graduale, al fine di renderli autonomi, capaci di leggere i contesti e di mettere a valore le risorse disponibili. In quest’ottica l’alternanza, in quanto modalità didattica, necessita della definizione degli obiettivi di apprendimento e del loro perseguimento comune (sotto l’attenta regia dell’istituzione scolastica). E deve essere chiaro che nell’ambito dell’alternanza si dovrebbero perseguire gli stessi obiettivi di apprendimento stabiliti per l’alunno alla fine di ciascuna fase del suo percorso scolastico, senza soluzione di continuità. Con l’alternanza, dunque, è il setting a cambiare, insieme con la metodologia didattica, non gli obiettivi. L’alternanza, in questo senso, non sostituisce l’azione didattica del docente, ma la potenzia e la amplifica attraverso un dialogo circolare che richiama il double-loop learning di Schön (1993). La riflessività didattica arricchisce la prassi e consente all’agire di divenire consapevole e significativo (Argyris, Schön, 1998, p. ix). L’alternanza coinvolge le dimensioni cognitive, culturali e affettive del ragazzo che, nell’agire (Williamson, 1997), perde temporaneamente la sua «stabilità» per rinnovarsi e trasformarsi. L’apprendimento, attraverso la modalità dell’alternanza, offre la possibilità di imparare a comprendere, guidare, influenzare e gestire il cambiamento solo se si qualifica come luogo di deutero-learning, da intendersi come «un tipo di apprendimento organizzativo a doppio circuito, attraverso il quale i membri di un’organizzazione possono scoprire e modificare il sistema di apprendimento che condiziona gli schemi prevalenti di indagine organizzativa» (Argyris, Schön, 1998, p. 29).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Le esperienze di apprendimento non devono dunque intendersi come compartimenti stagni, legati a un luogo specifico e determinato, bensì come occasioni continue per mobilitare lifelong e lifewide processi e occasioni di crescita. Dal punto di vista metodologico, l’alternanza di momenti di riflessione individuale (adaptive learning) e di condivisione di gruppo (generative learning), in un processo circolare-spiralico che dai soggetti si estenda all’ambiente esterno (e all’organizzazione) per poi ritornare ai soggetti, garantisce una prospettiva «multipla» («ascolto» per Crozier, 1990) che fa emergere differenze e attiva competenze personali e interpersonali (Roth, Kleiner, 1997) oggi definite come life skills. La reflection in/on action, sollecitata e favorita dalle pratiche didattiche, consente di esplorare il senso dei percorsi esperienziali in tutto il loro repertorio cognitivo ed emotivo fatto di immagini, percezioni, memorie, idee e azioni (Dewey, 1949, p. 123) per attivare nei ragazzi percorsi di senso, di progettualità e agentività. L’apprendimento in contesti formali (quello scolastico e universitario) si fonde e si con-fonde con l’apprendimento in contesti non formali (quello che non è erogato da una istituzione formativa e non sfocia ancora, di fatto, in una certificazione) e informali (le molteplici forme dell’apprendimento mediante l’esperienza risultante dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia, al tempo libero), favorendo un approccio più olistico, dando maggiore efficacia all’istruzione in tutti i suoi aspetti e in tutte le fasi della vita attiva, come opportunità e possibilità di essere e di divenire.

Bibliografia

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

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2. Breve storia dell’alternanza di Andrea Caldelli, Daniela Giovannini

2.1.  In principio era la terza area professionalizzante Agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, con l’introduzione del Progetto ’92, gli istituti professionali avevano avuto la loro alternanza scuola-lavoro, denominata “terza area” o “area professionalizzante”. Mentre il curricolo della prima e della seconda area, rispettivamente degli insegnamenti comuni e di indirizzo, era di competenza del ministero dell’Istruzione, la terza area professionalizzante era, invece, di competenza regionale e permetteva di conseguire un titolo di qualifica e una preparazione professionale specifici, spendibili nel mondo del lavoro. Dal punto di vista pratico si trattava di percorsi formativi biennali (iv e v anno) con un monte ore di 300 ore annue (180 in aula e 120 di stage); allo studente veniva data la possibilità di acquisire gradualmente nozioni tecniche e operative strettamente legate al mondo del lavoro. Con il passare degli anni in alcune Regioni l’erogazione delle attività formative è venuta meno e le istituzioni scolastiche, che nel frattempo grazie al D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 acquisivano l’“autonomia”, hanno iniziato a provvedere in proprio, quando possibile, all’organizzazione di questa parte di curricolo. Alla qualifica regionale si venne a sostituire, presso gli istituti più virtuosi, un primo sistema di riconoscimento delle competenze acquisite. Le attività sviluppate erano, in primo luogo, gli stage, ma anche le cooperative di transizione scuola-lavoro o i percorsi di sviluppo di competenze professionali specifiche, in settori non coperti dalla programmazione didattica. Il rapporto con il mondo del lavoro era continuo e si realizzava attraverso l’accoglienza di stagisti, testimonianze di professionisti, richiesta di servizi garantiti dalle cooperative (tipiche quelle del settore alberghiero, del settore agricolo e in alcune aree degli indirizzi della meccanica): una realtà molto diversificata da territorio a territorio.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Nel 2005 viene definitivamente abolita la dicitura “terza area professionalizzante” e per tutti gli ordinamenti scolastici è introdotta la definizione di “alternanza scuola-lavoro”.

2.2. Era il 2005… e l’alternanza diventava didattica

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L’attuazione della terza area professionalizzante, sviluppata negli istituti professionali, trovava dunque un suo limite nella riduzione delle risorse disponibili per sostenere la presenza di esperti nelle scuole. Organizzare interventi complessi e corposi diventava sempre più difficile e si riducevano progressivamente le ore garantite per lo sviluppo di competenze utili per il lavoro. Allo stesso tempo, la produzione normativa cominciava a prendere in considerazione la necessità di ripensare la didattica in un’ottica di integrazione con il mondo del lavoro, attraverso lo sviluppo di esperienze di continuità tra l’insegnamento in aula e l’osservazione/sperimentazione nel contesto lavorativo di conoscenze e abilità. Se la prima citazione in questo senso è contenuta nell’art. 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53, Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuolalavoto, è il D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77, la norma organica che introduce per la prima volta in Italia un’opzione didattica che prevedeva l’utilizzo della «realtà lavorativa» come ambiente di apprendimento. Il D.Lgs. 77/2005 forniva, in questo senso, il quadro di riferimento per una rivisitazione del rapporto tra didattica in aula e competenze sviluppate in ambiente lavorativo. Tale orientamento veniva ribadito nelle norme per il riordino delle scuole del secondo ciclo (D.P.R. 15 marzo 2010, nn. 87, 88, 89 sul riordino degli istituti professionali, tecnici e dei licei convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) che prevedevano l’alternanza scuola-lavoro in tutti gli ordini scolastici, compresi i licei. Il focus era la didattica, piuttosto che l’attività specifica, le competenze da sviluppare piuttosto che le esperienze da accumulare. Per un decennio le sperimentazioni si sono uniformate a questa logica e le occasioni didattiche per fare alternanza si sono moltiplicate: i tradizionali stage e la simulazione di attività di impresa (basata spesso sull’esperienza pregressa delle cooperative di transizione scuola-lavoro); i servizi simulati resi a soggetti terzi committenti, ma anche resi alla scuola stessa che si trasformava, per l’occasione, in committente; gli incontri informativi e orientativi con imprenditori, esperti, testimoni del mondo del lavoro, grazie ai quali associare conoscenze e abilità sviluppate in aula con le competenze necessarie a svolgere ruoli e funzioni nei contesti lavorativi. La riflessione sul curriculum degli studenti cominciava a prendere forma come momento orientativo, un momento che non era confinato alla reda-


2. Breve storia dell’alternanza

zione tecnica del documento, sovente con il supporto degli operatori dei Centri per l’impiego, ma realizzato dagli studenti stessi, in aula con i propri docenti, come frutto di un percorso di consapevolezza sul valore e il significato delle esperienze scolastiche ed extrascolastiche vissute. Con il D.Lgs. 77/2005 l’alternanza scuola-lavoro ha assunto la connotazione definitiva di “approccio didattico”, la cui finalità è lo sviluppo di competenze per una maggiore sintonia tra percorsi di istruzione e sistema del lavoro, basato su strumenti, esperienze e collaborazioni tra scuola e organizzazioni produttive. Perché il concetto di lavoro permei l’esperienza formativa occorre sviluppare una rete di attori che, dalla scuola all’impresa, passando per la rete di associazioni di categoria, istituzioni del lavoro e della formazione professionale, generi nuovi strumenti operativi e metodologici capaci di guidare gli studenti nello sviluppo di competenze trasversali, tecnico-professionali e orientative necessarie a un maggiore adattamento al mercato del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro diventa dunque una «modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dell’istruzione secondaria superiore, sia nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro» (D.Lgs. 77/2005). In pratica, è una modalità per raggiungere obiettivi formativi già costitutivi del percorso, tramite esperienze in contesto lavorativo coerenti, pre-progettate e incentrate sull’integrazione curricolare. L’alternanza scuola-lavoro è la risultante di una combinazione di attività scolastiche e di esperienze assistite sul posto di lavoro (o in situazioni lavorative simulate), progettate sul piano didattico; nasce dal superamento della separazione tra l’aula e il momento applicativo, e si basa su una concezione in cui educazione formale e informale si combinano in un unico progetto formativo. La “realtà lavorativa”, intesa come ambiente di apprendimento, diventa un’opzione didattica. Il percorso formativo in alternanza diventa così un fondamentale strumento di mediazione, atto a favorire l’incontro fra i fabbisogni formativi della scuola e quelli professionali delle aziende e delle organizzazioni pubbliche e private.

2.3. Le competenze da sviluppare in alternanza scuola-lavoro Con le successive norme e i vademecum che via via venivano pubblicati, le esperienze si sono moltiplicate, come evidenziato dai monitoraggi dell’indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Il monitoraggio dei percorsi di alternanza scuola-lavoro realizzato dall’INDIRE per il MIUR per l’a.s. 2012-2013 offre una prospettiva dello sviluppo e del successo di questa metodologia didattica: • 3177 istituti coinvolti (44% professionali, 34% tecnici, 20% licei); • 11 600 percorsi realizzati, di cui: – 7783 (67,1%) negli istituti professionali; – 2556 (22%) negli istituti tecnici; – 903 (7,8%) nei licei; – 86 (lo 0,7%) in altri istituti; • 227 886 studenti accolti da 77 991 strutture ospitanti (45 365 sono imprese); • +20% di studenti coinvolti nell’ultimo anno scolastico; • +57% di licei partecipanti; • 45,6% delle scuole secondarie superiori che ha utilizzato l’alternanza come metodologia didattica per sviluppare le competenze previste dall’ordinamento degli studi.

Un aspetto importante nella progettazione dei percorsi di alternanza scuolalavoro è il legame tra le esperienze proposte agli studenti e le competenze da sviluppare. L’evoluzione normativa e lo sviluppo di un’idea di alternanza come approccio metodologico hanno spostato gradualmente l’attenzione sulle competenze. Progettare per competenze significa contestualizzare, orientare l’azione progettuale sulle aree specifiche nelle quali si andrà a operare. La scelta delle competenze da sviluppare in percorsi di alternanza scuolalavoro può fare riferimento a diversi repertori. In considerazione delle osservazioni molto diffuse nel mondo del lavoro sull’importanza delle competenze trasversali come centrali per l’inserimento lavorativo e, per certi aspetti, come primo elemento di valutazione degli studenti, il repertorio di riferimento può essere quello presente nella Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006 sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, oppure l’elenco delle competenze di cittadinanza inserite nell’analogo repertorio del miur approvato con il D.M. 22 agosto 2007, n. 139.

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Competenze chiave dell’Unione Europea per l’apprendimento permanente: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale.


2. Breve storia dell’alternanza

Competenze chiave di cittadinanza: 1) imparare a imparare; 2) progettare; 3) comunicare; 4) collaborare e partecipare; 5) agire in modo autonomo e responsabile; 6) risolvere problemi; 7) individuare collegamenti e relazioni; 8) acquisire e interpretare l’informazione.

È altresì fondamentale prendere come riferimento i profili in uscita dai diversi indirizzi tecnici e professionali, mentre per i licei si può fare riferimento al relativo «profilo culturale, educativo e professionale». Indirizzo professionale Si legge nelle Linee guida per il riordino dei professionali (D.P.R. 87/2010, art. 8, comma 6): I percorsi degli istituti professionali si caratterizzano per l’integrazione tra una solida base di istruzione generale e la cultura professionale che consente agli studenti di sviluppare i saperi e le competenze necessari ad assumere ruoli tecnici operativi nei settori produttivi e di servizio di riferimento, considerati nella loro dimensione sistemica. Nella progettazione dei percorsi assumono particolare importanza le metodologie che valorizzano, a fini orientativi e formativi, le esperienze di raccordo tra scuola e mondo del lavoro, quali visite aziendali, stage, tirocini, alternanza scuola lavoro. Tali attività permettono di sperimentare una pluralità di soluzioni didattiche per facilitare il collegamento con il territorio e personalizzare l’apprendimento mediante l’inserimento degli studenti in contesti operativi reali.

L’alternanza scuola-lavoro diventa in questo caso uno degli strumenti a disposizione, insieme alle esperienze di servizi per la committenza esterna, lo studio di casi e la progettazione, la simulazione d’impresa. Sul piano della progettazione didattica, il focus è sulle competenze tecnico-professionali previste in uscita dai percorsi, cui concorrono le attività sviluppate con la metodologia dell’alternanza scuola-lavoro. In questo caso è necessario fare riferimento agli allegati A al riordino che declinano i risultati di apprendimento in competenze, conoscenze e capacità, e agli allegati B e C Indirizzi, profili, quadri orari e risultati di apprendimento. A titolo esemplificativo si individua il quadro orario dell’indirizzo professionale B4 – “Servizi commerciali”.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

B4 – Indirizzo “Servizi commerciali”

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Profilo Il diplomato di istruzione professionale nell’indirizzo “Servizi commerciali” ha competenze professionali che gli consentono di supportare operativamente le aziende del settore sia nella gestione dei processi amministrativi e commerciali sia nell’attività di promozione delle vendite. In tali competenze rientrano anche quelle riguardanti la promozione dell’immagine aziendale attraverso l’utilizzo delle diverse tipologie di strumenti di comunicazione, compresi quelli pubblicitari. Si orienta nell’ambito socio-economico del proprio territorio e nella rete di interconnessioni che collega fenomeni e soggetti della propria regione con contesti nazionali e internazionali. È in grado di: • ricercare ed elaborare dati concernenti mercati nazionali e internazionali; • contribuire alla realizzazione della gestione commerciale e degli adempimenti amministrativi a essa connessi; • contribuire alla realizzazione della gestione dell’area amministrativo-contabile; • contribuire alla realizzazione di attività nell’area marketing; • collaborare alla gestione degli adempimenti di natura civilistica e fiscale; • utilizzare strumenti informatici e programmi applicativi di settore; • organizzare eventi promozionali; • utilizzare tecniche di relazione e comunicazione commerciale, secondo le esigenze del territorio e delle corrispondenti declinazioni; • comunicare in almeno due lingue straniere con una corretta utilizzazione della terminologia di settore; • collaborare alla gestione del sistema informativo aziendale. A conclusione del percorso quinquennale, il Diplomato consegue i risultati di apprendimento descritti nel punto 2.2 dell’Allegato A), di seguito specificati in termini di competenze. 1. Individuare le tendenze dei mercati locali, nazionali e internazionali. 2. Interagire nel sistema azienda e riconoscere i diversi modelli di strutture organizzative aziendali. 3. Svolgere attività connesse all’attuazione delle rilevazioni aziendali con l’utilizzo di strumenti tecnologici e software applicativi di settore. 4. Contribuire alla realizzazione dell’amministrazione delle risorse umane con riferimento alla gestione delle paghe, al trattamento di fine rapporto e ai connessi adempimenti previsti dalla normativa vigente. 5. Interagire nell’area della logistica e della gestione del magazzino con particolare attenzione alla relativa contabilità. 6. Interagire nell’area della gestione commerciale per le attività relative al mercato e finalizzate al raggiungimento della customer satisfaction. 7. Partecipare ad attività dell’area marketing e alla realizzazione di prodotti pubblicitari.


2. Breve storia dell’alternanza

8. Realizzare attività tipiche del settore turistico e funzionali all’organizzazione di servizi per la valorizzazione del territorio e per la promozione di eventi. 9. Applicare gli strumenti dei sistemi aziendali di controllo di qualità e analizzare i risultati. 10. Interagire col sistema informativo aziendale anche attraverso l’uso di strumenti informatici e telematici.

Per la progettazione didattica attraverso la metodologia dell’alternanza scuola-lavoro possono essere individuate una o più competenze previste dal profilo in uscita, a partire dalle quali costruire dei descrittori in grado di aiutare i docenti nel processo di osservazione e verifica delle competenze. Con riferimento alla competenza da profilo in uscita n. 1, «Individuare le tendenze dei mercati locali, nazionali e internazionali», ad esempio, i descrittori per l’osservazione delle competenze in atto possono essere costruiti, dal Consiglio di classe, nel modo seguente: • sa ricercare ed elaborare dati relativi ai mercati; • sa strutturare le ricerche di marketing; • sa utilizzare i programmi applicativi per la realizzazione di grafici, database e per la stesura del risultato finale; • sa mettere a confronto i dati ricercati. Ciascuno di questi descrittori può essere osservato dai docenti coinvolti attraverso una semplice scala che evidenzi la qualità della performance e che può, ad esempio, andare da inesperto a esperto, come nella scheda seguente. Competenza dal profilo in uscita “Individuare le tendenze dei mercati locali, nazionali e internazionali” • • •

Sa ricercare ed elaborare dati relativi ai mercati ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto Sa strutturare le ricerche di marketing ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto Sa utilizzare i programmi applicativi per la realizzazione di grafici, database e per la stesura del risultato finale ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Sa mettere a confronto i dati ricercati ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto

Indirizzo tecnico Per l’indirizzo tecnico, il riordino dell’istruzione del secondo ciclo ha prodotto norme e orientamenti analoghi a quelli presentati per l’indirizzo professio-

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

nale. Anche per l’indirizzo tecnico la metodologia dell’alternanza scuola-lavoro risponde allo sviluppo di un collegamento con il mondo del lavoro e delle professioni. Si legge nel Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici (D.P.R. 88/2010, art. 5, comma 2): I percorsi […] sono strutturati in modo da favorire un collegamento organico con il mondo del lavoro e delle professioni, compresi il volontariato ed il privato sociale. Stage, tirocini e alternanza scuola lavoro sono strumenti didattici per la realizzazione dei percorsi di studio.

Sul piano della progettazione didattica, come per gli istituti professionali, il focus è sulle competenze tecnico-professionali in uscita dai percorsi, a cui concorrono le attività sviluppate con la metodologia dell’alternanza scuolalavoro. A titolo esemplificativo si individua il quadro orario dell’indirizzo professionale C3 – “Elettronica ed Elettrotecnica”. C3 – Indirizzo “Elettronica ed Elettrotecnica”

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Profilo Il diplomato in “Elettronica ed Elettrotecnica”: • ha competenze specifiche nel campo dei materiali e delle tecnologie costruttive dei sistemi elettrici, elettronici e delle macchine elettriche, della generazione, elaborazione e trasmissione dei segnali elettrici ed elettronici, dei sistemi per la generazione, conversione e trasporto dell’energia elettrica e dei relativi impianti di distribuzione; • nei contesti produttivi d’interesse, collabora nella progettazione, costruzione e collaudo di sistemi elettrici ed elettronici, di impianti elettrici e sistemi di automazione. È in grado di: • operare nell’organizzazione dei servizi e nell’esercizio di sistemi elettrici ed elettronici complessi; • sviluppare e utilizzare sistemi di acquisizione dati, dispositivi, circuiti, apparecchi e apparati elettronici; • utilizzare le tecniche di controllo e interfaccia mediante software dedicato; • integrare conoscenze di elettrotecnica, di elettronica e di informatica per intervenire nell’automazione industriale e nel controllo dei processi produttivi, rispetto ai quali è in grado di contribuire all’innovazione e all’adeguamento tecnologico delle imprese relativamente alle tipologie di produzione; • intervenire nei processi di conversione dell’energia elettrica, anche di fonti alternative, e del loro controllo, per ottimizzare il consumo energetico e adeguare gli impianti e i dispositivi alle normative sulla sicurezza; • nell’ambito delle normative vigenti, collaborare al mantenimento della sicurezza sul lavoro e nella tutela ambientale, contribuendo al miglioramento della qualità dei prodotti e dell’organizzazione produttiva delle aziende.


2. Breve storia dell’alternanza

Nell’indirizzo sono previste le articolazioni “Elettronica”, “Elettrotecnica” e “Automazione”, nelle quali il profilo viene orientato e declinato. In particolare, sempre con riferimento a specifici settori di impiego e nel rispetto delle relative normative tecniche, viene approfondita nell’articolazione “Elettronica” la progettazione, realizzazione e gestione di sistemi e circuiti elettronici; nell’articolazione “Elettrotecnica” la progettazione, realizzazione e gestione di impianti elettrici civili e industriali e, nell’articolazione “Automazione”, la progettazione, realizzazione e gestione di sistemi di controllo. A conclusione del percorso quinquennale, il Diplomato nell’indirizzo “Elettronica ed Elettrotecnica” consegue i risultati di apprendimento descritti nel punto 2.3 dell’Allegato A), di seguito specificati in termini di competenze. 1. Applicare nello studio e nella progettazione di impianti e di apparecchiature elettriche ed elettroniche i procedimenti dell’elettrotecnica e dell’elettronica. 2. Utilizzare la strumentazione di laboratorio e di settore e applicare i metodi di misura per effettuare verifiche, controlli e collaudi. 3. Analizzare tipologie e caratteristiche tecniche delle macchine elettriche e delle apparecchiature elettroniche, con riferimento ai criteri di scelta per la loro utilizzazione e interfacciamento. 4. Gestire progetti. 5. Gestire processi produttivi correlati a funzioni aziendali. 6. Utilizzare linguaggi di programmazione, di diversi livelli, riferiti ad ambiti specifici di applicazione. 7. Analizzare il funzionamento, progettare e implementare sistemi automatici. In relazione alle articolazioni: “Elettronica”, “Elettrotecnica” ed “Automazione”, le competenze di cui sopra sono differentemente sviluppate e opportunamente integrate in coerenza con la peculiarità del percorso di riferimento.

Con riferimento alla competenza da profilo in uscita n. 2, «Utilizzare la strumentazione di laboratorio e di settore e applicare i metodi di misura per effettuare verifiche, controlli e collaudi», i descrittori per l’osservazione delle competenze possono essere costruiti dal Consiglio di classe nel modo seguente: • riconosce gli strumenti propri dell’ambiente di lavoro; • utilizza gli strumenti nel rispetto delle procedure di sicurezza e con la cura necessaria; • utilizza gli strumenti necessari allo svolgimento dei compiti affidati; • prevede momenti di monitoraggio e verifica e utilizza strumenti e metodi adeguati per la rilevazione dei risultati. Ciascuno di questi descrittori può essere osservato dai docenti coinvolti attraverso una semplice scala che evidenzi la qualità della performance e che può, ad esempio, andare da inesperto a esperto, come nella scheda seguente.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Competenza dal profilo in uscita “Utilizzare la strumentazione di laboratorio e di settore e applicare i metodi di misura per effettuare verifiche, controlli e collaudi” • Riconosce gli strumenti propri dell’ambiente di lavoro ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Utilizza gli strumenti nel rispetto delle procedure di sicurezza e con la cura necessaria ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Utilizza gli strumenti necessari allo svolgimento dei compiti affidati ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Prevede momenti di monitoraggio e verifica e utilizza strumenti e metodi adeguati per la rilevazione dei risultati ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto

I licei Nei percorsi liceali l’approccio metodologico dell’alternanza scuola-lavoro assume un carattere orientativo e contribuisce a definire la stessa identità dei licei. Si legge nel Regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei” (D.P.R. 89/2010, art. 2 comma 7): Nell’ambito dei percorsi liceali le istituzioni scolastiche stabiliscono, a partire dal secondo biennio, anche d’intesa rispettivamente con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli istituti tecnici superiori, specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze richieste per l’accesso ai relativi corsi di studio e per l’inserimento nel mondo del lavoro. L’approfondimento può essere realizzato anche nell’ambito dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, nonché attraverso l’attivazione di moduli e di iniziative di studio-lavoro per progetti, di esperienze pratiche e di tirocinio.

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La definizione degli obiettivi di apprendimento non assume, nel riordino dei percorsi liceali, la stessa forma degli istituti tecnici e professionali, ma delinea un quadro di riferimento contenuto nel documento di accomunamento (allegato A) denominato «il profilo culturale, educativo e professionale dei Licei», all’interno del quale sono rintracciabili risultati di apprendimento comuni classificati in cinque aree comuni, a cui si aggiungono quelli specifici di ciascun percorso liceale. A questi orientamenti può essere collegata, in analogia con quanto visto precedentemente, la progettazione didattica che adotta la metodologia dell’alternanza scuola-lavoro.


2. Breve storia dell’alternanza

Liceo classico Il percorso del liceo classico è indirizzato allo studio della civiltà classica e della cultura umanistica. Favorisce una formazione letteraria, storica e filosofica idonea a comprenderne il ruolo nello sviluppo della civiltà e della tradizione occidentali e nel mondo contemporaneo sotto un profilo simbolico, antropologico e di confronto di valori. Favorisce l’acquisizione dei metodi propri degli studi classici e umanistici, all’interno di un quadro culturale che, riservando attenzione anche alle scienze matematiche, fisiche e naturali, consente di cogliere le intersezioni fra i saperi e di elaborare una visione critica della realtà. Guida lo studente ad approfondire e a sviluppare le conoscenze e le abilità e a maturare le competenze a ciò necessarie (art. 5, comma 1).

Gli studenti, a conclusione del percorso di studio, oltre a raggiungere i risultati di apprendimento comuni, dovranno: • aver raggiunto una conoscenza approfondita delle linee di sviluppo della nostra civiltà nei suoi diversi aspetti (linguistico, letterario, artistico, storico, istituzionale, filosofico, scientifico), anche attraverso lo studio diretto di opere, documenti e autori significativi, ed essere in grado di riconoscere il valore della tradizione come possibilità di comprensione critica del presente; • avere acquisito la conoscenza delle lingue classiche necessaria per la comprensione dei testi greci e latini, attraverso lo studio organico delle loro strutture linguistiche (morfosintattiche, lessicali, semantiche) e degli strumenti necessari alla loro analisi stilistica e retorica, anche al fine di raggiungere una più piena padronanza della lingua italiana in relazione al suo sviluppo storico; • aver maturato, tanto nella pratica della traduzione quanto nello studio della filosofia e delle discipline scientifiche, una buona capacità di argomentare, di interpretare testi complessi e di risolvere diverse tipologie di problemi anche distanti dalle discipline specificamente studiate; • saper riflettere criticamente sulle forme del sapere e sulle reciproche relazioni e saper collocare il pensiero scientifico anche all’interno di una dimensione umanistica.

Con riferimento al primo risultato di apprendimento («Aver raggiunto una conoscenza approfondita delle linee di sviluppo della nostra civiltà nei suoi diversi aspetti (linguistico, letterario, artistico, storico, istituzionale, filosofico, scientifico), anche attraverso lo studio diretto di opere, documenti ed autori significativi, ed essere in grado di riconoscere il valore della tradizione come possibilità di comprensione critica del presente»), i descrittori per l’osservazione delle competenze in atto possono essere costruiti, dal Consiglio di classe, nel modo seguente: • individua quali sono le conoscenze relative alle tradizioni e linee di sviluppo della civiltà da utilizzare nei diversi contesti in cui si trova a operare;

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

• applica le conoscenze sulle tradizioni e le linee di sviluppo della civiltà nei suoi diversi aspetti, ai diversi compiti assegnati; • riconosce gli elementi significativi della tradizione, nella loro manifestazione contemporanea; • valorizza gli elementi della tradizione nello sviluppo di proposte, idee e progetti per il futuro. Ciascuno di questi descrittori può essere osservato dai docenti coinvolti attraverso una semplice scala che evidenzi la qualità della performance e che può, ad esempio, andare da inesperto a esperto, come nella scheda seguente. Competenza dal profilo in uscita “Aver raggiunto una conoscenza approfondita delle linee di sviluppo della nostra civiltà nei suoi diversi aspetti (linguistico, letterario, artistico, storico, istituzionale, filosofico, scientifico), anche attraverso lo studio diretto di opere, documenti e autori significativi, ed essere in grado di riconoscere il valore della tradizione come possibilità di comprensione critica del presente” • Individua quali sono le conoscenze relative alle tradizioni e linee di sviluppo della civiltà da utilizzare nei diversi contesti in cui si trova a operare ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Applica le conoscenze sulle tradizioni e le linee di sviluppo della civiltà nei suoi diversi aspetti ai diversi compiti assegnati ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Riconosce gli elementi significativi della tradizione nella loro manifestazione contemporanea ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto • Valorizza gli elementi della tradizione nello sviluppo di proposte, idee e progetti per il futuro ☐ Inesperto  ☐ Principiante   ☐ Avanzato  ☐ Esperto

2.4. La riforma della legge 13 luglio 2015, n. 107 All’avvio dell’a.s. 2015-2016, con le previsioni normative della legge 13 luglio 2015, n. 1071 completata, con riferimento all’alternanza scuola-lavoro, con la pubblicazione della Guida operativa per la scuola nell’ottobre 2015, il modello di riferimento dell’alternanza scuola-lavoro assume una forma definita, centrata su alcuni aspetti rilevanti: 34

1.

Legge 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/ 07/15/15G00122/sg).


2. Breve storia dell’alternanza

• la previsione della durata minima del percorso, differenziata tra istituti tecnici e professionali e licei; • la coprogettazione su base triennale anche in rapporto alle organizzazioni del territorio attraverso il nuovo modello di convenzione relativo all’attivazione di laboratori territoriali per l’occupabilità, di botteghe scuola, di scuola-impresa; • gli obblighi in materia di salute e sicurezza; • i requisiti delle strutture ospitanti; • le funzioni tutoriali; • gli strumenti per la valutazione delle organizzazioni di riferimento; • gli strumenti per la valutazione in sede di scrutinio dei percorsi; • la certificazione degli esiti dell’alternanza scuola-lavoro. Siamo al momento ancora in attesa della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza e dell’istituzione presso le ccia del Registro nazionale delle imprese. Le nuove norme rendono le attività di alternanza non più un’opzione e un’opportunità formativa, ma un obbligo istituzionale. Richiamano la centralità dell’alternanza scuola-lavoro come approccio metodologico ed enfatizzano il rapporto con le organizzazioni del territorio, le imprese ma anche i soggetti pubblici e del terzo settore, all’interno dei quali le esperienze integrano e completano i saperi sviluppati in aula. Le esperienze presso le organizzazioni non sono limitate alle attività tradizionali di stage, ma comprendono altresì visite didattiche, testimonianze, lavori commissionati dalle aziende e realizzati dagli studenti, laboratori di simulazione di impresa ecc. Si sottolinea la progettazione condivisa dei percorsi, quindi la necessità di dare luogo ad azioni organizzative e di ricerca che facilitino il rapporto organico tra scuola e mondo del lavoro. In questo senso la previsione all’interno della scuola di un Comitato tecnico-scientifico facilita l’instaurarsi di un rapporto organico con il territorio, così come la presenza di Poli tecnico-professionali permette una progettazione per filiere produttive e con una logica di rete. La scuola può anche dotarsi di un gruppo dedicato all’alternanza cui possono partecipare soggetti esterni, che hanno competenze non presenti nella scuola, necessarie per affrontare l’esperienza di lavoro. L’orientamento lungo tutto il percorso di istruzione degli studenti aiuta a dare senso alle attività di alternanza, personalizzandone il significato nelle attitudini e negli interessi che lo studente matura, anche attraverso la riflessione sul proprio curriculum vitae che entra in modo definitivo nel lavoro didattico e disciplinare condotto in aula dai docenti. L’attuazione del nuovo approccio richiede un profilo organizzativo della scuola adeguato, integrato con il mondo del lavoro e condiviso con il personale docente.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

La scuola dovrà riflettere/rivedere parimenti alcuni dei processi interni, non ultimo quello valutativo in previsione dell’Esame di Stato, nell’ottica di una certificazione di competenze che presuppone una didattica per competenze e una capacità di osservazione/rilevazione delle performances agite dagli studenti. La norma lo rende possibile prevedendo l’entrata in vigore progressiva che parte dalle classi terze dell’a.s. 2015-2016.

2.5. La via italiana al sistema duale tedesco Tra le novità sull’apprendistato di primo e terzo livello, il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 812 introduce anche in Italia il cosiddetto “sistema duale”, uno degli strumenti attuativi del Jobs Act. Si tratta di un modello formativo di origine tedesca, nato da un programma di cooperazione tra Italia e Germania per l’occupazione dei giovani a seguito del vertice tra le delegazioni italiane e tedesche del 4 luglio 2012. Il sistema duale è da anni oggetto di diverse attenzioni e analisi, e si pone come misura innovativa per promuovere la formazione dei giovani e la transizione dal mondo della scuola a quello del lavoro a partire dalla alternanza scuola-lavoro. Naturalmente questo modello sperimentale richiede una collaborazione sinergica con le amministrazioni regionali, gli enti di formazione e le parti sociali. Il sistema duale, in attuazione ai D.Lgs. n. 81/2015 e 14 settembre 2015, n. 1503, nasce con l’obiettivo di rilanciare il sistema di formazione e istruzione professionale, promuovendo l’apprendistato di primo e terzo livello al fine di ridurre la dispersione scolastica, ampliare l’offerta formativa e, al contempo, rafforzare il collegamento fra mondo scolastico e lavorativo. La sperimentazione del sistema duale, preceduta da uno specifico accordo approvato il 24 settembre 2015 dalla Conferenza Stato-Regioni4, prevede che l’apprendimento si sviluppi per una parte in impresa, tramite un contratto di apprendistato di primo livello, e per l’altra parte attraverso l’introduzione 2. 3. 4.

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D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (http://www.gazzettaufficiale. it/eli/id/2015/06/24/15G00095/sg). D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (http://www. gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/09/23/15G00162/sg). Conferenza Stato-Regioni 24 settembre 2015: Accordo sul progetto sperimentale recante: «Azioni di accompagnamento, sviluppo e rafforzamento del sistema duale nell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale» (Lavoro e Politiche sociali). Accordo, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.


2. Breve storia dell’alternanza

dell’alternanza “rafforzata” di 400 ore annue a partire dal secondo anno del percorso di istruzione e formazione professionale. Secondo la normativa, le imprese che assumeranno in apprendistato formativo e quelle che ospiteranno studenti in alternanza rafforzata beneficeranno, oltre che di minori costi per l’apprendista, anche di incentivi per abbattere i costi derivanti dall’impiego di tutor aziendali. La nuova normativa prevede inoltre per l’apprendistato formativo una serie di agevolazioni fiscali. Quello che nella teoria sembra rappresentare per molti un modello efficace, di fatto è molto distante dal background culturale italiano. Il sistema duale di preparazione al mondo del lavoro in Germania è fortemente strutturato e incardinato nel tessuto economico. Non esiste la concezione di studio fine a se stesso o l’idea di uno studio separato dalla prassi professionale, come invece accade in Italia o in Francia. Nel modello tedesco uno studente fin dall’inizio del suo percorso di istruzione superiore è obbligato a confrontarsi con le dinamiche del lavoro. Lasciando per il momento ai margini le riflessioni critiche sul piano pedagogico ed esistenziale, in questa sede preme porre l’attenzione sulla differenza di contesto. Ricordiamo che la scuola in Germania è materia di politica regionale, non federale. La formula dual è invece federale. Gli studenti delle scuole tedesche accedono al mondo del lavoro attraverso due step. Il primo è il Vocatium, che consiste in momenti dedicati alle visite alle varie aziende per prendere visione del loro funzionamento, della loro organizzazione, delle loro finalità. Questo momento, secondo il modello tedesco, ha un valore informativo-orientativo. L’anno successivo gli studenti accedono al Praktikum, ovvero al tirocinio. La scelta della azienda è legata alle esperienze orientative sviluppate l’anno precedente. Il tirocinio è concordato secondo una logica di rete tra scuola e impresa. È importante evidenziare che la scuola ha la regia dell’intero monitoraggio del percorso, sia attraverso la voce degli studenti, sia attraverso le “incursioni” nei luoghi di lavoro dei docenti. La gestione del Vocatium è vissuta di fatto come alternanza tra esterno e interno, pur senza la pratica. Ogni visita alle aziende prevede momenti di riflessione condivisa e partecipata e di restituzione dell’esperienza. Allo stesso modo i docenti che progettano i percorsi di tirocinio diventano ispettori, recandosi sul posto per osservare che cosa combinano i ragazzi sul campo, mentre i referenti aziendali, a loro volta, si informano attraverso i docenti delle ricadute formative dell’esperienza lavorativa, per capire se gli studenti applicano a scuola il know-how acquisito in azienda. È chiaro che un modello del genere presenta numerose criticità legate anche a una progettazione a monte dell’intervento, in cui, nonostante tutto, la scuola, che mantiene il controllo del processo, affida comunque all’esterno lo sviluppo di competenze.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Si conferma di nuovo la dicotomia tra sistema pubblico e privato, tra scuola e impresa, in cui solo sulla carta la scuola tiene la regia, mentre nella pratica è ancora “vicaria” di un modello aziendalista-funzionalista. La sperimentazione italiana, ancora all’inizio, deve necessariamente confrontarsi con queste criticità sia culturali che di sistema, per poter diventare un’opportunità e non invece l’ennesimo tentativo di portare un’innovazione senza una preparazione reale della professionalità docente in materia di progettazione e valutazione dei processi: condizione, questa, necessaria alla creazione di un sistema di alternanza che funzioni realmente.

Bibliografia Brunello P. et al. (2011), Valutare le competenze nel sistema scolastico, Pensa Multimedia, Lecce. Cuppini P. (a cura di) (2012), Linee guida per l’alternanza scuola lavoro, miur, Ufficio Scolastico Regionale per le Marche – Direzione generale, Roma. European Union (2012), Study on a Comprehensive Overview on Traineeship Arrangements in Member States – Final Synthesis Report, Publications Office of the European Union, Luxembourg (http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=738&langId=it& pubId=6717). Lucisano P., Salerni A., Sposetti P. (2013), Didattica e conoscenza. Riflessioni e proposte sull’apprendere e l’insegnare, Carocci, Roma. oecd (2013), Education at A Glance: oecd Indicators, oecd, Paris, doi: 10.1787/eag2013-en. Vecchiarelli M. (2015), Alternanza scuola-lavoro. Analisi di percorsi curricolari nazionali e transazionali, Edizioni Nuova Cultura, Roma. Visalberghi A. (1973), Educazione e divisione del lavoro: prospettive della formazione tecnica e professionale nelle società tecnologicamente avanzate, La Nuova Italia, Firenze.

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3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità di Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo

Il contesto scolastico, al centro di una trasformazione epocale, necessita ormai sempre più che ai cambiamenti normativi e istituzionali si accompagni una nuova cultura della scuola, da cui scaturiscano soluzioni utili alla gestione di problemi sociali come la dispersione scolastica, i cui numeri sono preoccupanti tanto in Italia quanto in Europa (European Commission, eacea, Eurydice, 2015). L’alternanza scuola-lavoro può, se correttamente intesa, essere utilizzata come opportunità di apprendimento, ma anche come possibilità, per molti giovani, di prevenire i fenomeni di disagio e dispersione scolastica. Essa può di fatto contribuire a ridurre al minimo il profondo divario esistente tra una didattica ideale (quella delle buone prassi della ricerca pedagogica e delle direttive europee, che proclama la centralità del soggetto che apprende) e la didattica attuale, a volte caratterizzata invece da una caduta di progettualità: una didattica costruita allo scopo di adattarsi a un cambiamento sempre più subìto e meno agito e promosso, in cui il docente continua a essere il fulcro di processi di apprendimento accademici, standardizzati, distanti dalle transizioni vitali e professionali degli studenti e dei loro bisogni accrescitivi (Maslow, 1971). La lezione frontale, per oltre un secolo al centro del processo di istruzione, ha contribuito all’affermazione di un modello di conoscenza fondato sulla ripetizione e sulla reiterazione di formule, informazioni, nozioni, procedure (Nigris, Negri, Zuccoli, 2007). In poco o nessun conto sono state tenute tutte quelle competenze che mettono un soggetto in grado di cavarsela in una situazione, di relazionarsi in un ambiente, di risolvere problemi pratici e quotidiani. L’apprendimento rimane a livello teorico, senza relazione con l’esperienza di chi apprende e senza possibilità di comprendere le forme che quelle specifiche conoscenze avrebbero potuto assumere nella vita quotidiana o in un futuro lavoro. Chi non si è adeguato a queste forme e norme, chi ha avuto difficoltà ad apprendere tramite questa impostazione è stato dato per “disperso”. Non ha trovato cioè il suo posto nel sistema di istruzione e se ne è allontanato, più o meno volontariamente.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Sappiamo in realtà che ogni studente ha la sua storia, i suoi bisogni formativi, i suoi saperi, le sue esperienze, e che i processi di insegnamento-apprendimento devono poter valorizzare e promuovere il miglioramento del benessere personale e socioeconomico di una comunità, che è una priorità delle politiche educative europee (cedefop, 2015). Per ripensare profondamente i curricoli e, dunque, la didattica, bisogna innanzitutto riportare il soggetto che apprende al centro delle azioni didattiche, che devono diventare, nella pratica e non solo nella teoria, più riflessive, flessibili, strategiche, di qualità e fortemente orientate non solo al mercato del lavoro, ma anche alla vita. Azioni, queste, che richiedono la ridefinizione della professionalità del docente e un ripensamento della pluralità di approcci presenti nell’ambito degli studi del sé e dell’identità, a testimonianza della multidimensionalità del dispositivo della formazione.

3.1. La dispersione scolastica

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Solitamente si fa coincidere la dispersione scolastica con il fenomeno dell’abbandono precoce degli studi da parte dei cosiddetti drop-out, dimenticando, in prima istanza, di aggiungere i ripetenti (la dispersione è, infatti, definita come la somma di abbandoni e ripetenze). Tuttavia, dovrebbe essere chiaro che il fenomeno della dispersione ha molte dimensioni e sfaccettature, tra le quali spiccano la dissipazione del tempo, dell’intelligenza e delle potenzialità nell’ambito dell’istruzione scolastica. In Italia, la dispersione rappresenta un fenomeno sociale di dimensioni enormi e dalle conseguenze tragiche. La dispersione genera povertà e disuguaglianze a livello nazionale ed europeo (European Commission, eacea, Eurydice, 2015) senza che ancora si sia riusciti a mettere in campo antidoti efficaci. La Strategia di Lisbona e poi la Strategia Europa 2020 hanno posto tra gli obiettivi prioritari per i Paesi membri la riduzione al 10% della quota di early school leavers, ossia di giovani europei che tra i 18 e i 24 anni non hanno conseguito alcun titolo di istruzione e formazione dopo la licenza media. Questi ragazzi rischiano di essere privi di strumenti adeguati per guidare la propria vita e il proprio sviluppo formativo e lavorativo. Inoltre costituiscono un freno per la crescita intelligente, inclusiva e sostenibile dei propri territori. Nel quindicennio compreso tra il 2000 e il 2015 si sono dispiegate, a livello pressoché mondiale, politiche volte a incrementare l’accesso almeno all’istruzione primaria. Gli esiti di tali azioni hanno mostrato come sia possibile ottenere progressi senza precedenti in termini di sviluppo socioeconomico attraverso significative variazioni nei livelli di istruzione. I risultati ottenuti,


3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità

però, non hanno prodotto gli investimenti che si potevano prevedere. L’istruzione è ancora un traguardo da perseguire, non è un dato di fatto o un’acquisizione definitiva. La nuova Agenda di sviluppo sostenibile adottata a settembre 2015 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite prosegue e rafforza il lavoro finora condotto focalizzando il quarto obiettivo di sviluppo sostenibile su: «garantire un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti». È un obiettivo a cui tutti i Paesi devono ora contribuire non solo in ottica globale, ma anche guardando alle carenze dei propri sistemi educativi nazionali e rispondendovi adeguatamente secondo principi di inclusività, equità e qualità dell’educazione lungo l’intero arco della vita di ciascun individuo. D’altronde, la rilevante perdita di capitale umano causata dalla dispersione comporta costi individuali per la persona che si disperde, certo, ma pure costi economici e sociali per lo Stato e per la collettività. L’Italia, pur avendo compiuto alcuni passi avanti negli ultimi anni, si colloca tra i Paesi ancora lontani dal target europeo. Il fenomeno della dispersione scolastica persiste con cifre e percentuali da penultimi della classe rispetto all’Europa. Sono oltre 80 000 i giovani con esperienza di abbandono scolastico precoce: il 18,8% della popolazione fra i 18 e i 24 anni. Nello specifico, secondo i dati istat (2015), emerge come la dispersione scolastica tocchi percentuali, in Italia, del 30% al Sud e del 20% al Nord (tabella 1). Permangono tuttavia dei dubbi sulla modalità di contabilizzare la dispersione. Il fenomeno potrebbe assumere contorni più tragici se, oltre a ripetenze e abbandoni certificati, si prendessero in esame gli abbandoni di fatto, privi di una vera e propria certificazione. La dispersione scolastica presenta, soprattutto negli istituti professionali, i caratteri di un fenomeno drammatico e socialmente costoso che alimenta il bacino dei cosiddetti neet (Not [engaged] in Education, Employment or Training), ossia dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non seguono una formazione e non lavorano (tabella 2). Proprio gli istituti professionali sono stati i primi a sperimentare vari modelli di alternanza scuola-lavoro, i quali hanno rappresentato una possibilità concreta per arginare la piaga della dispersione scolastica, come ha sostenuto Raimondo Murano1, direttore generale per l’Istruzione e formazione tecnica superiore del miur.

1.

Cfr. F. Barbieri, Alleanza stretta tra scuole e imprese, in “Il Sole 24 ore”, 18 aprile 2011 (http://www.ilsole24ore. com/art/norme-e-tributi/2011-04-18/alleanza-stretta-scuole-imprese-063928.shtml?uuid=AaRlBsPD), istat (2010), La crisi più dura della storia recente. L’istat: tegola su industrie e famiglie, in http://www. lastampa.it/redazione/csmSezioni/economia/201005arti coli/55380girata.asp.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Tabella 1 – Studenti dispersi dopo il biennio negli Istituti superiori statali (Elaborazione “Tuttoscuola” su dati MIUR) a.s.

1° anno

2° anno

3° anno

dispersi

%

1995-96

589 533

1996-97

586 231

507 971

1997-98

576 434

513 641

483 343

-106 190

-18,0%

1998-99

562 444

502 486

479 550

-106 681

-18,2%

1999-00

585 496

496 132

473 275

-103 159

-17,9%

2000-01

585 351

512 246

472 170

-90 274

-16,1%

2001-02

593 010

515 201

487 644

-97 852

-16,7%

2002-03

617 309

510 337

481 129

-104 222

-17,8%

2003-04

620 897

535 796

490 100

-102 910

-17,4%

2004-05

613 338

529 226

502 566

-114 743

-18,6%

2005-06

616 645

541 954

507 753

-113 144

-18,2%

2006-07

627 166

543 065

518 696

-94 692

-15,4%

2007-08

618 343

546 523

520 065

-96 580

-15,7%

2008-09

604 995

541 154

523 905

-103 261

-16,5%

2009-10

597 915

533 038

515 714

-102 629

-16,6%

2010-11

598 747

529 690

510 323

-94 672

-15,6%

2011-12

614 302

527 746

507 058

-90 857

-15,5%

546 883

506 027

-92 720

-15,5%

523 436

-90 866

-14,8%

2012-13 2013-14

Tabella 2 – Dispersione al termine degli ultimi cinque quinquenni – Istituti professionali (Elaborazione “Tuttoscuola” su dati MIUR)

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a.s.

1° anno

2005-06 2006-07 2007-08 2008-09 2009-10 2010-11 2011-12 2012-13 2013-14

142 141 145 033 142 641 140 523 140 231

2° anno

... ... ... ... ...

3° anno

... ... ... ... ...

4° anno

... ... ... ... ...

5° anno

79 025 80 584 80 664 82 165 86 812

Dispersione v.a.

%

-63 116 -64 449 -61 977 -58 358 -53 419

-44,4% -44,4% -43,4% -41,5% -38,1%


3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità

3.2. L’alternanza come prevenzione e cura: studenti al centro Come più volte ribadito, alla luce della recente normativa l’alternanza scuolalavoro costituisce una metodologia didattica da praticare all’interno del sistema dell’istruzione per consentire agli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età di realizzare gli studi del secondo ciclo, anche alternando periodi di studio e di lavoro, con finalità di orientamento professionale e di acquisizione di competenze spendibili sul mercato del lavoro. Si tratta di uno strumento che offre agli studenti della scuola secondaria di secondo grado la possibilità di ampliare il processo di insegnamento-apprendimento attraverso l’esperienza concreta in ambienti lavorativi privati, pubblici e del terzo settore. L’obiettivo è arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili nel mondo del lavoro, e parimenti promuovere la conoscenza delle vocazioni personali, degli interessi, degli stili di apprendimento individuali. Il passaggio dal primo al secondo biennio della scuola secondaria di secondo grado è uno dei momenti a più alto rischio di abbandono scolastico. Rafforzare il collegamento tra scuola e mondo del lavoro può rappresentare una strategia per combattere attivamente la dispersione, incrementando ulteriormente le occasioni di incontro degli alunni con realtà formative diverse da quelle scolastiche, nelle quali sia possibile mettere in atto competenze pratico-operative estranee al contesto didattico tradizionale, che possono attivare la curiosità e l’interesse di coloro che, in quel contesto, rischiano di fallire. Uno dei fattori che influenzano la dispersione è, infatti, proprio la mancata corrispondenza tra l’offerta e la domanda di istruzione, cioè tra le caratteristiche e tipologie dei percorsi disponibili, ma soprattutto delle prassi didattiche e valutative, e le esigenze formative, i bisogni educativi dei ragazzi che scelgono di abbandonare gli studi prima di avere conseguito un diploma di istruzione secondaria di secondo grado. Molti studi sulle cause che influiscono sulla dispersione hanno evidenziato il ruolo di fattori interni alla scuola (il modo in cui l’insegnamento e la didattica sono organizzati e sviluppati, le relazioni interpersonali che si instaurano a scuola, gli aspetti legati all’organizzazione e al funzionamento della scuola ecc.) nel determinare l’insorgenza del fenomeno. Da una parte emerge la rilevanza della relazione insegnante-studente (Trinchero, Tordini, 2011), dall’altra il ruolo dell’insuccesso scolastico. Esiste inoltre una forte correlazione tra bocciature e abbandoni (Batini, Giusti, 2015). L’utilizzo di metodologie attive e la possibilità di curriculum diversificati a cui accedere cambiando il percorso anche in itinere sembra, invece, arginare le percentuali di dispersione (Rumberger, Lambs, 2003).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Dalla letteratura emerge in particolare il ruolo fondamentale della percezione di autoefficacia. Gli studenti con migliore percezione delle proprie capacità e maggiore autostima hanno maggiore motivazione allo studio e inferiori probabilità di abbandono (Alivernini, Lucidi, 2011; Batini, 2014). Perché ciò sia possibile, occorre impostare l’intera attività didattica in modo da rinforzare i sentimenti positivi di sé e la fiducia nelle proprie capacità, favorendo quindi atteggiamenti positivi nei confronti dell’apprendimento e stimolando comportamenti di ricerca attiva del lavoro (Nota, Soresi, 2000). È inoltre necessaria una continuità fra teoria e prassi per consentire agli studenti di dare valore alle singole discipline, riscontrandone il bisogno nel mondo occupazionale. Dover risolvere problemi concreti sul posto di lavoro sviluppa nel giovani una motivazione all’apprendere non finalizzata al conseguimento di una valutazione (il voto), ma alla risoluzione di una condizione sfidante. In questo modo si riduce la percentuale delle rinunce selettive ad affrontare specifiche discipline (Zan, Di Martino, 2009). Diverse esperienze internazionali dimostrano come il successo negli studi non sia correlato alla quantità di ore di insegnamento frontale, ma alla ricchezza delle occasioni di apprendimento – anche in contesti non formali e informali – che nel corso della giornata accompagnano le attività formative di aula.

3.3. L’alternanza come ricerca-azione

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L’alternanza scuola-lavoro può essere gestita come ricerca-azione, opportunità interessante per intrecciare teoria e pratica, saperi e vissuti, regole ed esperienza. L’apprendimento in situazione sollecita di fatto il ragazzo a un atteggiamento attivo, riflessivo e ricercatore, all’adozione di nuove strategie in un’ottica di empowerment. L’alternanza moltiplica e amplifica le occasioni di apprendimento, trasformando l’esperienza lavorativa in un valore aggiunto per il gruppo-aula. La ricerca-azione consente allo studente la sperimentazione funzionale all’impostazione di un’azione migliorativa. Gestire l’alternanza come ricerca-azione rappresenta un nuovo modo di concepire la pratica didattica nella logica del lifelong learning. La ricerca-azione consente di fare partecipare gli studenti alla progettazione e al monitoraggio di percorsi di alternanza, diventando occasione di costruzione di percorsi flessibili e orientati al reperimento di soluzioni condivise. Lo studente a scuola e in azienda viene coinvolto in un’interazione alla pari, impegnato su entrambi i fronti a sperimentare pratiche educative che garantiscano lo sviluppo di un progetto comune. Il docente e l’allievo nel pro-


3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità

cesso di sperimentazione apprendono insieme, innescando una pratica ricorsiva (ricerca-azione-ricerca) e di miglioramento continuo delle modalità di apprendimento e della qualità del processo. In questo contesto diventa tanto interessante quanto innovativo l’utilizzo della narrazione prima, dopo e durante una pratica didattica. Sul piano metodologico, favorire la riflessione sull’azione attraverso la rielaborazione dell’esperienza tramite il racconto di essa garantisce l’acquisizione consapevole dell’apprendimento, in un’ottica di miglioramento continuo di qualità (Deming, 1982). Forte di un concetto di sé come soggetto responsabile della sua decisione, lo studente deve poter instaurare un dialogo attivo e costruttivo sin dalla fase iniziale del percorso formativo, strutturando una relazione tra istituzione scolastica e impresa secondo una logica che promuove la narrazione come momento di collegamento fra teoria-prassi-teoria. La narrazione favorisce il coinvolgimento e l’attenzione, divenendo un dispositivo importante non solo per costruire e comunicare saperi e conoscenze, ma anche per sostenere un apprendimento significativo e situato. L’alternanza, grazie alla metodologia della ricerca-azione, diventa di fatto uno strumento di valorizzazione del soggetto e delle sue esperienze, e pone lo studente concretamente al centro del processo formativo, dunque apprenditivo. Essa colloca l’allievo nella prospettiva di un processo di continuità/ discontinuità/continuità rispetto alla sua esperienza, e allo stesso tempo dà qualità ed efficacia all’azione didattica del docente, il quale diventa osservatore/ascoltatore partecipativo e comunicativo, in grado di co-progettare con lo studente il viaggio di empowerment di entrambi. Nello sviluppo delle pratiche di alternanza, le metodologie attive si intrecciano con le traiettorie delle trame esistenziali dei ragazzi, innescando un meccanismo di trasformazione non solo dei contesti ma anche dei soggetti stessi.

3.4. La retroazione sulla didattica e sulla valutazione L’alternanza scuola-lavoro, se correttamente progettata, comporta una retroazione importante nella didattica: il superamento della lezione frontale e il passaggio da pratiche didattiche nelle quali l’attore principale è l’insegnante ad altre pratiche nelle quali gli attori sono i ragazzi. Il docente diventa regista e sceneggiatore del processo apprenditivo, in cui però non esercita più il ruolo di protagonista. Egli diventa a sua volta ricercatore (Schön, 1993): non più depositario di un sapere dato, snodo nella trasmissione di informazioni, ma professionista riflessivo, che apprende nel corso

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

del proprio lavoro, che si impegna utilizzando ciò che sa, ciò che ha appreso nel suo percorso formativo e successivamente, per impostare nuove ricerche, fatte insieme con gli alunni, anche attraverso esperienze connotate come student voice (Cook-Sather, 2014). Si tratta, in estrema sintesi, di cambiare il modello di insegnamento-apprendimento, non solo in teoria ma anche nella pratica, da uno di tipo individualistico-competitivo a un altro di tipo collaborativo-democratico (Dewey, 1916). In questo nuovo quadro di riferimento, il momento della valutazione perde la finalità prevalentemente sommativa e di selezione, e assume un valore formativo. D’altronde, lasciare un modello “premio-punizione” a favore di uno centrato sul feedback di sviluppo, più adeguato al dialogo con contesti plurali, produce vantaggi circa i risultati di apprendimento e l’affezione all’apprendimento medesimo. Tra le cause fondamentali della disaffezione scolastica possiamo infatti annoverare senza dubbio insuccessi e le bocciature. L’idea che gli studenti debbano necessariamente raggiungere determinati standard di apprendimento (o set di conoscenze) in una serie di discipline per essere ammessi all’anno successivo è un modello pedagogico e valutativo spesso avvertito come l’unico possibile; eppure sono presenti e possibili anche modelli nei quali gli apprendimenti conseguiti vengono evidenziati senza che lo studente corra il rischio di interrompere il proprio percorso per non averne conseguiti alcuni. Il più recente dibattito nei campi della psicologia dell’educazione, delle scienze cognitive e delle neuroscienze riconosce e valorizza la multiformità delle intelligenze. Da questo dibattito si comprende come i classici metodi di accertamento degli apprendimenti siano in grado di verificare, peraltro parzialmente, solo alcune di queste forme di intelligenza nel sistema di istruzione. L’alternanza può rappresentare un valido strumento per consentire a forme differenti di intelligenza di trovare cittadinanza, di manifestarsi e di mostrare le molteplici capacità in azione.

3.5. L’alternanza per attivare Affinché l’insegnamento, grazie anche alle nuove pratiche di alternanza, divenga capace di attivare le potenzialità degli alunni, deve essere attribuito un ruolo fondamentale all’esperienza, che diventa il primo e più importante libro di testo (Freinet, 1969; Lodi, 1974)2.

46

2.

Mario Lodi, che nel suo libro Insieme ha documentato quotidianamente il lavoro raccolto dai propri alunni, rappresenta un esempio di superamento della didattica frontale e fornisce un modello di insegnante che diventa ricercatore insieme ai propri alunni.


3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità

Tra sistema educativo e struttura sociale esiste uno stretto rapporto di interdipendenze, in quanto il sistema educativo dovrebbe recepire i mutamenti della struttura sociale ed evolversi verso un’innovazione dinamica (Musgrave, 1969). D’altra parte, le esigenze dell’uomo si realizzano in un contesto sociale, in cui egli stesso opera; di questo contesto concreto fa parte integrante il mondo del lavoro e dell’economia, che il sistema di istruzione, in quanto inserito in contesti di realtà e volto a preparare i soggetti a esercitarvi un ruolo, non può non considerare. Ne deriva una connessione triplice tra formazione, ricerca e lavoro, che deve essere tenuta in considerazione nel percorso che conduce dalla progettazione alla valutazione, e viceversa. L’alternanza scuola-lavoro, perché possa diventare un’esperienza significativa in ambito apprenditivo e personale, deve pertanto connotarsi di una forte dimensione innovativa dal punto di vista progettuale, in modo da tenere insieme queste esigenze contemporaneamente: apprendere, comprendere, esperire. La progettazione deve interagire con il territorio; i percorsi di formazione devono cogliere la specificità del contesto territoriale connesso all’indirizzo di istruzione, ma rispondere anche ai bisogni formativi dei ragazzi. La costruzione di una logica di rete passa attraverso processi di integrazione tra il sistema di istruzione, il mondo del lavoro e quello del volontariato, ma vanno ascoltate e prese in considerazione anche le voci dei ragazzi. La progettazione dell’alternanza allora dovrà dedicare un’adeguata attenzione al rafforzamento delle competenze di base, allo sviluppo di competenze per l’occupabilità, allo sviluppo di competenze per l’autoimprenditorialità e di life skill. Sarà opportuno favorire lo sviluppo di autonomia, consapevolezza di sé e delle proprie possibilità, responsabilità verso sé, verso gli altri e verso l’ambiente, al fine di agevolare la transizione verso l’età adulta. Il canale di alternanza scuola-lavoro non è la soluzione, ma certamente può essere una delle tante azioni sinergiche che la scuola deve mettere in campo per e con i ragazzi. Alternare la fase di studio a quella di lavoro, rendendo meno dissimili i due mondi, potrebbe inoltre agevolare un recupero dalla condizione di forte ritardo di entrata nel mondo del lavoro che caratterizza gli studenti italiani rispetto alla media europea. Secondo l’indagine longitudinale diffusa (2014), rispetto ai coetanei europei gli italiani incominciano a lavorare con un ritardo medio di 4/5 anni. Questo si riflette sul senso di autoefficacia dei ragazzi, sempre meno autonomi e indipendenti. Il sistema scuola è chiamato a confrontarsi non solo con la realtà del mondo del lavoro, ma anche con la realtà occupazionale e sociale del territorio, che diventa risorsa sia per la scuola sia per l’intera società.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Finché non si realizzerà un dialogo aperto e concreto tra scuola e territorio non si potrà parlare di apprendimenti lungo tutto l’arco della vita. L’interrelazione si assume come condizione essenziale per uno sviluppo del capitale umano, per una competitività economica equilibrata, per lo sviluppo di tutti i diritti di cittadinanza e per la coesione sociale.

3.6. L’alternanza per valorizzare i percorsi di istruzione Nello scenario del proprio percorso di istruzione, l’alternanza scuola-lavoro si carica agli occhi dello studente di un grande valore motivazionale e formativo, che non deve essere disatteso. L’esperienza è una promessa. In quel contesto sarà possibile non soltanto sperimentare in situazione ciò che si è appreso in classe, ma sarà facilitata la comprensione delle dinamiche del mondo del lavoro e quelle interne alle organizzazioni. Ruoli e procedure, organizzazione del lavoro, contesti e situazioni problematiche potranno fornire un contributo ai percorsi personali di decisionalità, di crescita, di agentività. La destrutturazione dei tempi e dei luoghi dell’apprendimento, la flessibilità e la personalizzazione dei percorsi formativi, la presenza di adulti significativi di riferimento, esterni alla scuola, sono elementi chiave che possono restituire, ai giovani cosiddetti “galleggianti”, motivazione e progettualità, prevenendo i fenomeni di dispersione. L’alternanza scuola-lavoro può incidere positivamente sui fattori a livello individuale correlati alla dispersione scolastica (Dalton, Glennie, Ingels, 2009). L’esperienza di lavoro, se ben progettata e integrata nel curricolo, agisce sulla motivazione dei ragazzi e va dunque a ridurre gli episodi di rifiuto e resistenza alla scuola, di disimpegno, di percezione di inadeguatezza, di insuccesso. L’alternanza ha acquistato un forte valore sociale in un’ottica di occupabilità giovanile, ricevendo la “consacrazione” come uno degli strumenti del Jobs Act3. Agli occhi di un ragazzo che proviene da contesti famigliari svantaggiati (Lundetrae, 2011), si traduce come la possibilità concreta di vedere la scuola come portatrice di opportunità di lavoro, di riscatto4.

3.

48

4.

Cfr. D.L. 20 marzo 2014, n. 34, Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/3/20/14G00046/sg); legge 10 dicembre 2014, n. 183, Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro (http://www.gazzettaufficiale.it/ atto/vediMenuHTML?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-12-15&atto.codiceRedazionale=14G00196 &tipoSerie=serie_generale&tipoVigenza=originario). I gruppi di ragazzi svantaggiati economicamente sono più a rischio di abbandono scolastico anche


3. Altralternanza: strumento per ridurre/prevenire la dispersione e favorire la progettualità

È pur vero che a volte le ragioni dell’abbandono degli studi possono essere legate, come è accaduto in tempi relativamente recenti soprattutto nel NordEst dell’Italia, proprio alla facilità di accesso al lavoro (istat, 2015a). Ma è vero anche, soprattutto nelle zone periferiche o di maggiore emergenza sociale, che il lavoro che attrae i minori non è soltanto quello facile che non chiede competenze o specializzazioni, ma altresì quello in nero o illegale. L’alternanza comporta pertanto un alto senso di responsabilità in cui anche le dimensioni etiche del lavoro e delle sue forme e modalità concrete devono trovare spazio. Rendere più attrattiva l’offerta di istruzione e rendere prevalenti le ragioni per continuare a formarsi rispetto a quelle che spingono molti giovani ad abbandonare o interrompere gli studi deve diventare l’obiettivo principale dei docenti nel co-progettare con le imprese e il territorio. Va combattuta, in particolare, la convinzione, più diffusa nei territori dove la crisi economica e quella socioculturale si sommano, che la scuola non serva, che sia una perdita di tempo e che non apra prospettive di vita o di occupazione. La progettazione di un percorso di alternanza deve essere in grado di abbattere fattori limitanti come quelli legati a mobilità territoriale, instabilità residenziale, ritardo scolastico per problemi linguistici, ma anche impattare sull’atteggiamento della scuola e degli insegnanti (oecd, 2006; Canino, 2010). Gli studenti migranti hanno probabilità maggiore degli autoctoni di incorrere nella dispersione e, specificatamente, di abbandonare il percorso di istruzione anzitempo (oecd, 2015); l’alternanza può rappresentare uno strumento per ridurre questa incidenza: una sfida di civiltà della scuola e per la comunità. Può costituire una pista da perseguire, a patto che non prendano il sopravvento la logica e gli obiettivi dell’azienda, dimenticando il contesto di istruzione nel quale sono inseriti i soggetti. Per evitare il rischio di orientare l’agire formativo esclusivamente verso la direzione del modello funzionalista, in cui la scuola è a servizio del modello aziendale, è necessario consolidare tra i docenti l’approccio cooperativo, quella pedagogia del “noi”, che ricorda la lezione di Dewey (1916), della scuola come comunità di persone che collaborano e crescono insieme (Baldacci et al., 2016). Gli apprendimenti, nel doppio contesto dell’alternanza, sono possibili grazie alla relazione che si istituisce con gli altri, grazie al dialogo tra la propria storia e la storia degli altri, grazie alla relazione tra ciò che so fare e ciò che potrei saper fare. Il processo formativo è relazione, un’operazione co-partecipata di modifica che il soggetto con gli altri compie su se stesso per riprogettarsi.

per le pressioni (esplicite o implicite) che ricevono per diventare il prima possibile indipendenti economicamente, o comunque per alleviare le spese della famiglia di origine (Bradley, Renzulli, 2011).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Bibliografia

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4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro di Federico Batini

Afferma Maria Luisa Pombeni (2007, p. 15) che La centralità del ruolo strategico attribuito all’orientamento nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo non è da mettere in discussione. Il ruolo strategico dell’orientamento viene collegato al fenomeno dell’insuccesso e della dispersione mettendone in risalto le due facce del problema: da un lato, le ricadute patologiche sul funzionamento del sistema scolastico stesso e le conseguenze sul sistema economico-produttivo e, dall’altro, gli effetti problematici sull’evoluzione delle storie individuali (formative, lavorative, sociali).

L’esperienza di alternanza, ove correttamente intesa, potrebbe rivestire indubbiamente una funzione orientativa, ma è altrettanto vero che per funzionare correttamente essa ha bisogno delle competenze, delle metodologie e degli strumenti che sono propri dell’orientamento inteso come specifico settore di studi. In che senso l’alternanza può avere un valore orientativo? In un percorso di alternanza una persona si trova a compiere una serie di azioni e a mettere in moto differenti processi cognitivi: collocarsi in un contesto, relazionarsi con un’organizzazione, imparare a distinguere tra ruoli e persone, organizzare il proprio tempo, rispettare i tempi, collaborare, essere responsabile di piccoli processi, comprendere regole esplicite e implicite di un contesto di lavoro, perseguire degli obiettivi, fare piccole scelte con conseguenze reali ecc. In che senso l’alternanza ha bisogno dell’orientamento? L’esperienza di alternanza richiede delle competenze che afferiscono alla sfera delle competenze orientative: saper osservare e leggere un contesto, saper collocare le proprie competenze all’interno di un’esperienza specifica, saper collegare direttamente le esperienze in aula e quelle in organizzazione e percepirle come continuum, saper costruire un progetto professionale su di sé a partire dalle proprie caratteristiche osservate in situazione, saper porre domande adeguate in contesti organizzativi ecc.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

4.1. La normativa e l’orientamento La normativa sull’alternanza scuola-lavoro evidenzia a più riprese il legame profondo tra scuola e orientamento. Già il D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77, Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53, prevede tra le finalità dell’alternanza il «favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali» (art. 2). Con il D.Lgs. 12 settembre 2013, n. 104, Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, si ribadisce l’importanza degli interventi di orientamento. Le attività di orientamento devono fare parte del piano dell’offerta formativa di ciascuna scuola e si prevede a questo scopo uno stanziamento di fondi specificatamente dedicati (art. 8). L’orientamento pertanto rappresenta il fulcro sul quale costruire percorsi innovativi e soprattutto efficaci. La legge 8 novembre 2013, n. 128, che converte il decreto 104/20131 in materia di alternanza scuola-lavoro, allo scopo di facilitare la conoscenza delle opportunità e degli sbocchi professionali dispone il potenziamento dei percorsi di orientamento nella scuola secondaria, individuando l’orientamento come potente antidoto alla dispersione scolastica e specificando la funzione dell’orientamento rispetto all’alternanza. L’orientamento ha dunque la finalità di: «far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di formazione in azienda, agli studenti della scuola secondaria superiore, con particolare riferimento ad Istituti Tecnici e Professionali, organizzati dai Poli Tecnico Professionali». La legge prevede dunque delle specifiche azioni che dovrebbero consentire agli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado di avvicinarsi al mondo del lavoro: giornate di formazione in azienda e periodi di formazione on-the-job. Per gli insegnanti, la legge dispone attività formative e di aggiornamento obbligatorie sul tema dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, da svolgersi eventualmente presso le imprese stesse. In questo modo si rischia di veicolare un pericoloso equivoco circa la “regia” del modello stesso di alternanza, che sembra così fare passare, di fatto, le redini all’impresa. Perché non si è pensato al contrario? Perché non sono le imprese aderenti a formarsi su come si favorisce il raggiungimento di obiettivi di apprendimento attraverso l’esperienza sul campo? La legge 13 luglio 2015, n. 107 individua nell’orientamento uno degli obiet-

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1.

La legge è stata pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale”, n. 264, dell’11 novembre 2013 (http://www. gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/11/11/13G00172/sg).


4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro

tivi prioritari. Essa, inoltre, rifacendosi al D.Lgs. 77/2005, affida esplicitamente ai percorsi di alternanza scuola-lavoro il compito di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti: Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio. Le disposizioni del primo periodo si applicano a partire dalle classi terze attivate nell’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. I percorsi di alternanza sono inseriti nei piani triennali dell’offerta formativa (comma 33).

La normativa non presenta alcun riferimento a percorsi specifici di orientamento interni all’alternanza scuola-lavoro. L’orientamento è indicato ora come una finalità dell’alternanza, ora come una modalità integrativa all’alternanza. Alcune ricerche sul tema (Pozzi, Pocaterra, 2007) hanno evidenziato come l’esperienza lavorativa, seppure condotta attraverso un tirocinio o uno stage, assuma la duplice funzione di confermare allo studente la sostenibilità della propria scelta di scuola, nonché di supportare lo sviluppo degli interessi per la scelta professionale futura. Gli studenti che hanno partecipato alla ricerca attribuiscono di fatto ai percorsi di alternanza scuola-lavoro una forte valenza orientativa (Vecchiarelli, 2015).

4.2.  Ancora sull’orientamento (a scuola) La letteratura scientifica dimostra che esiste uno stretto legame tra orientamento e lavoro (Brocca, 2013), ma anche che l’orientamento non può e non deve essere inteso come un momento iniziale o finale di un percorso o di un’esperienza lavorativa. L’orientamento è un processo continuo di miglioramento del benessere individuale che si esplica in una maggiore consapevolezza delle proprie scelte, possibilità, decisioni e responsabilità (Batini, Giusti, 2008; Batini, 2015). Per l’isfol (Di Battista, Landi, Palomba, 2012), l’orientamento deve avere carattere formativo e deve essere concepito come un percorso di produzione di conoscenza su se stessi e sul contesto di riferimento. Occorre dunque superare l’idea che l’orientamento consista nel fornire informazioni e proporre agli alunni un accompagnamento attraverso esperienze in grado di stimolare la riflessione su di sé e sul proprio progetto di vita professionale. Ciò è fattibile

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

solo se si oltrepassa la visione di un orientamento “a tempo”, scandito in precisi momenti della vita scolastica, a favore di un orientamento lifelong e lifewide. Se la concezione classica “novecentesca” dell’orientamento era legata all’idea che esso fosse un dispositivo di supporto ai momenti di scelta socialmente definiti (Batini, 2015), oggi sappiamo che l’orientamento formativo assume come obiettivo quello di sviluppare le competenze che servono ad autoorientarsi e ad assumere il controllo della propria vita e delle proprie scelte nelle diverse fasi della vita (Batini, 2011; 2015). A oggi, durante l’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado gli istituti sono tenuti a mettere in atto iniziative dirette a orientare i giovani nella scelta del percorso scolastico successivo. In seguito, nel corso della scuola secondaria secondo grado, in particolar modo durante gli ultimi due anni, gli istituti devono organizzare attività di preparazione alla scelta da effettuare al termine degli studi. Si tratta di azioni a carattere informativo (sui corsi universitari, sui corsi di formazione professionale post diploma e sul mercato del lavoro, sulle caratteristiche dei settori produttivi e sulle figure professionali ecc.) o formativo (didattica orientativa, laboratori per lo sviluppo di competenze, laboratori di bilancio, gruppi di orientamento narrativo ecc.). L’orientamento è entrato a fare parte dunque dell’attività istituzionale di tutti gli istituti scolastici ed è parte integrante dei curriculum di studio, oltre che dell’intero processo educativo e formativo. Nel suo Rapporto Orientamento presentato nel 20122, l’isfol rileva come la grandissima parte delle attività di orientamento sia svolta all’interno delle scuole e consista prevalentemente in didattica orientativa, colloqui di gruppo, azione informativa e colloqui individuali di orientamento. Attività esterne sono organizzate in prevalenza dagli istituti di istruzione secondaria di secondo grado: partecipazione a giornate dedicate all’incontro con le aziende (job meeting), saloni, career days, “giornate aperte”. Il Rapporto evidenzia come, sebbene la cultura dell’orientamento sia entrata a fare parte del sistema dell’istruzione, il servizio di orientamento nelle istituzioni scolastiche non abbia ancora carattere sistemico bensì occasionale, a causa soprattutto della scarsità di risorse, sia economiche che umane. Risulta altresì poco diffuso il lavoro in rete con altri servizi del territorio, in particolare Servizi per l’impiego e Informagiovani, così come tutte le iniziative di orientamento in rapporto con l’esterno, nonché l’attività di valutazione delle azioni di orientamento, limitata a un terzo delle scuole. Nonostante i ritardi e le difficoltà, sappiamo che l’orientamento fornisce 56

2. Il Rapporto è stato realizzato su dati dell’anno 2011, raccolti su un campione di 3274 scuole.


4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro

strumenti per le successive scelte e sembra facilitare una maggiore predisposizione successiva a interagire con l’ambiente di lavoro. Inoltre, la possibilità di intensificare le attività di orientamento contribuisce alla promozione e alla messa in evidenza delle vocazioni personali, degli interessi e degli stili di apprendimento alla base di un atteggiamento propositivo (Morselli, Costa, 2014).

4.3. L’alternanza e le competenze L’alternanza scuola-lavoro rappresenta per uno studente un’occasione per apprendere dall’esperienza, ma anche per potenziare la capacità di interpretare le informazioni e di riaggregarle in schemi comportamentali personali (Ribolzi, 2000, p. 73), da mettere a frutto in un’ottica decisionale. Il nucleo fondamentale dell’area “competenziale” nel contesto lavorativo non è rappresentato tanto (o soltanto) dalle competenze tecnico-professionali, quanto dalla qualità del processo interattivo che il soggetto stabilisce con le imprese, con le istituzioni e con le reti sociali nelle quali esso stesso è coinvolto (Bodega in De Carlo, 2011). Ne deriva che una persona non è occupabile in assoluto, ma lo è in rapporto al contesto nel quale è inserita, al suo stato del momento e alla rete relazionale che si è costruita. L’occupabilità di un soggetto viene definita attraverso la capacità di reperire e conservare un lavoro, migliorare la propria posizione o modificarla. Per dirla in breve, nell’interazione soggetto-mondo, l’astrazione reale (astrazione che cessa di essere tale nel momento in cui le competenze «soft» vengono espresse in una performance in situazione reale) delle competenze invisibili esprime tutta la sua materiale operatività di “misuratore” del livello di occupabilità di una persona. Si tratta pertanto di educare il ragazzo a orientarsi all’agency personale, con l’obiettivo del controllo autonomo. Ciascun soggetto deve diventare capace di modificare, ripensare e riqualificare il proprio talento a partire dalla propria libertà di azione e di scelta. Occorre pensare a promuovere, contestualmente all’alternanza, percorsi di sviluppo dello spirito di iniziativa, di atteggiamento proattivo, di pensiero creativo, di auto imprenditorialità, che rappresentano il fulcro di quelle competenze intangibili di tipo strategico (Loiodice, 2012), che attivano nello studente una agency capacitante oltre il valore delle singole competenze acquisite (Morselli, Costa, 2014). Lo snodo significativo del ruolo dell’orientamento all’interno dell’alternanza scuola-lavoro come processo trasversale di formazione partecipata, dunque, risiede nella possibilità di aiutare lo studente a leggere meglio i contesti in cui vive e opera e a renderli «capacitanti e possibilitanti» per sé e per gli altri (Alberici, 2008, p. 21).

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

In tale ottica solo e soltanto il soggetto diventa misura di cambiamento e change management, grazie alla sua competenza in termini di processi di sensemaking, alle conoscenze, agli apprendimenti, alle esperienze, alle relazioni, ai vissuti e alle emozioni. Questa constatazione rende necessario promuovere nei soggetti percorsi che sostengano la crescita dei soggetti medesimi (autonomia e responsabilità sono le parole chiave) attraverso il riconoscimento e la conseguente valorizzazione di quelle risorse invisibili, ma centrali (Itami, 1988; Maroino, 1990), strategicamente rilevanti in un contesto che punta a una crescita qualitativa e creativa, e che pertanto deve porre al centro il «fattore uomo» (De Carlo, 2011). Se l’alternanza diventa una combinazione senza soluzione di continuità di apprendimento scolastico e di apprendimento esperienziale in situazione, all’interno dei luoghi di lavoro, allora anche le azioni sul piano didattico devono essere progettate in modo sinergico e cooperativo in collaborazione col mondo dell’impresa, lasciando il timone saldamente in mano all’istituzione scolastica.

4.4. La progettazione dell’orientamento per l’alternanza Al fine di agevolare le scuole nella progettazione curricolare delle iniziative di alternanza dirette a facilitare la transizione scuola-lavoro, il ministero dell’Istruzione ha avviato nel marzo 2013 una consultazione pubblica rivolta agli operatori scolastici. Nel documento Costruire insieme l’alternanza scuola-lavoro3 sono affrontati alcuni dei temi più importanti che riguardano l’implementazione di percorsi in alternanza: ambiti di riferimento, alleanze territoriali, progettazione condivisa, struttura organizzativa, realizzazione, valutazione degli apprendimenti, certificazione, valutazione del progetto, risorse finanziarie. In particolare, la proposta vede nell’alternanza il punto di partenza per lo sviluppo di reti territoriali tra istituzioni scolastiche e formative, imprese e altri soggetti del mondo economico e del terzo settore, la cui creazione è auspicata anche dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici (Riforma Fornero). Le reti territoriali sono formalizzate attraverso accordi di diversa tipologia che riguardano un numero variabile di soggetti, e che possono condurre a forme di partenariato stabili, di durata pluriennale. Per la costituzione di partenariati scuola-impresa si può inoltre fare riferimento alle reti territoriali per

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3. Cfr. http://www.indire.it/scuolavoro/consultazione/wp-content/uploads/2013/03 COSTRUIRE-INSIEME-LALTERNANZA-22_03.pdf.


4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro

l’apprendimento permanente, previste dall’Intesa sulle politiche per l’apprendimento permanente del dicembre 2012. Interessante diventa lo sviluppo di un modello organizzativo a tripla elica Scuola-Impresa-Territorio, che possa prevedere al suo interno pratiche di orientamento progettate dai soggetti coinvolti, cioè studenti-imprenditori/ esperti/operatori territoriali, e che risponda agli obiettivi di apprendimento trasversali definiti dal sistema di istruzione. Questo modello consentirebbe agli studenti di partecipare alla costruzione del proprio percorso professionale mobilitando attitudini, conoscenze e abilità utili allo sviluppo della propria professionalità e progettualità, secondo un’ottica student voice (Cook-Sather, 2014). L’intento è quello di instaurare un legame forte tra competenza e biografia (con retroazioni reciproche), che al di là delle contrapposizioni metodologiche dei diversi modelli di competenza possa sviluppare nello studente una capacità di progettualità di sé credibile e sostenibile nel tempo. Una mappatura dei bisogni e delle motivazioni attraverso approcci di orientamento narrativo può rappresentare una risorsa preziosa per individuare quella dimensione invisibile, profonda e necessaria, sia per una progettualità politico-economica in termini di organizzazione, analisi e sistemazione logistica, costi e tempi e produttività, sia per una progettualità personale in termini di qualità e responsabilità degli schemi di comportamento e delle metodologie di autoapprendimento, di benessere sociale e della vita. Diventa indispensabile offrire agli allievi le coordinate per tracciare il percorso in cui si realizzi una transazione tra il sé, in cui poter da un lato riconoscere le attitudini, i talenti, le capacità e gli interessi, dall’altro confrontarsi con le modalità di sostegno alla realizzazione della persona, consolidare la sua identità, sviluppare le competenze e promuovere un progetto professionale e di vita all’interno di un luogo di lavoro. L’orientamento, infatti, migliora l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro non solo attraverso la sua azione di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, ma anche attraverso il potenziamento dell’incontro tra domanda e offerta di competenze, favorendo il successo formativo e l’occupabilità. Progettare all’interno dei percorsi di alternanza scuola-lavoro azioni pensate e condivise di orientamento, significa prendere in carico con responsabilità il futuro personale e professionale dello studente, facendolo diventare parte attiva e corresponsabile del percorso non solo a scuola (dove deve esercitare decisionalità e autonomia in un contesto protetto), ma anche nel territorio e nel mondo del lavoro. Al centro resta sempre l’allievo, protagonista delle sue scelte e del suo percorso educativo e formativo.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

4.5.  Il sistema di orientamento

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A livello di governance, la gestione dei servizi di orientamento nell’ambito dei servizi per il lavoro risulta ancora disomogenea sotto il profilo della normativa e della prestazione dei servizi, per cui si rende necessaria una politica nazionale di orientamento che ponga fine alla frammentarietà di azioni, pratiche, servizi e figure professionali. I recenti interventi in materia di orientamento, in linea con le disposizioni comunitarie sull’orientamento permanente, hanno messo in luce l’importanza di approcci di sistema, in particolare in termini di potenziamento dei servizi e di incremento della qualità delle prestazioni offerte e di maggiore coordinamento e integrazione fra i sistemi e i soggetti dell’istruzione/formazione e del mercato del lavoro. In questa direzione vanno le Linee guida nazionali sull’orientamento approvate in Conferenza unificata Stato, Regioni, Enti Locali nella seduta del 5 dicembre 2013, che rappresentano un passo importante nel processo di definizione, attualmente in corso, del Sistema nazionale di orientamento permanente nel campo dell’educazione, della formazione professionale e dell’occupazione. Le Linee guida costituiscono un valido punto di partenza nella costruzione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, che devono necessariamente prevedere azioni di orientamento non solo ex ante ed ex post, ma anche in itinere. I punti principali che ci interessano sono: • il diritto all’orientamento lungo tutto l’arco della vita, riconosciuto a ogni cittadino, da assicurare tramite specifiche politiche dirette a favorire l’occupabilità, l’inclusione sociale del singolo e quindi lo sviluppo economico; • la necessità di sviluppare le politiche di orientamento in modo integrato da Stato, Regioni ed Enti locali nell’ambito di un ampio quadro di interventi riguardanti l’istruzione, la formazione di giovani e adulti, il lavoro e l’inclusione sociale. Le funzioni principali riconosciute all’orientamento, nella prospettiva delle Linee guida, possono diventare le finalità di un progetto di alternanza scuola-lavoro: a) educare (funzione educativa): favorire, fin dalla scuola primaria, lo sviluppo di capacità orientative che consentano a ogni individuo di gestire in maniera autonoma il proprio auto-orientamento; b) informare (funzione informativa): potenziare le capacità dei singoli di selezionare e valutare le informazioni a disposizione ed, eventualmente, di cercarne altre;


4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro

c) accompagnare (funzione di accompagnamento): supportare lo sviluppo di competenze decisionali e di controllo attivo, aiutare la persona in momenti di transizione, con il fine di contrastare il rischio di insuccessi; d) orientare (funzione di consulenza orientativa): sostenere le capacità di costruzione di progetti personali di carattere formativo e lavorativo; e) mettere a sistema (funzione di sistema): supportare le azioni di orientamento, per assicurarne la qualità e l’efficacia in tutti i contesti locali (assistenza tecnica, formazione operatori, promozione della qualità, ricerca e sviluppo). Allo stesso modo le azioni relative alla governance multilivello possono essere tradotte in macro fasi operative per l’implementazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro: 1) il coordinamento delle risorse e degli interventi a vari livelli territoriali, al fine di superare la frammentarietà degli interventi; 2) il sostegno allo sviluppo di reti locali, regionali e nazionali dirette all’orientamento; 3) la condivisione e lo sviluppo di strumenti e tecnologie per la creazione di una rete unitaria di informazione e supporto all’offerta di istruzione, formazione e lavoro; 4) la predisposizione di un sistema di monitoraggio e valutazione delle politiche di orientamento; 5) l’accreditamento dei servizi di orientamento alla persona e delle competenze degli operatori; 6) la promozione di un’offerta integrata di orientamento attraverso reti territoriali da parte dei vari sistemi (scolastico, formativo, universitario, del lavoro e delle politiche sociali); 7) il sostegno allo sviluppo di un processo continuo di innovazione di strumenti e metodologie d’intervento condivise. Le stesse Linee guida individuano al loro interno gli obiettivi specifici che sono i medesimi di un intervento di alternanza scuola-lavoro: • il contrasto al disagio formativo, attraverso la riduzione della dispersione e dell’abbandono scolastico; • il sostegno a una maggiore occupabilità di giovani e adulti, anche attraverso il miglioramento della qualità delle azioni di orientamento in capo ai servizi pubblici per il lavoro; • la promozione dell’inclusione sociale tramite una maggiore partecipazione delle famiglie alle scelte formative e professionali dei giovani. Nell’ambito del sistema scolastico, nel febbraio 2014 il miur ha diffuso le Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, sviluppate in coerenza con le Linee guida nazionali sull’orientamento, concertate a livello interistituzionale

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

e con il Piano nazionale di garanzia per i giovani4, oltre che nel contesto della Strategia Europa 2020. Queste Linee guida, che sostituiscono quelle del 2009, ribadiscono il valore dell’orientamento non solo in relazione alla transizione scuola/formazione e lavoro, ma anche nell’ottica di uno sviluppo permanente della persona, necessario al fine di potersi adattare a contesti in continua evoluzione. Per quanto riguarda in particolare l’orientamento scolastico, il documento evidenzia il ruolo giocato dal sistema, attraverso le azioni di “didattica orientativa” ai fini dell’acquisizione delle competenze di base e trasversali da parte dei giovani (life skills). A essa vanno affiancate azioni di accompagnamento e consulenza orientativa, da realizzare in risposta a bisogni specifici individuali o di gruppo. Alle scuole – riconosciute come ambiente di apprendimento all’interno del quale è necessario intervenire con azioni di orientamento dirette a sostenere i processi di scelta del giovane, favorendone il successo personale e professionale, l’inclusione e l’occupazione – sono affidati numerosi compiti: • potenziare la collaborazione con il mondo del lavoro, dell’associazionismo e del terzo settore al fine di rafforzare e sviluppare reti e partenariati a livello locale; • sviluppare esperienze imprenditoriali, in collaborazione con i soggetti economici e le aziende, e con il supporto di un tutor; • creare, anche con la partecipazione di imprenditori, laboratori di sviluppo di competenze per la gestione della carriera professionale; • sviluppare stage e tirocini nell’ambito del percorso formativo della scuola secondaria superiore. L’orientamento (in ingresso, in itinere e in uscita) all’interno di un progetto di alternanza diviene, nella prospettiva dell’apprendimento permanente, una risorsa cardine per favorire la costituzione di sistemi di istruzione efficaci e significativi in termini di saperi, capacità e competenze realmente acquisiti, e che siano in grado di aumentare l’occupabilità. Senza controllo e padronanza da parte del soggetto che l’orientamento formativo è in grado di favorire, l’esperienza di alternanza rischia di diventare l’ennesima occasione perduta.

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4.

Si tratta di Piani straordinari per l’occupazione giovanile attuati con il D.Lgs. 104/2013 (convertito, con modificazioni, nella legge 128/2013) e con D.L. 28 giugno 2013, n. 76 (convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013, n. 99).


4. Il ruolo dell’orientamento nei percorsi di alternanza scuola-lavoro

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

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5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività di Federico Batini

5.1. Uno sguardo critico alla Guida operativa per la scuola In seguito all’entrata in vigore delle norme della legge 13 luglio 2015, n. 107 sull’alternanza scuola-lavoro, il miur, nell’ottobre 2015, ha emanato una Guida operativa per la scuola1 destinata alle istituzioni scolastiche allo scopo di accompagnare alla lettura della documentazione normativa sul tema e di fornire indicazioni operative sull’implementazione dei relativi percorsi formativi. Il documento è costituito da 130 pagine di indicazioni e da nove allegati. La Guida, che si propone come facile supporto ai docenti, di fatto si presenta come un manuale di dimensioni sproporzionate rispetto alla normativa di riferimento e spesso con punti tra loro discordanti. Si tratta di uno strumento sostanzialmente poco fruibile dai docenti, né tantomeno da famiglie e studenti, da imprese o altri soggetti intenzionati a convenzionarsi con le istituzioni scolastiche. Proviamo, in base all’indice, a osservarne i singoli contenuti e a riorganizzarli per aree, in modo da tentare di renderli più comprensibili (figura 1). Dopo una prima parte dedicata a un excursus normativo sulle indicazioni europee e nazionali in materia di istruzione e formazione, la guida pone l’accento sulla necessità di investire sui giovani, specificando gli obiettivi dell’istruzione: La missione generale dell’istruzione e della formazione comprende obiettivi quali la cittadinanza attiva, lo sviluppo personale e il benessere, ma richiede anche che siano promosse le abilità trasversali, tra cui quelle digitali, necessarie affinché i giovani possano costruire nuovi percorsi di vita e lavoro, anche auto-imprenditivi, fondati su uno spirito pro-attivo, flessibile ai cambiamenti del mercato del lavoro, cui sempre più inevitabilmente dovranno far fronte nell’arco della loro carriera (miur, 2015, p. 7).

1.

Cfr. http://www.istruzione.it/allegati/2015/guidaASLinterattiva.pdf.

65


Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Fig. 1 – Mappa della Guida operativa per la scuola all’alternanza scuola-lavoro

Area progettuale (parr. 4, 9)

Area finanziaria (parr. 15, 16)

Area programmatica (parr. 1, 2)

Guida operativa 7 ottobre 2015

Area gestionale (parr. 6, 7, 8)

Area organizzativa (parr. 3, 5, 11)

Area valutativa (parr. 12, 13, 14)

A ribadire la centralità dello studente, nel secondo capitolo, tra le finalità dell’alternanza scuola-lavoro ritorna quella di consentire « la partecipazione attiva» degli studenti, facendo esplicito riferimento all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77 (ivi, p. 25). Il mondo della scuola viene sollecitato a diventare realtà integrata con il mondo dell’impresa in un’ottica di «sviluppo coerente e pieno della persona» (ibid.). In più occasioni è ribadito l’accento sull’importanza della pluralità e della complementarietà di approcci nell’apprendimento, e sulla necessità di ampliare e diversificare i luoghi, le modalità e i tempi dell’apprendimento. Quando l’asse del discorso si sposta dalla linea programmatica a quella operativo-progettuale, lo studente però quasi scompare come soggetto attivo. Colpisce che, sebbene si contino più di 192 occorrenze della parola “studente”, solo un paio di volte lo studente sia soggetto di una frase attiva. In alcuni punti i bisogni formativi sembrano addirittura dover essere definiti esclusivamente sulle esigenze/urgenze del territorio e delle imprese: 66

La progettazione di un percorso di alternanza presuppone la definizione dei fabbisogni formativi sulla base della conoscenza del territorio e dell’evoluzione del mondo del lavoro, fondata non solo sulle esperienze dirette, ma


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

anche sull’analisi di una serie di dati e informazioni resi disponibili da ricerche e rilevazioni condotte da soggetti esterni alla scuola (indagine Excelsior di Unioncamere, statistiche Istat, studi Isfol, Almalaurea, Almadiploma, Servizi per l’impiego, altri osservatori del sistema camerale, degli enti locali e delle parti sociali ecc.) (ivi, p. 28, grassetti in originale).

La Guida, tra contraddizioni più o meno evidenti e indipendentemente dal suo valore giuridico, nelle premesse ribadisce tra l’altro alcune informazioni presenti nella legge 107/2015: • quantifica il numero di ore (almeno 400 per tecnici e professionali, almeno 200 per i licei) da effettuare in alternanza nel secondo biennio e nell’ultimo anno; • specifica che i percorsi in alternanza sono finalizzati altresì a incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti; • sottolinea che l’alternanza può essere svolta anche durante la sospensione delle attività didattiche; • riconosce che il percorso di alternanza scuola-lavoro si possa realizzare pure all’estero; • inserisce tra i soggetti presso i quali è possibile effettuare l’alternanza gli ordini professionali, i musei e gli altri istituti pubblici e privati operanti nei settori del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali, nonché con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio ambientale; • specifica che l’alternanza si può fare anche attraverso l’impresa formativa simulata; • sollecita la definizione della Carta dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza (sentite le organizzazioni studentesche), con possibilità per lo studente di esprimere una valutazione sull’efficacia e sulla coerenza dei percorsi stessi con il proprio indirizzo di studio; • introduce corsi di formazione per gli studenti inseriti in percorsi di alternanza, in tema di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Talvolta nello sviluppo della Guida si rilevano contenuti non aggiornati rispetto agli ultimi provvedimenti. Tutta la parte relativa ai requisiti formativi è stata in realtà soppressa nella Conferenza Stato-Regioni del 1o ottobre 20152. Critiche a parte, è importante comunque rilevare come le scuole al momento siano del tutto impreparate a tirare le fila di un modello che, in quanto destinato a coinvolgere migliaia di giovani, richiede senso di responsabilità educativa e una preparazione didattica e metodologica rigorosa e mirata.

2.

Cfr. http://www.flcgil.it/attualita/formazione-lavoro/formazione-integrata/alternanza-scuola-lavoro-la-guida-operativa-del-miur.flc.

67


Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

5.2. Come progettare: alcune indicazioni

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Progettare l’alternanza scuola-lavoro implica una progettazione per competenze, che a sua volta implica una progettazione a ritroso, a partire dagli obiettivi di apprendimento. Si tratta di programmare e realizzare percorsi che mettano al centro lo studente e siano fondati su una didattica per competenze. I percorsi in alternanza devono avere una struttura flessibile e modulare. La parola “alternanza” per definizione non comporta una separazione di momenti di apprendimento a scuola e di apprendimenti a lavoro, ma un alternarsi di luoghi, ambienti in cui il processo continuo di apprendimento si costruisce e si consolida. Ne sono un esempio i percorsi formativi personalizzati, volti alla realizzazione del profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi e degli obiettivi generali e specifici di apprendimento del ragazzo. L’articolazione deve seguire i criteri di gradualità e progressività, nel rispetto dello sviluppo personale, culturale e professionale degli studenti. Le attività sono dimensionate tenendo conto degli obiettivi formativi dei diversi percorsi (licei, sistema dell’istruzione e della formazione professionale), nonché sulla base delle capacità di accoglienza dei soggetti ospitanti. I percorsi in alternanza, che possono essere svolti in periodi diversi da quelli fissati dal calendario delle lezioni, sono definiti e programmati all’interno del Piano dell’offerta formativa (pof) e sono proposti alle famiglie e agli studenti in tempi e con modalità idonei a garantirne la piena fruizione. La scuola secondaria superiore riveste e deve rivestire il ruolo di soggetto centrale dell’alternanza, sviluppandone la progettazione e inserendola nel contesto di tutto il percorso formativo. La stesura del progetto formativo è il momento più importante nella costruzione di un percorso di alternanza che sia davvero integrato nel percorso scolastico. L’alternanza, infatti, non è una forma di apprendistato, né ha finalità produttive, ma è una modalità di insegnamento e di apprendimento che serve innanzitutto alla formazione della persona favorendone lo sviluppo delle competenze. Per quanto l’acquisizione di una disciplina possieda essa stessa una valenza generativa di competenze (apprendendo una disciplina non ci limitiamo infatti ai contenuti, ma impariamo a essere rigorosi, inventivi, analitici, ad applicare le regole di interpretazione apprese a casi nuovi ecc.), altra cosa è un processo formativo esplicito e intenzionale che proponga al soggetto specifiche competenze a cui mirare. Ogni progettazione è una scommessa ragionevole sul futuro. Essa comporta anzitutto chiedersi dove vogliamo andare, quali sono quindi gli obiettivi perseguibili, i percorsi più adeguati e i risultati raggiungibili in situazioni concrete e in un tempo predeterminato. Gli obiettivi sono pertanto i risultati at-


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

tesi che lo studente dovrà realizzare durante l’esperienza di tirocinio attraverso le prestazioni (i compiti) che dovranno essere osservati e registrati. Progettare comporta l’adozione di procedure controllabili nel loro evolversi e nei loro esiti, e permette ai diversi soggetti coinvolti di partecipare a un lavoro cooperativo, negoziando preliminarmente gli obiettivi da perseguire, le risorse da utilizzare, i tempi, le strutture organizzative e il controllo dell’avanzamento per ottimizzare il raggiungimento degli obiettivi durante ogni fase del progetto. La progettazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, dunque, deve considerare sia la dimensione curriculare sia la dimensione esperienziale, svolta in contesti lavorativi. Le due dimensioni vanno integrate in un percorso unitario che miri allo sviluppo di competenze richieste dal profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi e spendibili nel mondo del lavoro. Con la legge 107/2015 la progettazione ha una valenza triennale, e contribuisce a sviluppare le competenze richieste dal profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi. La progettazione, pertanto, assume un respiro più ampio. La competenza, intesa dalla norma come «comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale» (ivi, p. 47), presuppone l’integrazione di conoscenze con abilità personali e relazionali; l’alternanza, se ben progettata, può contribuire a offrire allo studente situazioni in cui mettersi alla prova per risolvere problemi e assumere compiti e iniziative autonome, per apprendere attraverso l’esperienza e per elaborarla/rielaborarla all’interno di un contesto operativo. A livello operativo, dalle esperienze maturate dalle scuole emergono le seguenti indicazioni rispetto alle attività utili per lo sviluppo di un progetto di alternanza da inserire nel pof: • definire le competenze attese dall’esperienza di alternanza, in termini di orientamento e di agevole inserimento dei giovani nel mondo del lavoro; • progettare con la struttura ospitante un percorso coerente con le competenze, abilità e conoscenze da acquisire; • preparare i periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro, programmando lo sviluppo di quelle conoscenze necessarie per orientarsi, comprendere e trarre il massimo beneficio dal nuovo ambiente di studio; • sensibilizzare e orientare gli studenti a riflettere sulle loro attese relative all’esperienza lavorativa; • stimolare gli studenti all’osservazione delle dinamiche organizzative e dei rapporti tra soggetti nell’impresa o nell’ente ospitante; • condividere e rielaborare in aula quanto sperimentato fuori da essa;

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Fig. 2 – Le fasi della progettazione di un percorso di alternanza scuola-lavoro 1. Individuare le competenze obiettivo complessive dell’anno (specificando quali sono acquisite soltanto a scuola e quali in concorrenza tra scuola e impresa) 2.  Individuare le sottocompetenze che compongono le competenze individuate 3.  Individuare le attività che facilitano l’acquisizione delle competenze 4. Suddivisione dei ruoli 5. Negoziazione 6. Svolgimento alternanza scuola-lavoro 7. Valutazione delle competenze acquisite dagli allievi attraverso l’analisi delle performances.

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• documentare l’esperienza realizzata (anche attraverso l’utilizzo di Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ict); • disseminare i risultati dell’esperienza. Una progettazione efficace dell’alternanza scuola-lavoro deve prevedere un’accurata organizzazione dei ruoli e dei compiti: 1) la scuola ha il compito di definire le competenze obiettivo dell’anno e quelle che possono essere comprese nel progetto di alternanza; 2) la scuola ha il compito di individuare alcune competenze obiettivo e la loro declinazione in sottocompetenze; 3) la scuola ha il compito di strutturare le attività che consentono lo sviluppo di tali sottocompetenze; 4) la scuola e l’impresa devono suddividersi i ruoli per l’attuazione delle attività previste; 5) la scuola e l’impresa devono negoziare le decisioni; 6) la scuola verifica il raggiungimento degli obiettivi in termini di competenza mediante l’analisi delle performance (figura 2). Il filo rosso della progettazione deve essere lo studente. È per lui e con lui che scuola e impresa progettano.


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

5.3.  Il tutor La direttiva miur del 16 gennaio 2012, n. 4, introduce la figura del «tutor dell’orientamento», attualmente in via di definizione, per tutti gli istituti scolastici, a partire dalle scuole primarie, con compiti di organizzazione e coordinamento delle attività di orientamento. Oggi, mentre la figura del tutor dell’orientamento è ancora in fase di definizione, a livello di istituto scolastico le attività di orientamento sono svolte da docenti “referenti” per l’orientamento che possono essere individuati dal Collegio docenti (funzioni strumentali) o dal dirigente. In attesa che venga pubblicato il documento sulla definizione degli standard dei servizi di orientamento e delle competenze degli operatori annunciato nelle Linee guida nazionali sull’orientamento permanente (2014)3, i docenti che si occupano di orientamento non sono al momento tenuti a seguire una formazione specifica: le competenze delle quali possono essere in possesso sono per lo più acquisite su base volontaria, attraverso percorsi di formazione di vario tipo, raramente su iniziativa dell’istituto scolastico di appartenenza. Per lo più le loro attività consistono nell’organizzare le attività non curricolari per studenti e famiglie, nel realizzare azioni di tipo individuale, come ad esempio «sportelli di ascolto», nel mantenere le relazioni con l’esterno. Fino a oggi, in ambito scolastico i servizi dedicati alla transizione scuola-lavoro sono stati messi in atto in prevalenza nel quadro di progetti con finanziamenti specifici, oppure delegati all’iniziativa di singoli istituti o docenti. Nei percorsi di alternanza scuola-lavoro il tutor dovrebbe essere un facilitatore di apprendimento, una vera e propria guida che affianca l’alunno nelle diverse situazioni da vivere, da comprendere, da assimilare. Nello specifico, si possono distinguere due tipi di tutor: un tutor aziendale, che si assume il ruolo di accompagnare l’inserimento del giovane nell’ambiente di lavoro e di garantire lo svolgimento del programma di formazione concordato con la scuola; un tutor scolastico, che assiste e guida gli studenti impegnati in percorsi in alternanza scuola-lavoro e verifica, in accordo con il tutor aziendale, la corrispondenza del percorso al progetto descritto. Tra le funzioni principali del tutor scolastico ci sono: • la pianificazione e la programmazione del percorso di alternanza coerente con le caratteristiche e le prospettive di vita del giovane e con il percorso educativo, culturale e professionale di riferimento; • il sostegno al coinvolgimento e alla motivazione dell’allievo e alla comprensione delle valenze dell’alternanza da parte dei genitori dell’allievo; • la gestione e il monitoraggio delle criticità;

3.

Cfr. http://www.istruzione.it/allegati/2014/linee_guida_orientamento.pdf.

71


Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

• la valutazione, la comunicazione e la valorizzazione degli obiettivi raggiunti e delle competenze progressivamente sviluppate; • la gestione delle relazioni con il contesto in cui si sviluppa l’alternanza; • la collaborazione con il responsabile organizzativo di istituto e con l’équipe pedagogica. Sul piano operativo egli si occupa di collaborare alla redazione del percorso, assicurare la circolazione delle informazioni e la collaborazione interdisciplinare, affrontare problemi di tipo organizzativo e gestionale, valutare l’efficacia dell’esperienza svolta. Il tutor aziendale viene individuato prima che l’allievo entri in azienda. Egli intrattiene rapporti con il tutor scolastico e/o con il responsabile organizzativo dell’istituto per progettare, organizzare e valutare l’esperienza. Allo stesso tempo collabora alla progettazione, all’organizzazione e alla valutazione dell’esperienza di alternanza (insieme con l’équipe pedagogica e con il tutor scolastico). Le sue funzioni principali sono: a) informativa (regole, norme, consuetudini dell’azienda); b) orientativa e di guida; c) di sostegno all’apprendimento; d) di facilitazione dello svolgimento delle verifiche. Tra i due tutor ci deve essere una forte interazione. L’azione congiunta favorisce l’integrazione e lo scambio, superando le resistenze reciproche e i pregiudizi anacronistici.

5.4. Strumenti e microprogettazioni 5.4.1.  Articolare una competenza-obiettivo Prima di progettare una sequenza di azioni didattiche, un docente dovrebbe individuare gli specifici bisogni e i livelli di competenza del gruppo classe, per poi procedere alla definizione degli obiettivi di apprendimento. Successivamente è necessario condividere le scelte anche valutative con gli alunni, negoziandole. Solo in seguito è possibile immaginare e progettare situazioni basate su un ruolo attivo dello studente che consentano la conquista delle competenze obiettivo individuate. Per facilitare il lavoro si riporta in maniera esemplificativa l’articolazione di una competenza obiettivo (tabella 1).

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L’alternanza scuola-lavoro si definisce come una metodologia in cui il processo formativo si svolge in diversi ambiti: uno scolastico e uno formativo, il cui contributo si integra all’interno di un percorso unitario nel quale le esperienze maturate in azienda vengono preparate e rielaborate in classe, secondo un continuum avente al centro la persona in formazione. Se il percorso dell’apprendimento risulta univoco, nell’alternanza i contesti in cui le esperienze maturano, le metodologie didattiche, gli strumenti didattici e la responsabilità formativa si alternano e si contaminano a vicenda (Bramanti, Odifreddi, 2006 p. 60).


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

Tabella 1 – Articolazione di una competenza obiettivo Competenza obiettivo: Saper gestire un iter progettuale Sottocompetenze (scomposizione della competenza obiettivo)

Sottocompetenze specifiche per la progettazione architettonica e di design

Saper interpretare le richieste della committenza o i bisogni del target di riferimento o lo scopo per il quale si redige un progetto.

Saper raccogliere dati.

Saper analizzare i dati.

Attività che facilitano l’acquisizione della competenza da svolgere a scuola

Attività che facilitano l’acquisizione della competenza da svolgere in impresa (ente, altro ecc.)

• Tradurre una richiesta di tipo discorsivo in una serie di elementi tecnici. • Interpretare la richiesta effettuata anche in relazione allo scopo che si prefigge (es: stima per un acquisto, stima per una perizia giudiziaria ecc.). Consultare i dati disponibili on line e di archivio relativamente al progetto da sviluppare. Selezionare da una serie di dati forniti quelli essenziali al progetto specifico.

Analizzare una richiesta e la relativa realizzazione (prodotto).

Saper osservare criticamente l’esistente.

Reperire documentazione cartacea relativa al progetto specifico presso gli enti preposti. Estrapolare dalla documentazione di un progetto realizzato i dati che hanno fornito l’input al progetto. Individuare in un progetto o in un elaborato tecnico realizzato le azioni utili/inutili, efficienti/inefficienti, giuste/sbagliate.

• Esaminare le norme e trarne vincoli e opportunità, nonché gli elementi meno essenziali. • Individuare acronimi, termini specifici, e tutti gli elementi specifici del linguaggio giuridico.

Conoscere le norme e i vincoli che regolano l’iter progettuale specifico.

Saper gestire i tempi.

Svolgere compiti da effettuare in un tempo definito.

Saper lavorare in gruppo.

Svolgere attività di gruppo con responsabilità individuali in relazione tra loro.

Saper individuare a chi chiedere che cosa… (assegnare compiti, dividere il lavoro e le responsabilità). Saper disegnare a mano libera per individuare delle idee. Saper passare da una fase di disegno libero a un disegno tecnico. Saper utilizzare un programma per il disegno in 3D.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Competenza obiettivo: Saper gestire un iter progettuale Sottocompetenze (scomposizione della competenza obiettivo)

Sottocompetenze specifiche per la progettazione architettonica e di design

Attività che facilitano l’acquisizione della competenza da svolgere a scuola

Attività che facilitano l’acquisizione della competenza da svolgere in impresa (ente, altro ecc.)

Saper scegliere i materiali. Saper usare le tecnologie informatiche. Saper motivare le proprie scelte tecniche attraverso una relazione progettuale. Saper realizzare un prototipo (oggetto industriale, di design). Valutare il funzionamento/non funzionamento.

5.4.2. Progettare un’attività di orientamento con approccio narrativo L’aspetto relativo all’orientamento è molto rilevante all’interno di un percorso di alternanza scuola-lavoro. L’alternanza è uno strumento didattico che contribuisce a orientare e a sostenere un ingresso consapevole degli allievi nella realtà lavorativa. Le finalità dell’alternanza sono l’acquisizione di competenze trasversali, spendibili in ogni contesto nel mondo del lavoro, e la riduzione della distanza culturale che rende difficile il confronto e la reciproca comprensione tra mondo dell’istruzione e mondo del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro si fonda quindi sull’intreccio tra le scelte educative della scuola, le imprese e le organizzazioni presenti sul territorio e le personali esigenze formative degli studenti. Di seguito si fornisce un esempio di microprogettazione di un percorso di orientamento per le classi iv e v di una scuola secondaria di secondo grado.

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obiettivo L’intervento di orientamento è mirato a fornire una preparazione al percorso di alternanza, che dovrà essere percepito dal singolo studente come un momento o una tappa del più generale processo di orientamento nell’arco di tutta la vita. Tale riflessione sarà raccolta in documenti che si integrano al Progetto di intervento personalizzato (pip), da redigere in una fase successiva. metodologia  Orientamento narrativo di gruppo. Il percorso di orientamento narrativo è organizzato in cinque ore e mezzo e prevede la riflessione sulla necessità di attivarsi e di costruire il proprio futuro (La felicità non è una condizione, ma una ricerca…); si passa poi all’esplorazione del proprio lavoro ideale (Il mio lavoro ideale) e delle proprie risorse e motivazioni (Mi piace, so fare…). La seconda parte del percorso si incentra maggiormente sul favorire la riflessione circa la futura esperienza di alternanza. Chiude il micropercorso un bilancio che ha anche lo scopo di rinforzare e richiamare gli apprendimenti e le attivazioni che si è riusciti a produrre.


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

Il lavoro che voglio, l’alternanza che vivrò Attività

Tempi

Obiettivi didattici e modalità di somministrazione

La felicità non è una condizione, ma una ricerca…

1 ora

Obiettivi  Introduzione al tema del micropercorso; creazione di un clima di condivisione, non giudicante. Svolgimento  Presentazione del lavoro della giornata. Introduzione attraverso una breve discussione sulla seguente domanda stimolo: “La felicità è una condizione o una ricerca? E il lavoro che cosa c’entra con la felicità?”. Visione di una sequenza dal film La ricerca della felicità, dal titolo “Colloquio di lavoro” (https://www.youtube.com/ watch?v=UhnInZvJQ1o; ultimo accesso marzo 2016). Condivisione delle produzioni. Chi conduce ringrazia per ogni condivisione e la valorizza. Discussione spontanea facilitata (non guidata). Somministrazione della Scheda 1 con breve spiegazione (stile di facilitazione). Materiali  Scheda 1: E tu, chi assumeresti?

Il mio lavoro ideale

1 ora

Obiettivi  Stimolare una riflessione sulle caratteristiche che dovrebbe avere il proprio lavoro ideale. Riflettere sulla relazione tra lavoro e identità. Introduzione narrativa  Lettura di un brano del romanzo Mr Gwyn di Alessandro Baricco. Svolgimento  Gli studenti vengono invitati a rappresentare, attraverso la tecnica del fotocollage (assemblaggio di immagini che rappresentino, direttamente o metaforicamente, la consegna data: in questo caso, le caratteristiche del proprio lavoro ideale), il loro lavoro ideale e le sue caratteristiche, senza porsi alcun limite di spazio, tempo e risorse. Terminato il compito, saranno inviatati a turno a presentare il proprio elaborato e a commentarlo. Chi conduce il gruppo valorizza e apprezza ogni spiegazione e produzione. Durante la presentazione, ogni altro componente del gruppo può porre domande, chiedere approfondimenti, esprimere le proprie curiosità, rivolgendosi direttamente all’autore. Nel frattempo, il conduttore annoterà alcune parole chiave che emergono dai racconti degli studenti così da utilizzarle nella seconda giornata. Alla fine della presentazione di ciascuno il gruppo dovrà trovare il lavoro reale che assomiglia di più al lavoro ideale appena presentato, o ipotizzare l’invenzione di quel lavoro, se ritenuto possibile. Materiali  Scheda 2 Il mio lavoro, con brano narrativo tratto da Mr Gwyn. Cartoncini bianchi formato A4 o A3 in numero pari agli allievi coinvolti. Riviste con molte illustrazioni per realizzare il fotocollage.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Attività

Tempi

Obiettivi didattici e modalità di somministrazione

Mi piace, so fare…

1 ora

Obiettivi  Promuovere una riflessione sulle aspirazioni e sulle motivazioni degli studenti rispetto alla scelta professionale; introdurre il concetto di vincolo; focalizzare l’attenzione sul futuro come ipotesi aperta. Introduzione narrativa  Lettura di un brano dal romanzo L’ultima caccia, di Joe R. Lansdale. Svolgimento  Il conduttore legge il brano di Lansdale (si può anche proseguire un po’ nella lettura se il gruppo è rapito dalla storia). Subito dopo, senza commentare, distribuisce agli studenti le Schede 3 e 4, invitandoli a compilarle. Successivamente, in plenaria si procederà alla lettura e condivisione delle informazioni (sempre con stile di conduzione premiante e facilitante), facendo attenzione a sottolineare l’associazione tra ostacoli e vincoli qualora si presenti. Materiali  Scheda 3 Le cose che mi piacciono – Scheda 4 Le mie risorse.

Dove posare gli occhi

1 ora

Obiettivi  Sviluppare la dimensione osservativa per favorire la successiva esperienza di alternanza scuola-lavoro. Svolgimento  Brainstorming a partire dalla domanda: “In un posto di lavoro, che cosa si guarda per capire come funziona?”. Il conduttore annota, mediante “parole frase”, quanto viene detto dai partecipanti. Dopo 30 minuti di brainstorming (gli interventi devono essere brevi e il ritmo molto serrato) si cerca di organizzare quanto detto mediante un breve lavoro di gruppo (5 persone per ciascun gruppo). Restituzione in assemblea del lavoro di gruppo e ricerca di una condivisione o evidenziazione dei differenti punti di vista. Materiali  Lavagna o lavagna a fogli mobili (o LIM), blocco di appunti per il lavoro di gruppo (uno per gruppo, con più penne).

Che cosa posso imparare?

1 ora

Obiettivi  Sviluppare attese e suscitare curiosità e attenzione rispetto all’esperienza attesa dell’alternanza scuola-lavoro. Introduzione narrativa  Lettura di brani narrativi che parlino di osservazione, scoperta e curiosità. Svolgimento  Dopo la lettura stimolo, il conduttore consegna la Scheda 5 e invita a compilarla. Materiali  Scheda 5 Posso imparare.

Bilancio

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30 minuti

Svolgimento  Il conduttore attacca quattro grandi cartelli alla parete e consegna quattro post-it di colori diversi ai partecipanti. I post-it saranno associati, mediante il colore, a una delle seguenti richieste: che cosa mi è piaciuto in questo micropercorso; che cosa non mi è piaciuto; che cosa è cambiato nell’approccio che avrò con l’alternanza; una cosa che voglio dire a tutti alla fine di questo percorso. Dopo 15 minuti si invitano tutti ad attaccare i post-it sul relativo cartellone e si condivide brevemente quanto emerso. Materiali  Quattro cartelloni di diversi colori e altrettanti blocchetti di post-it di diversi colori.


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

Nome alunno ........................................................... classe ................. data .......................... Scheda 1 E tu? Chi assumeresti? E tu? Chi assumeresti?

Quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere una persona per essere assunta da te?

Quali domande porresti?

Che cosa non “perdoneresti”?

Quali tipi di prove pratiche faresti fare?

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Nome alunno ........................................................... classe ................. data .......................... Scheda 2 Il mio lavoro Mentre camminava per Regent’s Park – lungo un viale che sempre sceglieva, tra i tanti – Jasper Gwyn ebbe d’un tratto la limpida sensazione che quanto faceva ogni giorno per guadagnarsi da vivere non era più adatto a lui. Già altre volte lo aveva sfiorato quel pensiero, ma mai con simile pulizia e tanto garbo. […] Così tornato a casa, si mise a scrivere un articolo che poi stampò, infilò in una busta e portò personalmente, attraversando la città, alla redazione del “Guardian”. Lo conoscevano. Saltuariamente collaborava con loro. Lui chiese se era possibile aspettare una settimana prima di pubblicarlo. L’articolo consisteva in una lista di cinquantadue cose che Jasper Gwyn si riprometteva di non fare mai più. La prima era scrivere articoli per il “Guardian”. La tredicesima era incontrare scolaresche fingendosi sicuro di sé. La trentunesima, farsi fotografare con la mano sul mento, pensoso. La quarantasettesima, sforzarsi di essere cordiale con colleghi che in verità lo disprezzavano. L’ultima era: scrivere libri. In certo modo chiudeva il vago spiraglio che poteva aver lasciato la penultima: pubblicare libri. Va detto che in quel momento Jasper Gwyn era uno scrittore piuttosto di moda in Inghilterra e discretamente conosciuto all’estero… A. Baricco, Mr Gwyn, Feltrinelli, Milano 2011, pp. 9-10.

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− Finite le idee?, chiese la donna. − No, quello no. − E allora? − Mi piacerebbe fare un altro mestiere. − Tipo? Jasper Gwin si fermò. − Credo che mi piacerebbe fare il copista. La donna ci pensò un po’. Poi riprese a camminare. − Sì, posso capire, disse. − Davvero? − Sì. È un bel mestiere il copista. − È quello che ho pensato. − È un mestiere pulito, lei disse. [...] − Fare il copista c’entra col copiare qualcosa, no? Chiese. − Probabilmente. − Ecco. Ma non atti notarili o numeri, la prego. − Cercherò di evitare. − Veda se trova qualcosa tipo copiare la gente. − Sì. − Come sono fatti. − Sì. − Le verrà bene. − Sì. Baricco, Mr Gwyn, cit., pp. 23-24.


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

Nome alunno ........................................................... classe ................. data .......................... Scheda 3 Le cose che mi piacciono “Cosa ti piacerebbe fare da grande, figliolo?” Venni colto alla sprovvista. Non avevo mai avuto dubbi su cosa avrei fatto. Avrei continuato a fare il contadino. Avrei coltivato quello che era possibile e me la sarei cavata nel migliore dei modi, proprio come aveva fatto papà. Mi resi conto che forse avevo la possibilità di scegliere e, di fronte a quella domanda, mi accorsi anche di avere una risposta. “Mi piacerebbe scrivere delle storie” dissi. Quelle parole mi saltarono fuori dalla bocca con grande naturalezza. Probabilmente era un po’ che covavo quell’idea dentro di me, ma ora che Doc Travis mi aveva portato quelle riviste e che papà mi aveva fatto quella domanda in maniera tanto diretta, era venuto il momento di prendere una decisione. Papà gridò: “Fermati!” a Clancy, poi si voltò dalla mia parte e mi guardò. Ebbi la terribile, pesante sensazione di aver dato la risposta sbagliata. “E allora?” chiese. Per un istante, considerai l’ipotesi di cambiare risposta, ma temevo che mi avesse sentito bene e che stesse solo assicurandosene. “Mi piacerebbe scrivere delle storie” dissi nuovamente. “Come quelle delle riviste che mi ha portato Doc Travis.” “Delle storie?” chiese papà. “Sissignore.” “Vuoi dire, inventare e scrivere delle storie?” “Sissignore.” Papà restò in silenzio per un momento, riflettendo. Iniziai a sentirmi a disagio a proposito della carriera che avevo appena scoperto di voler intraprendere. Dal tono di voce di papà, intuii che per me aveva pensato a diverse attività, ma tra queste non figurava certo scrivere storie per riviste. Dopo un po’, chiese: “Pagano qualcuno per farlo? Per inventarsi delle storie?”. A dir la verità, a quell’aspetto della mia carriera non ci avevo pensato. E se non ti pagavano per scrivere storie? E se quelle storie le scrivevano dei tizi ricchi per puro divertimento? Se quei tizi non avevano nient’altro da fare che bighellonare e scrivere storie e leggere libri? Voglio dire, chi ti paga per permetterti di spassartela? L’unico tipo di lavoro che avessi mai conosciuto non era affatto uno spasso. E la paga non era certo granché, appena sufficiente per continuare a mettere qualcosa sotto i denti. Però fui abbastanza temerario da dire: “Penso di sì, papà.” Lui annuì. “E perché lo vorresti fare, figliolo? Perché vorresti scrivere storie?” “Perché sì” risposi. “Sento che devo farlo.” Ed era vero. Più ci pensavo e ne parlavo, e più ero determinato a diventare scrittore. Era un’idea che mi faceva stare bene, come bere una bella tazza di caffè caldo in una mattinata fredda e lasciarlo arrivare nello stomaco. Mi aspettavo che papà mi facesse un bel discorsetto sul senso pratico, ma invece mi sorprese. “Bene, figliolo, se è questa la tua aspirazione, penso che debba imparare come si fa. Dovrai andare a scuola più spesso, considerato che hai saltato un bel po’ di lezioni.” Non stava parlando a vanvera. Avevo saltato molti giorni di scuola. Abitando dove abitavamo, non disponendo di un’automobile e considerato che papà aveva bisogno del mio aiuto in casa, non avevo molte opportunità per raggiungere il paese e andare a scuola. A volte, ultimato il raccolto o quando c’era poco da fare, salivo sul mulo e mi recavo in paese per frequentare il maggior numero di ore di lezione possibile. Ma, alla fine dell’anno, non è che fossero poi molte. “Non so come riusciremo a farlo, papà. Tu e mamma avete bisogno di me qui.” Non replicò. “E non ti serve una di quelle macchine da scrivere che mettono le parole sulla carta?” Non ci avevo pensato. “Sissignore. Penso di sì.” “Dovresti imparare a usarla, se ne avessi una, giusto?” “Sissignore.” “Ovviamente, dovresti procurarti la carta e tutto il necessario per una macchina da scrivere.” “Sissignore” dissi. “E poi dovresti scoprire dove si può vendere quello che hai scritto.” “Sissignore, immagino di sì.” Stavo iniziando a pensare che papà volesse evidenziare i punti deboli del mio piano, cercando di farmi tenere i piedi per terra, ma continuò a parlare e capii che mi sbagliavo. “Ora che ci penso, potresti trovare gli indirizzi utili a cui mandare le tue storie controllando sulle riviste che leggi.” [...] “Bene, se davvero è questo che vuoi fare... Se vuoi scrivere quelle storie, allora la decisione spetta a te. Ma io la tua possibilità, in un modo o nell’altro, te la concederò. Capito?” “Sissignore.” J. Lansdale, L’ultima caccia, Fanucci, Roma 2006, pp. 31-36.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

In un lavoro mi piace:

Mi piace mangiare, prendermela comoda, stare in salute, essere approvata dagli altri, il denaro, evitare di vedere le cose brutte, ma non è per questo che vivo. Per fare quello che mi interessa davvero posso anche non mangiare, avere guai, ammalarmi, essere criticata, restare senza un soldo, vedere un sacco di cose brutte, fa lo stesso. B. Yoshimoto, Bambole kokeshi, trad. di Giorgio Amitrano, Feltrinelli, Milano 1999.

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5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

Nome alunno ........................................................... classe ................. data .......................... Scheda 4 Le mie risorse Sapete costruirvi una cucina solare? Vi siete mai lavati i denti con l’argilla? Vi capita di regalare gioielli vegetali? Questo manuale è la fucina da cui nascono idee ecologiche e fai-da-te sempre nuove: dal pane cotto al sole ai germogli in cucina, dalle soluzioni naturali (e profumate) per l’igiene personale o domestica agli oggetti quotidiani, dalla toilette compostante alle vernici al caffè. E allora il potere a mani e piedi, produttori di sana energia! Ma soprattutto al cervello! Presentazione di M. Correggia, Io lo so fare. Piccola guida all’autoproduzione manuale, creativa ed ecologica. Far da sé, non sprecare, risparmiare (in http://www.altreconomia.it/site/ ec_articolo_dettaglio.php?intId=227; ultima verifica 07/03/2016). Io so, so fare… bene, benino… insomma… Pensa a tutte le cose che sai fare, in qualsiasi campo e inizia a elencarle, collocandole nella colonna giusta: quelle che sai fare benissimo, quelle che sai fare abbastanza bene e quelle che sai fare... e basta. Una volta fatto l’elenco, scegli quali sono quelle che ti piacciono di più. Lo so fare bene

Lo so fare abbastanza bene

Lo so fare... e basta

Tra le cose che so fare, mi piacciono di più…

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze

Nome alunno ........................................................... classe ................. data .......................... Scheda 5 Posso imparare Dopo l’incidente mi trovai in una strana condizione. Ero come un bambino. Non soltanto non ricordavo nulla del mio passato, ma non ricordavo nulla nemmeno delle cose di ogni giorno. Dovevo re-imparare a camminare, in un certo senso a parlare, a comprendere le reazioni degli altri, le loro intenzioni (o forse quelle non si capiscono mai davvero). C’era un uomo che non riconoscevo, anche se lui insisteva sul fatto che eravamo amici, che si occupava di me. Aveva un modo asciutto di fare le cose, senza fronzoli e senza una parola di troppo. Pareva anzi che parlasse solo per aiutare me in questo ricominciare daccapo. Lui sosteneva che piano piano avrei ricordato, ma che, intanto dovevo imparare tutto, daccapo. Secondo lui potevo farcela, anzi… ce l’avrei fatta. Che cosa posso imparare durante l’alternanza? Cose concrete

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Processi e procedure

Relazioni

Concezioni, idee

Altro


5. Dalla Guida operativa per i docenti alla microprogettazione delle attività

Bibliografia Batini F. (2009), Orientamento e competenze chiave, in Provincia di Arezzo, ansas, invalsi (a cura di), Fare e parlare. Benchmark e indicatori di qualità per gli interventi nelle classi del biennio, Esuvia, Firenze, pp. 61-100. Id. (2013a), Insegnare per competenze, Loescher, Torino. Id. (a cura di) (2013b), Verso le competenze chiave. Cittadinanza e costituzione, Pensa Multimedia, Lecce-Brescia. Id. (2014), Insegnanti e competenze, in Mantovani D. et al. (a cura di), La professionalità dell’insegnante. Valorizzare il passato, progettare il futuro, Aracne, Roma, pp. 301-309. Batini F., Cini S., Paolini A. (2012), Le sedici competenze di base. Vademecum per docenti, tutor ed operatori, Pensa Multimedia, Lecce-Brescia. Bramanti A., Odifreddi D. (a cura di) (2006), Capitale umano e successo formativo: strumenti, strategie, politiche, FrancoAngeli, Milano. Commissione Europea (2012), Ripensare l’istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri= CELEX%3A52012DC0669. Consiglio dell’Unione Europea (2009), Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («et 2020»), http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A520 09XG0528%2801%29. D’Arista F. (2011), Modelli di formazione per il tutor aziendale, in “Studi isfol”, i, http:// archivio.isfol.it/DocEditor/test/File/2011/Editoria%20digitale/Studi/Modelli_di_ formazione_per_il_tutor_aziendale.pdf. European Commission, eacea, Eurydice (2015), The Teaching Profession in Europe: Practices, Perceptions, and Policies, Publications Office of the European Union, Luxembourg (http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/thematic_reports/ 184EN_HI.pdf). isfol (2012), Le dinamiche della dispersione formativa: dall’analisi dei percorsi di rischio alla riattivazione delle reti di supporto, isfol, Roma (http://sbnlo2.cilea.it/bw5ne2/opac. aspx?WEB=ISFL&IDS=18674). Luzzato G. (2001), Insegnare a insegnare. I nuovi corsi universitari per la formazione dei docenti, Carocci, Roma. miur (2015), Attività di alternanza scuola lavoro. Guida operativa per la scuola, in http:// www.istruzione.it/allegati/2015/guidaASLinterattiva.pdf. oecd (2012), Grade Expectations: How Marks and Education Policies Shape Students’ Ambitions, oecd, Paris (http://www.oecd-ilibrary.org/docserver/download/9812091e. pdf?expires=1458053520&id=id&accname=guest&checksum=F99C1A7855542918 CB24CD116E6AC5D3). ocse (2015), Skill Outlook 2013. Primi risultati della ricerca sulle competenze degli adulti, Introduzione e cura di F. Batini, “I Quaderni della Ricerca”, 20, Loescher, Torino. Romanini M. (2010), Il Tutor: figura chiave nei percorsi di apprendistato e inserimento lavorativo, in “aif Learning News”, 2. Sonatore A. (2010), Imparare facendo. Il tirocinio come esperienza formativa in contesto di lavoro, FrancoAngeli, Milano. Trinchero R. (2013), Costruire, valutare, certificare competenze. Proposte di attività per la scuola, FrancoAngeli, Milano.

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6. La valutazione delle competenze per progettare l’alternanza di Federico Batini, Maria Ermelinda De Carlo

6.1. Co-valutare per co-progettare La scuola ha la responsabilità formativa ed educativa dell’intero percorso di alternanza scuola-lavoro. Il D.L. 28 marzo 2003, n. 53, Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, afferma esplicitamente all’art. 6 che «i percorsi di alternanza sono oggetto di verifica e valutazione da parte dell’istituzione scolastica e formativa». La scuola, dunque, non deve solo progettare e realizzare i percorsi, ma ha anche la responsabilità di verificarli con specifiche azioni di monitoraggio qualitativo e quantitativo, in modo tale da rispettare il proprio ruolo, come previsto dalla convenzione stipulata con l’impresa e dalla norma, e, inoltre, per stimare la qualità del percorso e le sue ricadute sul processo di apprendimento degli alunni. A oggi, secondo quanto afferma la C.M. 13 febbraio 2015, n. 3, il ministero dell’Istruzione trattiene a sé, tramite il sidi, la funzione di monitoraggio quantitativo dei percorsi di alternanza, e lascia all’indire il compito di sondarli qualitativamente. Con la stessa circolare si invitano le istituzioni scolastiche e formative a procedere con «l’inserimento delle certificazioni delle competenze conseguite dagli alunni». La valutazione non è solo un adempimento burocratico di un percorso di alternanza scuola-lavoro. Soprattutto, per rilevare come l’impresa possa concorrere nei processi di apprendimento di conoscenze, abilità e competenze è importante focalizzare l’attenzione sulla valutazione sin dalle prime fasi della progettazione. Per progettare bene bisogna, cioè, partire dalla fine. È come quando si intraprende un viaggio: breve o lungo che sia, alla base c’è chi o che cosa vogliamo raggiungere. Sul piano operativo significa partire dagli obiettivi di apprendimento e dai relativi indicatori di valutazione. È importante in questa fase la condivisione tra i diversi soggetti. Il processo di partecipazione coinvolge tutte le parti: docenti, tutor aziendale e anche, e soprattutto, lo studente. Su quest’ultimo punto, però, la normativa sembra un po’ assente. Il D.Lgs.

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15 aprile 2005, n. 77, che all’art. 6 disciplina «Valutazione, certificazione e riconoscimento dei crediti», recita che: a) è l’istituzione scolastica o formativa a valutare e verificare i percorsi di alternanza; b) questa deve tenere conto delle indicazioni fornite dal tutor aziendale; c) è ancora l’istituzione scolastica o formativa il soggetto titolato alla certificazione delle competenze; d) le competenze acquisite dagli studenti «costituiscono crediti, sia ai fini della prosecuzione del percorso scolastico o formativo per il conseguimento del diploma o della qualifica, sia per gli eventuali passaggi tra i sistemi, ivi compresa l’eventuale transizione nei percorsi di apprendistato». Eppure l’intera idea progettuale dovrebbe ruotare intorno allo studente e interagire con lui. La condivisione iniziale agisce sul piano motivazionale e rappresenta un primo momento di co-valutazione. Condividere permette di calibrare gli obiettivi, di “cucirli” a misura dello studente, rendendolo parte attiva del processo decisionale fin dal principio. La condivisione implica un confronto tra le parti e non solo attiva la consapevolezza della corresponsabilità del patto apprenditivo, ma consente anche a ciascuno di dare senso e significato all’azione. È fondamentale in questo momento di scambio tarare gli obiettivi in modo tale che siano alla portata dei ragazzi, per evitare frustrazioni e incoraggiarli a vedere possibili percorsi di miglioramento e di crescita. L’obiettivo è «costruire insieme l’alternanza scuola-lavoro», come recita la C.M. 22 marzo 2013, n. 735, a partire dalla valutazione. La scrittura progettuale, dunque, deve fare seguire alle competenze-obiettivo l’articolazione di indicatori di performance chiari e comprensibili, che possono essere osservati, compresi e accertati dai diversi soggetti coinvolti, quindi non solo dai docenti, ma anche dai tutor aziendali e dagli stessi studenti. Predisporre un sistema di valutazione coordinato, congiunto e co-progettato, in un’ottica di trasparenza e placement, evidenzia, però, a oggi molte criticità. Alla base della valutazione non vi è un problema di quantità, ma di condivisione a monte dei criteri. Il sistema di valutazione deve poter tenere conto dei processi, dei percorsi e dei progetti in modo unico, perché unico è il soggetto, ma allo stesso tempo deve poter “osservare” il soggetto da più angolazioni: dal punto di vista dell’io (autovalutazione) e dal punto di vista dell’altro (eterovalutazione), sia questi il docente o il tutor aziendale. Alla base di un modello di valutazione partecipata vi è naturalmente la necessità di un linguaggio comune, di una condivisione, o meglio costruzione, condivisa dei significati come «competenza», «performance», «valutazione». Studente, tutor aziendale, docente hanno modalità diverse di valutare; hanno


6. La valutazione delle competenze per progettare l’alternanza

un diverso modo di guardare il mondo. Per questo è sempre più forte la necessità di un coordinamento reale, di una regia unica da parte della scuola, che al momento è ancora confusa. La scuola dovrebbe verificare se le competenze obiettivo sono spendibili, trasversali ed eseguibili «in situazione». Il tutor aziendale può contribuire alla descrizione delle performances, cioè delle azioni che “sul campo” rivelano il possesso delle competenze, ma deve sottoporla al parere del docente. A ciascuno, insomma, le sue competenze in un discorso di squadra. L’importante è alla fine che i metodi di valutazione siano condivisi, chiari e semplici da usare, evitando artifici burocratici che rendono farraginosi gli strumenti di valutazione che, di per sé, per essere autentici devono essere semplici e facilmente “leggibili” sia dallo studente che da un soggetto esterno al processo.

6.2. Valutazione o valutazioni? Per pensare di implementare un sistema di valutazione delle competenze di alternanza scuola-lavoro, occorre ripensare tutto il sistema di valutazione delle competenze come un unico sistema, che comprende l’insieme di tutti i risultati di apprendimento. La valutazione valorizza i soggetti, riconosce le loro competenze, le loro risorse, le loro esperienze. Se trasparente e condivisa, motiva e fa crescere. Bisogna superare la visione selettiva della valutazione, fotografia di una scuola che non incoraggia all’errore, ma che punisce, per rilanciare l’idea di una valutazione “risorsa”, come prezioso processo continuo di crescita e di empowerment. La certificazione di conseguenza non documenta limiti, ma step di un lungo percorso apprenditivo chiamato «vita». Occorre vedere il sistema di valutazione come un processo unico e continuo di documentazione delle competenze raggiunte da ciascun ragazzo, indipendentemente dal contesto formale, informale o non formale in cui sono state acquisite. Il percorso di progettazione iniziale, secondo la logica della didattica per competenze, non separa gli obiettivi di apprendimento in base ai contesti, né nella fase di definizione né nella fase successiva di traduzione in competenze-obiettivo. Il contesto diventa parte integrante del processo che rende visibile una competenza. La competenza nella sua definizione più nota altro non è che la comprovata capacità di mobilitare il patrimonio di risorse personali, sociali, esperienziali e metodologiche per agire «in situazione» in autonomia, consapevolezza e responsabilità. Oggi esiste un gap – rivelatore della resistenza di un modello culturale legato ai contenuti – tra valutazione delle competenze e “valutazione scolastica” tradizionalmente intesa. Da un parte si parla di crediti formativi frutto

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di attività extrascolastiche, dall’altra di crediti scolastici (risultato della media dei voti). Nonostante la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del dicembre 2012 (Consiglio dell’Unione Europea, 2012), emerge in questa differenza la reticenza storica di separazione tra la teoria e la pratica, tra il valore attribuito alle esperienze in contesti formali e quello attribuito alle esperienze in contesti non formali e informali. Ciò si traduce in diverse modalità di certificazione e, dunque, di valutazione. La normativa prevede due modelli di certificati (D.Lgs. 77/2005, art. 6): • il «modello di cui all’articolo 3, comma 3, lettera e)»; si tratta di una certificazione per la spendibilità a livello nazionale delle competenze e per il riconoscimento dei crediti; • la «certificazione prevista dall’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 53 del 2003», che richiama la legge delega istitutrice dell’alternanza scuolalavoro, e contiene «la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e di formazione, e la certificazione delle competenze da essi acquisite»; • la «certificazione relativa alle competenze acquisite nei periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro». Pertanto, nonostante la normativa italiana sulle valutazioni scolastiche contenuta nel D.P.R. 22 giugno 2009, n. 122, al comma 4 dell’art. 4 sostenga che i «periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro» devono essere «parte integrante dei percorsi formativi personalizzati ai sensi […] del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77», le certificazioni da usare risultano nei fatti essere diverse. E ancora, pur senza esplicito riferimento ai percorsi in alternanza scuolalavoro, al comma 3 si legge che «la valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento» nella sua interezza, valutazione che, al comma 2, è «espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche». Il modello di valutazione delle competenze nei percorsi di alternanza scuola-lavoro, se pur ancora non ben definito, “spezzetta” di fatto lo studente, proponendogli da un lato una certificazione delle competenze che soddisfa le esigenze della pagella, e dall’altra una diversa certificazione (di meno valore in termini di crediti) che soddisfa le esigenze del suo curriculum vitae (libretto formativo, dossier, portfolio ecc.). Il libretto formativo, tra l’altro, a distanza di anni dal primo decreto legislativo che lo aveva introdotto (D.Lgs. 77/2005), a oggi formalmente non esiste in una versione condivisa. Sappiamo solo che: • deve essere adottato in Conferenza unificata; • deve essere idoneo alla certificazione delle competenze; • deve attestare il possesso di crediti spendibili.


6. La valutazione delle competenze per progettare l’alternanza

Superare i diversi ordini di grandezza delle valutazioni e integrarle è la sfida di un sistema di valutazione che ponga al centro il soggetto, che lo renda protagonista attivo di un percorso condiviso e partecipato di apprendimento, dall’alternanza scuola-lavoro alla vita quotidiana nella classe. Ciò è possibile se si supera la rigidità dell’art. 11 del D.Lgs. 77/2005 ricorrendo agli strumenti dell’autonomia scolastica, che affidano ai Collegi docenti il potere di stabilire i criteri valutativi. Si legge infatti nel comma 5 dello stesso decreto: «Il Collegio docenti definisce modalità e criteri per assicurare omogeneità, equità e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della libertà di insegnamento. Detti criteri e modalità fanno parte integrante del piano dell’offerta formativa». Questo faciliterebbe il lavoro di preparazione e avviamento al modello di valutazione unico di validazione e certificazione degli apprendimenti introdotto in Italia con la legge 28 giugno 2012, n. 92, e il relativo D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13.

6.3.  Quale modello per quale certificazione? La “giungla” normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze ha generato nel tempo almeno quattro modelli di certificazione delle competenze: 1) il «Modello B», di cui all’Accordo in Conferenza unificata del 28 ottobre 2004, «adottato per il riconoscimento dei crediti ai fini dei passaggi dal sistema della formazione professionale e dall’apprendistato al sistema dell’istruzione» dal Decreto interministeriale 3 dicembre 2004, n. 86; 2) il «Modello di certificazione dei saperi e delle competenze di base acquisite nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione», recepito con il D.M. 27 gennaio 2010, n. 9; 3) il modello di cui all’Accordo del 19 aprile 2012 nell’ambito del «Quadro di riferimento per la convalida e la certificazione delle competenze comunque acquisite in apprendistato, a norma dell’articolo 6 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167»; 4) il modello conforme al Decreto interministeriale 10 ottobre 2005, cioè al «formato del Libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i) del Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276». Alla luce della legge 12 del 2012 quest’ultimo ultimo modello sembra quello che più facilmente può adeguarsi alle richieste dei sistemi di riconoscimento, validazione e certificazione delle competenze, come richiamato dal D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13, che disciplina i livelli di performance e gli standard minimi del servizio in termini di processo, attestazione e sistema. Il Decreto interministeriale dell’ottobre 2005, nonostante sia di dieci anni

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fa, se letto attentamente, presenta più elementi di interesse sul piano del «come» costruire un modello di certificazione delle competenze, sia nei percorsi di alternanza sia in prospettiva dell’adozione di uno strumento unico per tutto il percorso di istruzione. È fin troppo evidente, infatti, che non è credibile che un ragazzo acquisisca una competenza complessa, semplicemente in un percorso breve di alternanza scuola-lavoro. Nel decreto interministeriale il modello, richiamando la Conferenza unificata del 28 ottobre 2004, prevede la differenziazione delle competenze per tipologie: di base, tecnico-professionali, trasversali, le stesse che sono oggetto di certificazione alla fine del primo ciclo di istruzione con la recente C.M. 13 febbraio 2015, n. 3. Al momento, dunque, si è ancora in attesa di uno strumento unico di certificazione delle competenze. Così sono in uso strumenti e percorsi diversi per garantire la trasparenza dei percorsi formativi e professionali: • scheda di certificazione delle competenze al temine della scuola primaria (allegato della C.M. 3/2015); • scheda di certificazione delle competenze al temine del primo ciclo di istruzione (allegato della C.M. 3/2015); • modello di certificazione proposto dalla Guida operativa per la scuola1 al termine di un’esperienza di alternanza scuola-lavoro, da realizzare di intesa tra scuola e soggetto ospitante (che si rifà anch’esso agli elementi dell’art. 6 del D.Lgs. 13/2013). La certificazione finale, a conclusione del percorso triennale di alternanza, viene rilasciata dopo l’esame di Stato (art. 1, commi 28 e 136 della legge 107/2015) all’interno della documentazione rilasciata ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 15 marzo 2010, nn. 87-88, per gli istituti professionali e tecnici, e dell’art. 11 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 89, per i licei; • Libretto formativo del cittadino2, un documento rilasciato dalle Regioni, contenente le esperienze professionali e formative di un lavoratore (Decreto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il miur, 10 ottobre 2005); • portfolio/dossier degli apprendimenti pregressi (isfol, 2013a): è il documento ancora in fase sperimentale in Italia che, sulla scia delle esperienze europee di riconoscimento, validazione e certificazione (Reggio,

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1. Cfr. http://www.istruzione.it/allegati/2015/guidaASLinterattiva.pdf. 2. Il Libretto formativo del cittadino è stato istituito nell’ambito del percorso attuativo della cosiddetta “legge Biagi” (http://archivio.pubblica.istruzione.it/dg_postsecondaria/allegati/decreto_libretto_formativo.pdf). Il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, lo definisce come lo strumento di registrazione delle «competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché delle competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione Europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate».


6. La valutazione delle competenze per progettare l’alternanza

Righetti, 2013), dovrebbe essere utilizzato all’interno dei percorsi accademici per documentare le competenze del soggetto e i collegamenti strutturali tra apprendimenti acquisiti in contesti diversi, testimoniando la memoria e l’apprendimento continuo della storia personale, formativa e professionale di un soggetto (De Carlo, 2014). La sfida che ci attende è quella di provare a uniformare i modelli per tradurli in un unico dossier, in grado di identificare, descrivere e analizzare le competenze possedute da un soggetto, acquisite nel corso della vita nei luoghi formali, non formali e informali. Operativamente si tratta di combinare in modo flessibile e dinamico competenze di base, competenze chiave europee, life skills, e di metterli in relazione con i repertori di qualifiche professionali3. Il dossier dovrà essere flessibile e dinamico, in continua evoluzione, dovrà essere possibile aggiornarlo quando, come e se si ritiene opportuno. Esso sarà personale (nel senso che appartiene a chi lo costruisce e lo aggiorna), ma allo stesso modulare (deve essere possibile impostarlo nell’ordine che più si adatta al soggetto che rappresenta) e sociale (cioè costruito attraverso interventi di co-valutazione e co-progettazione). In sintesi, si tratta di pensare a uno strumento che descriva un percorso, e allo stesso che sia un processo di apprendimento continuo, lifelong e lifewide.

Bibliografia Bruner J. (1986), Actual Minds, Possible Worlds, Harvard University Press, Cambridge (ma). Castoldi M. (2016), Valutare e certificare le competenze, Carocci, Roma. cedefop (2009), European Guidelines for Validating Non-Formal and Informal Learning, Office for Official Publications of the European Communities, Luxembourg (http:// www.cedefop.europa.eu/en/publications-and-resources/publications/4054). Consiglio dell’Unione Europea (2012), Raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea”, http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=O J:C:2012:398:0001:0005:IT:PDF. De Carlo M.E. (2014), Formarsi lifelong e lifewide. Narrazione, innovazione e didattica nell’Università dell’apprendimento permanente, Unicopli, Milano. Ead. (2016), Obiettivo Portfolio Worker: l’esperienza integrata dell’Ateneo Salentino, in

3. A questo proposito si confronti la C.M. 3/2015, Adozione sperimentale dei nuovi modelli nazionali di certificazione delle competenze nelle scuole del primo ciclo d’istruzione,con allegati: Linee guida per la certificazione delle competenze; Modello scuola primaria; Modello termine primo ciclo; Allegato 1 del D.M. 139/2007, relativo alle competenze di base degli assi culturali; Allegato 2 del D.M. 139/2007, relativo alle competenze chiave di cittadinanza; articolo 1, commi 28 e 136 della legge 107/2015; isfol (2013b).

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Striano M. (a cura di), Il bilancio di competenze all’Università: esperienze a confronto, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli, pp. 111-130. European Commission (2010), Europe 2020. A Strategy for Smart, Dustainable and Inclusive Growth, European Commission, Brussels (http://ec.europa.eu/eu2020/ pdf/COMPLET%20EN%20BARROSO%20%20%20007%20-%20Europe%202020%20 -%20EN%20version.pdf). European Parliament (2010), European Parliament Resolution of 20 May 2010 on University-Business Dialogue: A New Partnership for the Modernisation of Europe’s Universities, http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&language=EN&r eference=P7-TA-2010-0187. isfol (2013a), Primo Rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni al quadro europeo eqf, isfol, Roma. Id. (2013b), Validazione delle competenze da esperienza: approcci e pratiche in Italia e in Europa, isfol, Roma. Kolb D.A. (1984), Experiential Learning. Experience as the Source of Learning and Development, Prentice Hall, Englewood Cliffs (nj). Le Boterf G. (2004), Construire les compétences individuelles et collettives, Eyrolles, Paris (3e éd.). Id. (2010), Repenser la compétence. Pour dépasser les idées reçues: 15 propositions, Eyrolles, Paris (2e éd.). Lokhoff J. et al. (2010), A Guide to Formulating Degree Programme Profiles: Including Programme Competences and Programme Learning Outcomes, Publicaciones de la Universidad de Deusto, Bilbao-Groningen-The Hague (http://core-project.eu/documents/Tuning%20G%20Formulating%20Degree%20PR4.pdf). Mezirow J., Taylor E.W. (2009), Transformative Learning in Practice: Insights from Community, Workplace, and Higher Education, Wiley, San Francisco (ca). miur (2015), Attività di alternanza scuola lavoro. Guida operativa per la scuola, in http:// www.istruzione.it/allegati/2015/guidaASLinterattiva.pdf. Nussbaum M.C. (2011), Creating Capabilities: The Human Development Approach, Belknap, Cambridge (ma)-London. oecd (2012), oecd Employment Outlook 2012, oecd, Paris (http://www.oecd-ilibrary. org/employment/oecd-employment-outlook-2012_empl_outlook-2012-en). Palumbo M., Torrigiani, C. (a cura di) (2009), La partecipazione fra ricerca e valutazione, FrancoAngeli, Milano. Reggio P., Righetti E. (a cura di) (2013), L’esperienza valida. Teorie e pratiche per riconoscere e valutare le competenze, Carocci, Roma. Schön D.A. (2006), Formare il professionista riflessivo. Per una nuova prospettiva della formazione e dell’apprendimento nelle professioni, FrancoAngeli, Milano. Striano M. (2012), Reconstructing Narrative: A New Paradigm for Narrative Research and Practice, in “Narrative Inquiry”, xxii, 1, pp. 147-154. unesco (2009), United Nations Decade of Education for Sustainable Development, unesco, Paris (http://unesdoc.unesco.org/images/0014/001416/141629e.pdf). 92


7. Postfazione di Maria Grazia Accorsi

Questo libro si offre tempestivamente al pubblico, proponendo una lettura approfondita e indicazioni operative per applicare da subito una delle principali innovazioni proposte dalla legge di Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (legge 13 luglio 2015, n. 107). L’alternanza scuola-lavoro, resa obbligatoria per un numero di ore minimo per tutti gli studenti del triennio degli istituti secondari di secondo grado di tutte le tipologie e indirizzi, pone importanti sfide alla scuola, ai suoi modelli didattici, alla sua organizzazione, ma anche alla stessa cultura «separata». In modo molto piano e convincente inquadra l’alternanza nella continuità della tradizione secolare del pensiero pedagogico, lungo il filo rosso della valorizzazione dell’esperienza e del riconoscimento del valore del lavoro per lo sviluppo personale e della società: da Dewey (è appunto del 1916 il suo Democrazia e educazione) a Vygotskij, a Maslow, a Lodi, a Schön; ma anche nella ricerca contemporanea, che individua correlazioni positive tra motivazione, successo scolastico, autoefficacia, sentimento di sé, con la ricchezza di occasioni di apprendimento, l’esperienza di metodologie attive, i curriculum diversificati, l’integrazione di contesti formali e informali, la continuità fra teoria e prassi, il protagonismo e la centralità dello studente. Inquadra inoltre l’alternanza nella continuità normativa, a partire dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, e soprattutto dal D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77, e poi nel riordino dei percorsi del secondo ciclo (DD.PP.RR. 10 marzo 2010, nn. 87-89), individuando, attraverso la sequenza normativa, la conferma del profilo dell’alternanza come metodologia didattica, parte integrante di curricola equivalenti ai percorsi tradizionali, rivolti ai medesimi profili educativi culturali e professionali, in capo saldamente alla regia della scuola e alla responsabilità del Consiglio di classe. Ma non disconosce il disorientamento e l’affanno che le istituzioni scolastiche stanno vivendo per una novità così importante, già operativa a poca

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distanza dalla promulgazione della legge, che supera l’occasionalità, l’episodicità e la marginalità delle esperienze, spesso scollate dal curricolo, che hanno interessato finora una minoranza di studenti, soprattutto degli istituti professionali e tecnici, e soprattutto in alcune aree del Paese. Li individua anche nei dibattiti sui social networks, che testimoniano una non incomprensibile fuga verso l’opposizione alla legge, la sfiducia verso i processi di produzione normativa, la ricerca di scorciatoie. A partire dalle domande delle scuole e dalle indicazioni della Guida operativa per la scuola1 del miur, offre un primo set di proposte concrete per progettare percorsi in alternanza coerenti con il perseguimento di risultati di apprendimento ordinamentali, per una progettazione a ritroso, per una valutazione che valorizzi la pluralità di punti di vista (studente, docente, tutor scolastico) e di elementi di prova diversi, che non serva per classificare e selezionare ma per sostenere l’apprendimento. Grazie a una bibliografia ricca e selezionata per tematiche offre a lettori con esigenze e interessi diversi l’opportunità di approfondire. Non a difesa di un dispositivo legislativo, oggetto di contestazioni anche accese, ma per comprenderlo nello sviluppo storico del pensiero, della ricerca e dell’evoluzione normativa e nelle nuove responsabilità della scuola. Un dispositivo – l’alternanza divenuta curricolare – che fa bene alla scuola per la retroazione sulla didattica e sulla valutazione, per una progettazione per competenze, per una ricerca metodologica centrata su approcci di realtà, su un apprendimento autentico, significativo, durevole, consapevole, per attivare percorsi di senso, potenziando una funzione fondamentale della scuola; che fa bene agli studenti, perché imparano cose che non si apprendono in classe, perché articolano l’immaginario del lavoro e la rappresentazione di sé al lavoro e possono scoprire le vocazioni personali, perché sono chiamati a essere protagonisti del loro apprendimento fin dalla condivisione del progetto, perché hanno l’opportunità di conoscere i contesti, perché costruiscono progettualità e imprenditorialità. Un dispositivo che fa bene anche alle imprese, perché possono migliorare il mercato del lavoro, formare in anticipo e selezionare collaboratori, introiettare nuove conoscenze di cui i giovani studenti sono portatori, ma anche perché formare giovani migliora l’organizzazione, incrementa la coesione interna e rende consapevoli delle potenzialità formative implicite nei processi, nelle tecnologie e nelle relazioni, perché dà visibilità etica, perché possono rappresentare meglio alle scuole il fabbisogno e coprire il gap di saperi dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro, perché il lavoro è sempre più intriso di saperi; che fa bene alla società, perché previene 94

1.

Cfr. http://www.istruzione.it/allegati/2015/guidaASLinterattiva.pdf.


7. Postfazione

e cura il grave deficit dei tanti giovani che lasciano precocemente la scuola senza un titolo e che spesso non cercano neppure un lavoro, perché abbrevia i tempi di accesso al lavoro, perché riduce gli alti costi individuali e sociali, perché favorisce lo sviluppo. Ma non è finita qui: da subito serve un sistematico e robusto piano di formazione dei docenti, a partire dalla conoscenza diretta del mondo del lavoro e del tessuto economico del territorio e della pluralità di forme di incontro con il mondo del lavoro (visite, testimonianze, ricerche, casi studio, stage, tirocini, lavori su commessa, «scuole impresa», anche imprese delle reti di «imprese simulate» ecc.); serve un piano di formazione dei tutor – scolastici e aziendali – per metterli in grado di accompagnare e sostenere l’apprendimento, con l’impiego di metodologie e tecniche adeguate; serve un supporto per la riorganizzazione delle scuole (orari, calendari, ruoli) per realizzare percorsi flessibili e personalizzati, per la predisposizione di strumenti operativi a supporto della progettazione condivisa, gestione, valutazione, e del rapporto con i soggetti partner; serve il completamento dei dispositivi previsti dalla legge e/o anticipate dalla Guida operativa per la scuola (Registro delle imprese per l’alternanza in capo alle Camere di commercio; Carta dei diritti e doveri degli studenti in alternanza; sistemi di valutazione e certificazione coerenti con la rappresentazione di competenze; modifica delle prove dell’esame di Stato ecc.); serve la prosecuzione delle azioni già intraprese per attivare l’adesione delle imprese e delle loro organizzazioni e degli altri soggetti chiamati a essere partner efficaci delle scuole per realizzare curricoli «misti» (enti pubblici e privati, terzo settore, imprese simulate, botteghe scuola, scuole impresa, organizzazioni professionali, istituzioni culturali e sportive ecc.), per garantire una formazione efficace sulla sicurezza, per assicurare continuità e alta qualità delle esperienze (coinvolgimento dei poli formativi, delle reti territoriali per l’apprendimento permanente, dei laboratori territoriali per l’occupabilità, dei comitati tecnico scientifici), per dare valore al modello di apprendimento e costruire una rappresentazione sociale positiva e adesione valoriale presso studenti, famiglie e comunità.

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QUESTO VOLUME, SPROVVISTO DI TALLONCINO A FRONTE (O OPPORTUNAMENTE PUNZONATO O ALTRIMENTI CONTRASSEGNATO), È DA CONSIDERARSI COPIA DI SAGGIO - CAMPIONE GRATUITO, FUORI COMMERCIO (VENDITA E ALTRI ATTI DI DISPOSIZIONE VIETATI: ART. 21, L.D.A.). ESCLUSO DA I.V.A. (DPR 26-10-1972, N.633, ART. 2, 3° COMMA, LETT. D.). ESENTE DA DOCUMENTO DI TRASPORTO.

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Alternanza scuola-lavoro: storia, progettazione, orientamento, competenze Il volume fornisce una lettura completa dell’alternanza scuola-lavoro alla luce delle recenti direttive ministeriali, permettendo ai docenti di affrontare criticamente i documenti fondamentali e di dotarsi di strumenti per la progettazione e valutazione dell’alternanza. Il modello di alternanza scuola-lavoro, nel suo sviluppo nel tempo, viene analizzato nella cornice della scuola attuale, tra punti di forza e criticità, come potenziale strumento (con una serie di avvertenze) di riduzione e prevenzione della dispersione scolastica e di orientamento alla scelta. L’alternanza è uno strumento didattico, e come tale non è buono o cattivo di per sé, ma assume forme diverse a seconda dell’utilizzo che se ne fa. Senza la regia della scuola diventa sottrazione di tempo al diritto all’istruzione e apre a una congerie di rischi. L’efficacia del modello oggi proposto a livello istituzionale (che presenta evidenti limiti) richiede alla scuola e in particolare alla professionalità dei docenti di assumere uno sguardo intersoggettivo, per ripensare la progettazione e insieme la valutazione delle performance didattiche; chiede anche di ascoltare con attenzione i ragazzi e le loro opinioni, le loro richieste, i loro bisogni: solo così si pongono le basi per un dialogo fertile con il mondo del lavoro, invitato a concorrere allo sviluppo di competenze utili per i futuri cittadini e lavoratori. Federico Batini, Professore Associato presso l’Università degli Studi di Perugia dove insegna Metodologia della Ricerca Educativa, Pedagogia Sperimentale, Metodi e Tecniche della Valutazione Scolastica. Direttore della Rivista Lifelong Lifewide Learning. Dirige progetti di ricerca di interesse nazionale e fa parte di network internazionali. Autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche, tra le ultime citiamo: con Marco Bartolucci, C’era una volta un pezzo di legno (Franco Angeli, 2016), Dispersione: ascoltare i protagonisti per prevenirla (Franco Angeli, 2016), Costruire futuro a scuola (Loescher, 2015) Dropout (Fuorionda, 2014; Premio Italiano di Pedagogia 2015). Ha curato Verso le competenze chiave (Pensa Multimedia) e la versione italiana dell’OCSE Skill’s Outlook (Loescher). Ermelinda De Carlo è assegnista di ricerca post doc in Pedagogia Sperimentale presso l’Università degli Studi Perugia. Si occupa di progettazione di interventi didattici e di implementazione di dispositivi di politica attiva per l’occupabilità, dall’esplorazione e riconoscimento delle competenze all’orientamento permanente. Docente di ruolo nella scuola (a oggi in aspettativa), ha collaborato per più di 15 anni con l’Università del Salento nell’ambito dell’Educazione degli Adulti e dell’Apprendimento Permanente. Membro attivo in gruppi di ricerca nazionali e internazionali, è autrice di diverse pubblicazioni scientifiche di settore.

€ 10,00

ISBN 978-88-201-3738-0

3738 BATINI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO: STORIA, PROGETTAZIONE, ORIENTAMENTO, COMPETENZE

9 788820 1 37380

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