Tecnologie infernali

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Pur configurandosi come prima parte del maggior capolavoro della poesia italiana e pur collocandosi tra i più rilevanti prodotti della letteratura mondiale di tutte le epoche, l’“Inferno” di Dante Alighieri non ha certo beneficiato, ai suoi tempi, della risonanza mediale riservata in questi giorni all’analogo titolo di Dan Brown.

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La nuova vicenda del professor Robert Langdon, oltre a essere un best seller predestinato, è infatti un esempio particolarmente evidente e solido di ammiccamento da parte della narrativa di consumo (quanto mai lucidamente definita da Faletti “da ombrellone”, perché destinata all’intrattenimento puro) alla cultura letteraria “alta”, ricca invece di valenze estetiche e di significati universali e come tale destinata a entrare nei canoni culturali e nei percorsi di apprendimento. E così magari qualcuno di coloro che hanno studiato o ancora studiano Dante si chiederà: “Come verrà collocata la visione allegorica originale nel mondo attuale?”, “Come saranno rese le atmosfere?”, “Quali saranno le citazioni, i riferimenti, le interpretazioni?”. E così via. Un modo, insomma, per altro tipico di tutte le opere di Dan Brown, di ampliare il proprio mercato potenziale, stuzzicando la curiosità dei lettori più eruditi. Non intendiamo certo entrare nel merito della vicenda – gli amanti dei thriller vanno rispettati! – ma piuttosto sottolineare un aspetto particolare del romanzo, l’uso consapevole come elemento fondante della trama di proiezioni operative e sedimentazioni antropologiche di cui sono protagoniste le tecnologie digitali. Per risolvere il problema di fornire anche ai lettori poco o per nulla informati su Dante le notizie essenziali per la comprensione dell’intreccio, senza per contro infastidire coloro che le possiedono, Dan Brown escogita una soluzione davvero molto semplice e credibile. Il professor Langdon rievoca più di una volta nella propria mente una sua precedente conferenza sul Sommo Poeta a un pubblico nord-americano, la cui matrice culturale non è esattamente umanista e il cui interesse per l’Alighieri è divulgativo, senza per questo essere superficiale. Il discorso è supportato da slide digitali, che l’autore descrive sommariamente una per una; il lettore che fosse particolarmente interessato, anzi, potrebbe rinvenire in queste pagine addirittura gli elementi utili – le parole-chiave – per andare a cercare su Internet in prima persona le immagini utilizzate da Langdon a supporto delle nozioni fornite all’uditorio, e realizzare quindi una speciale forma di immedesimazione nella storia.
Più in generale, Dan Brown fa continuamente i conti con la presenza ubiquitaria degli strumenti di accesso alle informazioni. Uno dei problemi del protagonista è infatti l’avvenuto smarrimento del proprio smartphone e la conseguente impossibilità di collegarsi alla rete per consultare certi particolari passi del poema dantesco, se non ricorrendo a strumenti in possesso di altri personaggi. In altre occasioni, invece, sono lo spessore di muri e soffitti o la (millantata) mancanza di carica delle batterie a impedire la connessione immediata e a costringere quindi il nostro eroe della simbologia e dell’iconografia religiosa a rimandare la soluzione dell’enigma, di volta in volta costituito dal riferimento dantesco messo in campo dal terribile antagonista.
Da rimarcare, infine, il fatto che il libro è disponibile anche in versione per eReader, ovvero per dispositivi in grado di avviare e gestire direttamente navigazioni e ricerche e quindi di invogliare l’utente a una sorta di lettura aumentata, che approfondisca immediatamente gli stimoli ricevuti.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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