Le pietre raccontano una storia

Tempo di lettura stimato: 11 minuti
Nell’ambito del progetto nazionale DLC – Didattica delle lingue e delle letterature classiche una classe seconda Liceo scientifico (indirizzo delle Scienze Applicate) ha realizzato un percorso di ricerca-azione in cui allo studio delle fonti epigrafiche locali è seguito un laboratorio di scrittura creativa, e non solo.
x
Pronao del Lapidario Maffeiano

“Le pietre raccontano una storia” – questo il titolo scelto per l’esperienza didattica autentica e situata, metadisciplinare e multimediale – è stata un’occasione per valorizzare il patrimonio classico locale con la collaborazione di esperti e istituzioni, concorrendo in modo significativo alla costruzione di competenze chiave con esiti formativi per certi versi inaspettati. Si propone di seguito un sommario resoconto delle attività svolte, con la convinzione che siano esportabili e ripetibili con risultati analogamente positivi e tuttavia originali.

L’eredità di Scipione Maffei

«Molte sono le discipline per cui il tavolino non basta»1: così scriveva Scipione Maffei negli anni in cui andava realizzando il museo epigrafico che da lui prende il nome, il Lapidario Maffeiano: ancora oggi lo si può visitare a Verona nella centralissima piazza Bra, accanto all’anfiteatro Arena, simbolo del passato romano della città. Maffei lo aveva concepito nella prima metà del Settecento come palestra per lo studio diretto delle iscrizioni antiche, delle “anticaglie parlanti”: fonti materiali, scritte, primarie e dirette insostituibili per ricostruire la storia, in particolare della sua città natale.
La classe 2G del liceo scientifico Angelo Messedaglia di Verona ha preso alla lettera l’affermazione dell’autorevole concittadino e, abbandonando banchi e aule, ha visitato più volte il museo, sia effettuando percorsi a tema secondo la proposta del Servizio Didattico dei Civici Musei, sia muovendosi in autonomia: ogni studente, infatti, ha “adottato” una pietra esposta, l’ha letta e l’ha studiata; ne ha svolto l’autopsia, come raccomandava lo stesso Scipione Maffei, dagli studiosi contemporanei indicato come il fondatore della scienza epigrafica.
Agli studenti è stata anche suggerita la consultazione delle banche dati online (per le opportune verifiche del testo dell’epigrafe e dello scioglimento delle abbreviazioni, per l’ipotesi di datazione e il luogo di rinvenimento …), nonché la rete in senso più ampio per interpretare le informazioni che la pietra offriva a un osservatore minimamente avvertito.

x

Epigrafi on the road

Le epigrafi sono fra le più diffuse testimonianze del passato romano della Penisola e non si trovano solamente esposte nei musei archeologici: esaurita la loro funzione comunicativa originaria, in molti casi sono state oggetto di reimpiego, come materiale lapideo da costruzione. Sparse capillarmente sul territorio, esse costituiscono elemento non trascurabile di quel “palinsesto discontinuo, pieno di vuoti e di frammenti”2 che lancia una quotidiana sfida ad abbandonare la dittatura del presente e a recuperare un rapporto sano e consapevole con il nostro passato.
Capita, dunque, che passeggiando per le vie di Verona (e di monte altre città italiane, in verità3), ci si possa imbattere in qualche pietra scolpita e incisa, che richiama la nostra attenzione, sottraendoci per un momento al nostro incedere distratto e frettoloso e aprendo uno spiraglio su realtà lontane con le quali pure abbiamo un legame, che assume un carattere assai concreto grazie alla materialità del reperto che abbiamo sotto i nostri occhi.
Mareva De Frenza, autrice del recente volume Le pietre raccontano. Guida alla vita quotidiana di Verona romana (Cierre, Verona 2018), ha fatto un censimento delle maggiori evidenze per le strade di Verona e ha provato a ricostruire le vite che si celavano dietro quei brevi testi, spesso mutili, arrivati fino a noi sfidando le leggi del tempo; le ha restituite in forma di racconto alla nostra attenzione a dispetto dell’oltraggio subito nel momento in cui sono state degradate a semplice materiale edilizio.
Il libro, che gli studenti della 2G hanno letto con viva curiosità e che, guidati dall’autrice, hanno effettivamente utilizzato per percorrere un itinerario inedito nei monumenti e nella storia della loro città, si inserisce nel solco di una tradizione autorevole: già Lidia Storoni Mazzolani nel 1982 aveva costruito un suggestivo romanzo intitolato Una moglie a partire dalla famosa e insolitamente lunga epigrafe nota come laudatio Turiae (ILS 8393) e il mio maestro, Antonio Sartori, aveva realizzato qualche tempo fa un’agile presentazione di alcune iscrizioni da Mediolanum intitolata eloquentemente Gente di sasso. Parlano gli antichi milanesi (Viennepierre edizioni, Milano 2000).

Una pietra, una storia

Stat lapis et nomen tantum, vestigia nulla4: rimangono solo una pietra e un nome, nessun’altra traccia. Così capita di leggere talvolta sulle epigrafi. Tuttavia, proprio partire da un nome inciso su una lapide possono affiorare personalità, sentimenti, pensieri e caratteri. Vite che chiedono di non esser dimenticate. Passeggiando per le vie di Verona, come efficacemente illustra Mareva De Frenza nella sua guida narrativa, ci si può imbattere in Petronia Tertulla, una tredicenne prematuramente scomparsa la cui ara funebre si trova ora fra i tavoli di un locale molto rinomato per fare aperitivo in centro; o succede di incontrare, poco distante, un tal Tenazio Primione, pretoriano e topografo, la cui stele funeraria mutila è murata nella facciata di una rinomata gelateria; o ancora, è possibile pochi passi più in là, mentre si guardano i nuovi arrivi nella vetrina di una elegante boutique, fare la conoscenza di Veronia Cesia, una schiava pubblica, come si evince dal nome, molto amata dal marito e dai figli. Siste, viator, et lege è formula ricorrente negli epitaffi, ma non mancano appelli al viandante più elaborati, anche commoventi a indugiare di fronte al monumento funebre almeno il tempo necessario per leggere il nome di chi non è più, trattenendolo così un istante alla vita. Un auspicio pienamente esaudito a duemila anni di distanza da una vivace scolaresca durante un’uscita didattica nella quale, attraverso la ricostruzione delle storie immaginarie di alcuni antichi abitanti di Verona, si è trovata un’efficace chiave di accesso ai caratteri sociali ed economici della civiltà in cui sono vissute, con riguardo alla storia locale che non trova facilmente spazio nella manualistica, costretta a pur necessarie generalizzazioni e semplificazioni.

    • xAra funebre di Petronia Tertulla
    • xIscrizione funebre di Terenzio Primiano
    • x

Stele di Veronia Cesia

Un esperimento di archeofiction

A questo punto agli studenti non è sembrata affatto peregrina la proposta di scrivere un racconto originale ispirato dall’epigrafe schedata e studiata al Maffeiano, stabilendo così una relazione emotiva con il monumento esaminato, che smetteva di essere un inerte oggetto esposto. A partire dalla decifrazione di poche semplici parole, la sfida era quella di ricostruire una vicenda individuale di uno sconosciuto vissuto duemila anni fa e inserirla in un quadro storico più ampio, coerente con l’epoca di riferimento, a cui era databile l’iscrizione.

L’operazione era finalizzata a mobilitare capacità cognitive e competenze specifiche. Innanzitutto “la finzione, espressa con qualsiasi mezzo narrativo, è un’antica e potente tecnologia di realtà virtuale che simula i grandi dilemmi della vita umana”5: quei racconti, frutto dell’immaginazione e dislocati in un tempo remoto, hanno determinato uno spaesamento, ma non hanno impedito l’affioramento di schegge di vissuto dei ragazzi in forma mediata, ma corrispondenti ai loro bisogni. D’altra parte, anche gli studi più recenti di Michele Cometa e Alberto Casadei sulle poetiche della mente e sulla biologia della letteratura, sottolineano come per la nostra specie il pensiero narrativo giochi un ruolo fondamentale nella costruzione di sé e delle relazioni con l’altro da sé, tanto in fase di ricezione che di produzione. È noto inoltre che “organizzare la conoscenza entro una grammatica e una sintassi sono di per sé modi per appropriarsene”6: ogni studente ha dovuto impegnarsi a fondo per ottenere da parte dei compagni lettori la sospensione dell’incredulità fondante del patto narrativo, facendo ricerche storiche, dando ordine al materiale secondo una trama, caratterizzando i protagonisti, scegliendo il linguaggio più adatto. Sono stati ottenuti testi lineari continui coerenti e coesi di qualità sensibilmente superiore a quelli che caratterizzavano l’attività scolastica ordinaria. La condivisione dei racconti prodotti nell’ambito della ricerca azione ha innescato nella classe dinamiche molto interessanti: tutti si sono sentiti complici di un’impresa comune e nello stesso tempo ognuno ha assunto una nuova identità “alternativa”, corrispondente con il personaggio riportato in vita attraverso la narrazione.

Da questo esperimento di archeofictionè nata una piccola silloge di ventidue racconti, che è stata sottoposta anche al giudizio di una commissione presieduta da Alfredo Buonopane, docente di storia romana dell’Università di Verona, e formata da Margherita Bolla (conservatore del patrimonio archeologico dei Civici Musei di Verona), Mareva De Frenza (autrice del libro sopra citato) e Rosalia Solimando (insegnante di italiano della classe). Non è importante registrare qui i titoli e gli autori dei racconti più apprezzati dagli esperti, ma tutti si trovano ora pubblicati nella sezione Didattica del sito del Museo Maffeiano.

Un cortometraggio

Un ultimo compito di realtà, prodotto finale e sintesi dell’esperienza di apprendimento situato, è stata la realizzazione di un cortometraggio con sceneggiatura frutto di una scrittura collaborativa. Il copione recupera alcune situazioni e alcuni personaggi dei racconti precedentemente scritti individualmente, inseriti in una cornice narrativa originale.
Un giovane visitatore del Lapidario Maffeiano, Andrea, entra per caso nel cortile del Lapidario e vive un’avventura incredibile. Vede, infatti, prendere vita accanto a sé il busto del fondatore del Museo, Scipione Maffei, che lo guida in una breve, sorprendente visita. Mentre cammina fra le iscrizioni, ad Andrea pare di udire distintamente delle voci che provengono dalle pietre. Si materializzano così anche alcuni uomini e donne i cui nomi sono incisi sui monumenti epigrafici; essi dialogano con il giovane studente e raccontano la loro storia, cosicché in conclusione Andrea scopre il valore delle pietre e della storia (il video è su YouTube qui).
Il commento sonoro scelto dagli studenti per accompagnare le immagini è stato il brano La collina, che apre l’album di Fabrizio De André (di cui ricorre quest’anno il ventennale dalla scomparsa) Non al denaro non all’amore né al cielodel 1971. Il lavoro del cantautore genovese, come è noto, è ispirato all’Antologia di Spoon River, la raccolta di poesie di Edgar Lee Master del 1914 in cui ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita degli abitanti di un immaginario paese del Midwest statunitense.
Il video ha partecipato al concorso “Nuovi Alfabeti” in memoria di Silvia Frezzolini, organizzato dal Liceo Classico “Nicola Spedalieri” di Catania; il tema del concorso, infatti, era la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale classico locale nelle sue molteplici espressioni, e l’attività svolta ha raggiunto davvero l’obiettivo di “far parlare” il mondo antico con un alfabeto novus, ossia “nuovo” ed anche “inaspettato”.

Nuove e “vecchie” forme di multimedialità7

Il mondo antico è un laboratorio eccezionale per studiare lo sviluppo delle forme della comunicazione, non solo con riferimento alla nascita della retorica come disciplina specifica del linguaggio. La civiltà romana, in particolare, è stata definita da Louis Robert “civiltà dell’epigrafe” perché le “scritture esposte” erano numerosissime, collocate in luoghi aperti e frequentati; ad esse erano affidati messaggi molto vari, ma specialmente finalizzati a lasciar traccia e memoria di sé, rivolti a tutti e da tutti comprensibili grazie a forme di lettura sistemica che combinava testo iconico (il tipo di monumento, l’impaginazione del testo, l’apparato decorativo …) e testo verbale, quest’ultimo spesso costituito da formule e sigle ricorrenti di immediata comprensione per i più. In altre parole, non è del tutto fuori luogo definire le iscrizioni i mass media del mondo antico ed è possibile operare fruttuosi confronti fra nuove e vecchie forme di multimedialità, evidenziando naturalmente soprattutto gli scarti con un’operazione di necessaria storicizzazione. Rispetto ad esempio alla naturale aspirazione a lasciare una taccia della propria esistenza, non è detto che le nuove tecnologie e l’ecosistema digitale, così funzionali ad attirare l’attenzione nell’immediato, possano offrire strumenti efficaci a lento rilascio tanto quanto le “anticaglie parlanti” dei nostri antenati.


Note

1. S. Maffei (1732) Prospectus universalis collectionis Latinarum veterum, ac Graecarum ethnicarum, et christianarum inscriptionum…, Verona, pp. 3-4. Sull’opera si veda A. Buonopane, Il Prospectus universalis collectionis di Scipione Maffei e la nascita della scienza epigrafica, in Scipione Maffei nell’Europa del Settecento. Atti del Convegno – Verona 23-25 settembre 1996, Verona 1998, pp. 659-677.

2. Questa espressione di Tomaso Montanari è ricavata da Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà, minimum fax, Roma 2014, precisamente dal brano che stato usato come traccia di prima prova – tipologia B – nell’ultima sessione dell’Esame di Stato conclusivo del II ciclo.

3. Per la città di Milano, si veda l’interessante progetto ME-TI: Sara Borrello, Progetto ME-TI (Mediolanum-Tituli). Uno sguardo multimediale alle epigrafi latine di età romana reimpiegate nel centro di Milano, in “Annales de Janua”, 4 , 2016, online qui.

4. CIL VI 22215 (CLE 801), da Roma.

5. J. Gottschall, L’istinto di narrare, Bollati Boringhieri, Torino 2012, p. 85.

6. P. Jedlowski, Il racconto come dimora, Bollati Boringhieri, Torino 2009, p. 19.

7. Così è intitolato un contributo di Mauro Reali disponibile sul sito Mediaclassica. Dello stesso autore, insieme con Gisella Turazza, è un lavoro sull’utilizzo didattico dell’epigrafia, cioè: M. Reali – G. Turazza, Parole di pietra. Epigrafia e didattica del latino, in Prospettive per l’insegnamento del latino – La didattica della lingua latina fra teoria e buone pratiche, a cura di Andrea Balbo e Marco Ricucci, Quaderni della Ricerca, 16, Torino 2014, pp. 47-57.

Condividi:

Claudia Mizzotti

Già bibliotecaria, insegnante di Lettere italiane e latine nel liceo e formatrice, è autrice Loescher di un manuale di storia.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it