Il passadondolo e altre parole da rimettere in gioco

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L’ho trovato da Nicoletta, quella di Trame, la grande libraia gentile della strada accanto. Si intitola Il passadondolo (sottotitolo: Dizionario delle parole ritrovate e adottate da…, add editore, 2012) e un titolo così non passa inosservato.

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I genitori adottivi sono 36 scrittori e personaggi del mondo della cultura (alta e pop), le parole adottate un centinaio (tre per ciascuno): tutte cancellate dai dizionari perché uscite dall’uso insieme ai referenti o alle idee cui rimandano (si tratta spesso di nomi di oggetti, professioni, istituzioni, mode, atteggiamenti del passato, testimoni di una diversa visione del mondo), o mai entrateci in quanto frutto dell’invenzione letteraria del momento. Perché anche le parole muoiono quando non sono più moneta di scambio; anche le lingue muoiono quando nessuno le tiene più in vita nel commercio quotidiano della comunicazione, parlata e scritta.

Il libro nasce da un gioco lanciato sulle pagine della rivista Marie Claire dalla giornalista Enrica Caretta e si ispira a un’iniziativa analoga dello scrittore spagnolo Javier Marías, che aveva chiesto aiuto ad alcuni amici per salvare una parola a rischio di estinzione: acercanza ‘vicinanza, prossimità’, ormai soppiantata dal sinonimo cercanía – come si legge in J. Marías, Voglio essere lento. Conversazione con Elide Pittarello, Passigli editore, 2010. Secondo una regola della Real Academia Española, infatti, le parole non più usate dopo il 1500 dovrebbero essere eliminate dal dizionario. Ma gli amici dello scrittore sono riusciti a rimettere la parola in circolo, usandola in articoli, vignette, racconti, obbligando così i lessicografi a registrarla nelle nuove edizioni dei dizionari come neologismo di ritorno.

Ma in Italia (in assenza di un’autorità che abbia il potere di legiferare sui fatti di lingua), la tendenza dei dizionari è molto più conservativa: si aggiungono ogni anno lemmi nuovi, ma si fa fatica a tagliare i rami secchi, convinti che anche un dizionario dell’uso debba venirci in soccorso quando leggiamo testi della tradizione e ci imbattiamo in parole desuete (per forma o per significato).

La giornalista è partita da una lista di 60 parole contenute nell’edizione 2002-2003 del dizionario Devoto-Oli: parole che i curatori (Luca Serianni e Maurizio Trifone) avevano deciso di espungere (altra parola ormai desueta!), e le ha proposte a una serie di scrittori perché la adottassero, spiegandone il motivo. Ogni scrittore, accanto a una parola uscita dall’uso, ha scelto un’altra parola da salvare, perché ancora in uso ma bisognosa di protezione, e/o un’altra parola inventata di sana pianta.

Le parole della lista che nessuno ha adottato sono state accolte ugualmente nel libro, corredate della sola definizione (abbachista, abbadatore, agguagliatore, argentiera, bagnaiolo, bigherinaia, cambiatura, caposoldo, chitare, dazaiuolo, decretorio, denunciazione, dispoto, entramento, falta, genarca, ghettume, gualercio, guerriare, lippitudine, manganeggiare, margo, offuscazione, pampinuto, panaggio, saccomazzone). Quelle adottate sono diventate il pretesto per piccole autobiografie: racconti orali trascritti dalla giornalista intervistatrice (con l’eccezione di Emma Dante, Patrizia Valduga e Andrea Camilleri, che partecipano con contributi scritti).

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Polo Poli salva adustezza (‘asciuttezza, magrezza, aridità’) e adotta zuzzurellone. Alessandro Bergonzoni salva alchimiare (scelta comune al geografo Franco Farinelli) e inventa ripalatarsi (‘rimettere in ordine il palato’). Andrea Camilleri condivide con la cantante Arisa baciabasso come parola da rimettere in circolazione, adotta un significato di speculazione (quello di ‘ricerca senza intenti pratici’) offuscato e svilito dal prevalente significato finanziario, e tra le parole inventate sceglie una parola-valigia firmata da Lewis Carroll: snualo (ingl. snark), l’animale inventato metà pescecane (ingl. shark) e metà serpente (ingl. snake) protagonista del poema nonsense eponimo. L’astrologo Marco Pesatori sceglie bischizzare ‘giocare con le parole’, vorrebbe salvare danda (redinella per bambini che cominciano a camminare) e lancia esopolitica: una politica capace di guardar fuori dagli orizzonti terrestri, di gettare un ponte verso altre galassie. Il genetista Edoardo Boncinelli salva facimento (‘ciò che sta tra le premesse di un fatto e il suo compimento’), adotta esauriente (troppo spesso sostituito col meno onesto esaustivo) e conia amorgrande per indicare un sentimento capace di resistere all’usura del tempo. La poetessa Patrizia Valduga, che pure rinuncerebbe volentieri a quel «cottolengo di parole», sceglie di salvare l’impudico lubricante, adotta la congiunzione coordinante disgiuntiva o (troppo spesso sostituita dal vacuo piuttosto che) e conia morientemente e moribilità, adatti a dire in versi la paura mortale della morte (e, di conseguenza, della vita). Ascanio Celestini reclama per sé, fabbricante di finzioni, mascheraio: la stessa parola che Maurizio Maggiani vorrebbe riportare in vita per nominare i tanti ingannatori seriali che ci circondano. Tra le ultime, in ordine alfabetico, troviamo passadondolo, la parola che dà il titolo al libro, nome di un trastullo infantile che, nel racconto di Elisabetta Sgarbi, diventa «un passaporto per l’altrove».

Mi associo anch’io alla difesa di serendipità (una parola-scoperta intorno alla quale disponiamo di un bellissimo libro di storie e avventure narrate dai sociologi Robert K. Merton ed Elinor G. Barber) e sprezzatura (postura della mente su cui ha riflettuto Baldassarre Castiglione nel suo Cortegiano, ma anche Cristina Campo in un piccolo, indimenticabile saggio).

Un libro «etico, civile», come scrive Andrea Bajani nella prefazione, «perché è l’invito a compiere una scelta. A scegliere – e a inventarsi, eventualmente – una parola per vivere in un paese, e in un tempo più civile di quello che viviamo. Scegliendola, avendone cura, portandone testimonianza».

Va detto che il più famoso e diffuso dei dizionari dell’italiano, lo Zingarelli, aveva lanciato nel 2009  una campagna analoga a favore delle “parole da salvare” per scrivere il futuro: dapprima sotto forma di premio di scrittura rivolto alle scuole (le dieci parole più votate dagli insegnanti sono state, nell’ordine: zotico, uggioso, artefice, oblio, abominio, arduo, duttile, ameno, bislacco, ciarpame), poi sottoforma di lista di lemmi (2820 nell’edizione del 2011) contrassegnati all’interno del dizionario da un simbolo apposito (un trifoglio).

P.S.: Se volete adottare o salvare una parola, il gioco continua: basta scrivere a info@addeditore.it.

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Cristiana De Santis

Ricercatrice di Linguistica italiana presso l’Università di Bologna (sede di Forlì). È coautrice della grammatica Sistema e testo (Loescher, 2011).

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