Tradurre. Pratiche, teorie, strumenti

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A quanti passaggi e a quante mani sottostà un testo prima di arrivare sotto gli occhi del lettore? Come se la cava il traduttore alle prime armi davanti agli splash e ai sigh?

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Segnaliamo il sito della bellissima rivista semestrale “tradurre. pratiche teorie strumenti“. Arrivata al terzo numero, ora online, la rivista è dedicata alla tecnica e all’arte della traduzione, con articoli lunghi, accurati e spesso davvero illuminanti. Come quello, che abbiamo particolarmente apprezzato, dedicato alla visibilità del traduttore qualora sia egli stesso scrittore, dotato di “voce” e stile propri. L’articolo si apre con le parole scritte in proposito da Natalia Ginzburg, che riportiamo, perché sono meravigliose: “Alcuni pensano che gli scrittori traducano meglio degli altri. Io non lo penso. Penso che qualche volta traducono bene e qualche volta male. Penso che per uno scrittore, il tradurre un testo amato possa essere un esercizio quanto mai salubre, corroborante e vitale. A patto, però, che lo prenda come un esercizio, e si comporti non da scrittore ma da traduttore, tirandosi in disparte il più possibile, cacciandosi il più possibile in un punto nascosto […] Non penso che lo scrittore debba compiere, nel tradurre, un atto di appropriazione. Credo che debba il più possibile far sparire se stesso. Il suo stile, che non adopera, gli langue nelle mani come uno strumento inutile. Tuttavia non se ne può separare nel pensiero, essendogli impossibile nel pensiero separarsene mai, e di tanto in tanto lo accarezza dentro di sé in segreto, pensando al tempo in cui lo userà di nuovo.” (Ginzburg 2001a, 391-392)

Di seguito un ricco sommario degli argomenti trattati negli articoli del terzo numero, tratto dal blog della rivista stessa.

Massimo Carlotto spara il suo Tiro libero per il numero 3 di “tradurre. pratiche teorie strumenti”, da oggi online (http://rivistatradurre.it).
Enrico Terrinoni spiega la sua nuova traduzione dell’Ulysses di Joyce, a cinquant’anni dalla classica di De Angelis. E’ merito dei traduttori se esiste un lessico matematico di base latino (e quindi italiano): lo dimostra Lucio Russo. Un noto scrittore, Paolo Nori, alle prese coi classici russi (e all’esame di Giulia Baselica).
Una parola semplicissima può nascondere significati disparati: è questa un’esperienza didattica di Susanna Basso. La quale intervista anche Anna Nadotti sulla sua recente nuova traduzione di Mrs Dalloway. Valeria Gennero rivela come possa emergere a distanza di anni il profondo significato omoerotico di un romanzo brillante come Auntie Mame. E Silvia Guslandi mette alla prova Elio Vittorini “cattivo” traduttore.
Mentre Elisa Leonzio ricorda Christa Wolf e Gianfranco Petrillo conclude con la seconda parte la storia delle vite intrecciate di Barbara Allason e Anita Rho.
Come se la cava il traduttore alle prime armi davanti agli splash e ai sigh? Lo racconta Pier Simone Pischedda. L’interrogativo di tutti:tradurre il “senso” o la “lettera”? Prova a esaminarlo da vicino Alberto Bramati.
Quattro recensioni: degli atti di due convegni, uno di ardui interrogativi sui rapporti tra le lingue (Aurelia Martelli) e uno sul grande slavista Renato Poggioli (Giulia Baselica); del nuovo Dizionario analogico di Donata Feroldi; e di due libri, uno di Alberto Cadioli e l’altro curato da Gian Carlo Ferretti, che mostrano a quanti passaggi e a quante mani sottostà un testo prima di arrivare sotto gli occhi del lettore.

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