Gli “eccessi” degli eroi greci

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Note a margine di un nuovo libro del grecista Giorgio Ieranò

Dopo averne scritto uno sugli dèi dell’Olimpo, Giorgio Ieranò ha appena sfornato un nuovo libro sugli eroi della mitologia classica, intitolato Eroi. Le grandi saghe della mitologia greca (Sonzogno, Venezia, 2013).

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A mio avviso la “sfida” lanciata  dal nostro autore, raffinato docente universitario all’Università di Trento ma anche brillante divulgatore, è stata anche stavolta vinta: Ieranò ci mostra infatti come sia possibile coniugare il rigore nella ricostruzione filologica dei vari miti con la capacità di renderli appassionanti e, soprattutto, di spiegarne in modo semplice il senso più profondo.
Sì, perché parlare degli eroi è più difficile che parlare degli dèi, onnipotenti, onnipresenti ed onniscienti. Gli eroi – infatti – sono figure a metà tra l’umano e il divino (figli di un soggetto mortale e uno immortale), dalla vita spesso tormentata, piena di gesta “eroiche” (appunto, ci mancherebbe altro…!) ma anche di inquietudini, di veri e propri gesti efferati, di terribili segreti. D’altronde, come ha dimostrato il bel libro di Matteo Nucci, del quale abbiamo già parlato sulla Ricerca, gli eroi piangono spesso pensando al proprio destino.
Il coraggioso eroe Giasone, ad esempio, solca i mari per conquistare il vello d’oro, ma poi tradisce vigliaccamente quella Medea che lo ha amato e aiutato. E questa eroina che fa? Uccide per vendetta i figli avuti proprio da lui. E che dire del saggio re di Creta, Minosse, il cui labirinto racchiude inconfessabili segreti, in primis il mostruoso Minotauro? E di quel Teseo, ateniese, ricordato pure lui come re saggio, che non solo abbandona la sua Arianna, ma si comporta nel tempo (le definizioni sono di Ieranò) come un vero e proprio “playboy” o addirittura pablo_picasso_minotaurocome uno “stupratore seriale”? E di Edipo, parricida e inconsapevole sposo della madre, ma nel contempo stimato re di Tebe?
Sembra proprio che il mondo greco abbia voluto proporre negli eroi i limiti estremi del Bene e del Male cui l’uomo può arrivare; anzi, abbia voluto proporci figure che vanno anche oltre questi limiti umani. Sì, la loro caratteristica più saliente sembra essere proprio l’eccesso… Ma forse l’errore di questa mia definizione (mia, ripeto, non di Ieranò) è quello di usare i concetti di Bene e Male in un’accezione morale troppo lontana da quella greca. Attenzione: non è che i Greci non avessero una morale. Ma è come se davanti a queste figure eroiche sospendessero il giudizio e si lasciassero attrarre dal mistero profondo della loro ambivalenza, considerandola come un oggettivo dato di grandezza, addirittura di “elezione”.  Quella grandezza oggettiva che, ad esempio, fa finire i suoi giorni mortali all’incestuoso Edipo, ormai vecchio e cieco, in un’Atene che lo glorifica: infatti nel bosco di Colono egli ha rivelato – in un’atmosfera irreale – proprio al sovrano locale Teseo i segreti del buongoverno.
Ma il mito più raro, meno noto, cui Ieranò allude è quello di Cleomede, originario proprio dell’isola greca di Astypalea, la cui storia antica e moderna ho già descritto su queste pagine. Grande atleta, pugile invincibile, Cleomede venne squalificato alle Olimpiadi e per questo impazzì: tornato ad Astypalea, prese in ostaggio una scolaresca e fece morire sessanta bambini nel crollo dell’edificio dove si trovava. Egli però fuggì, e, riparatosi nel tempio di Atena, miracolosamente scomparve: così non solo evitò il linciaggio, ma fu “eroizzato” e il suo culto eroico – anche su indicazione dell’oracolo delfico – durò a lungo sull’isola. Insomma, come scrive Ieranò, gli Astypalioti venerarono per secoli la memoria di un pazzo, un invasato, un criminale, un infanticida. Cercare, con la mentalità di oggi, il perché di questo gesto rischia di fare impazzire anche noi, oltre a Cleomede!  Ma ai nostri tempi – come cantava David Bowie – we can be heroes just for one day, mentre gli eroi greci facevano durare molto più a lungo il ricordo delle loro azioni e delle saghe che li vedevano protagonisti. E grazie a libri come quello di Ieranò questo ricordo è destinato a perpetuarsi presso le generazioni successive: Eroi è infatti un’ottima lettura da suggerire non solo ai cultori del mondo antico, ma anche agli studenti di Liceo.

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