“Screening” o “rilevazione precoce” dei D.S.A.?

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Un modello di intervento a favore dei bambini “a rischio” delle classi prima e seconda della scuola primaria.

dislessia

1. Cosa sono i DSA

Con il termine Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) ci si riferisce ai disturbi di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. La dislessia si manifesta come difficoltà di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. La disgrafia è un disturbo della scrittura di natura motoria che rende difficoltosa la realizzazione grafica delle parole scritte. La disortografia è un disturbo della scrittura di natura linguistica che riguarda la difficoltà nel trasformare il linguaggio parlato nel linguaggio scritto rispettando le regole ortografiche. La discalculia ha due facce: riguarda la costruzione del concetto di numero e le abilità di calcolo.
Alla base dei disturbi vi sono disfunzioni neurobiologiche che interferiscono con il normale processo di acquisizione delle abilità di lettura, scrittura e di calcolo. Una caratteristica rilevante dei DSA è la comorbilità, ossia la presenza nello stesso soggetto di disturbi neurologici (come il disturbo dell’attenzione con iperattività) o psicopatologici (ansia, depressione e disturbi della condotta).
Il documento della Consensus Conference (Milano 2007) definisce i DSA una “categoria nosografica” la cui caratteristica è quella della “specialità”, intesa come un disturbo che interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

2. Quanti sono e come rilevare la presenza di DSA negli studenti

I disturbi specifici di apprendimento (DSA) hanno un’incidenza epidemiologia oscillante tra il 2,5 e il 3,5 % (Consensus Conference, 2010) della popolazione in età evolutiva. In Italia le percentuali di studenti con diagnosi di DSA sono lo 0,8 nella primaria, l’1,6 nella secondaria di 1° grado e lo 0,6 nella secondaria di 2° grado (fonte MIUR), quindi i DSA nella scuola italiana sono attualmente sottostimati, riconosciuti tardivamente o confusi con altri disturbi. Il mancato riconoscimento è probabilmente imputabile al fatto che se da un lato gli insegnanti della scuola rilevano già nelle prime fasi dell’apprendimento la presenza di difficoltà, in quanto si rendono conto che l’alunno si discosta dal gruppo nell’acquisire le conoscenze e le abilità previste, il processo che porta alla diagnosi clinica che accerta la presenza di DSA è complesso, richiede tempo e, per essere efficace, si svolge in due fasi/luoghi diversi. In prima battuta nella scuola e successivamente presso i servizi specialistici. La prima fase compete agli insegnanti, con la necessità di collaborare con esperti che mettono a disposizione saperi specialistici che la scuola, almeno per ora, non ha, e richiede il coinvolgimento delle famiglie. La seconda fase è a carico dei servizi delle ASL/altri Enti accreditati. È però fondamentale una precisazione: la prima fase non si esaurisce con la somministrazione di prove ai bambini/ragazzi e con il conseguente invio agli specialisti per la valutazione diagnostica di coloro che hanno ottenuto punteggi sotto la soglia di accettabilità. È necessario, sulla base dei risultati alle prove, attivare interventi di natura pedagogico–didattica, sistematici e intensivi per uno–due mesi, da parte di insegnanti formati e con l’obiettivo di migliorare le prestazioni in lettura, ortografia e calcolo. Solo per gli alunni che si dimostrano “resistenti”, cioè manifestano miglioramenti poco significativi, che quindi si confermano come maggiormente “a rischio”, e solo per questi va raccomandato alla famiglia un invio ai servizi specialistici per la valutazione diagnostica.

3. La ricerca: La rilevazione precoce delle difficoltà di letto–scrittura nelle classi prime e seconde nella scuola primaria del Trentino

Oggetto della ricerca sono state le diverse modalità con cui le scuole trentine realizzano una progettualità mirata in risposta alle difficoltà di lettura e scrittura in bambini di classe prima e seconda con capacità cognitive nella norma, ma con peculiarità specifiche negli stili e nei tempi di apprendimento.
L’origine di questa pratica, introdotta nella Provincia di Trento circa una decina di anni fa, è riconducibile alle esperienze di screening per l’individuazione precoce dei bambini a rischio dislessia, promosse inizialmente dall’Associazione Italiana Dislessia, attualmente condotte su larga scala nelle classi prime della scuola primaria in numerose Regioni. Tali esperienze si connotano come intervento di prevenzione primaria e secondaria dei Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA).
Nel corso degli ultimi quattro anni questa modalità di azione ha avuto nel Trentino una diffusione considerevole, diventando una prassi che coinvolge circa il 70% degli Istituti Comprensivi. Si è pertanto ritenuto opportuno farne oggetto di approfondimento con una azione di ricerca per evidenziarne potenzialità e punti di debolezza.
Come strumento di ricerca è stato utilizzato un questionario on-line (CAI, computer assisted interview). Il questionario, nella sua forma definitiva, ha circa 60 domande organizzate intorno alla tematica delle pratiche di rilevazione delle difficoltà di lettura e scrittura nelle scuole. È stato inviato via email a tutti i 56 Istituti Comprensivi della Provincia di Trento tra giugno e luglio 2009. La percentuale di “ritorno” dei questionari è di circa il 90%.
I dati raccolti hanno costituito la base di partenza per un’analisi critica che ha permesso di identificare, sulla base di caratteristiche comuni alle diverse esperienze, un modello di rilevazione precoce delle difficoltà di lettura e scrittura articolato in una struttura a 7 componenti:
1. l’attivazione di un rapporto di consulenza privato con esperti di area professionale prevalentemente di ambito clinico;
2. la delega da parte del dirigente scolastico ad un docente per la gestione e il monitoraggio del progetto per la rilevazione e l’intervento di recupero delle difficoltà rilevate;
3. le modalità di adesione al progetto (circa il 70% dei casi) decisa dal Collegio dei Docenti e vincolante per tutti i docenti;
4. i destinatari del progetto, rivolto ai bambini delle classi prime e seconde della scuola primaria, raramente delle classi successive;
5. l’attivazione di corsi di formazione per tutti i docenti dell’Istituto sul tema delle difficoltà di apprendimento e dei DSA;
6. la somministrazione delle prove affidata all’insegnante responsabile del progetto con una formazione ad hoc sul tema;
7. le tipologie di azioni conseguenti alla rilevazione:
– l’attivazione di interventi di recupero individuale (65% dei casi), oppure (95% dei casi)  a piccoli gruppi di alunni della stessa classe ma anche, quando possibile, di classi diverse; solo nel 20% dei casi gli insegnanti adottano strategie didattiche di differenziazione sulla base dei profili di apprendimento individuali;
– la comunicazione dei risultati alle famiglie, con colloqui individuali per i genitori dei bambini con difficoltà (95% dei casi).
I progetti di rilevazione precoce ottengono un alto gradimento dagli insegnanti che li giudicano soddisfacenti ed efficaci nel 94 % dei casi.

4. Cosa si va a rilevare?

È utile precisare che il progetto di rilevazione precoce non va a cogliere tutti gli aspetti della lettura, processo cognitivo–linguistico assai complesso che richiede diversi livelli di consapevolezza, all’interno del quale si può distinguere un piano funzionale (il valore comunicativo della lingua scritta, il senso) da un piano strumentale (la conoscenza del codice per la decodifica del testo, nelle due componenti di accuratezza e velocità). La rilevazione (secondo quanto emerge dal questionario: in tutti i casi  in classe prima, in quasi la metà delle situazioni in classe seconda) sonda unicamente gli aspetti legati all’acquisizione del codice, alla strumentalità dell’atto della letto-scrittura.
Una simile scelta attua una sorta di “riduzionismo metodologico”, necessario in considerazione della fase evolutiva dei bambini all’inizio del processo di alfabetizzazione. Questo non vuol dire che fin dall’inizio non si debba lavorare sul senso della lingua scritta con la proposta di percorsi sulla sua funzionalità, inserendo anche il lavoro specifico sul codice in contesti il più possibile significativi. La separazione tra codice e senso, importante in un’ottica neuropsicologica, non è accettabile dal punto di vista pedagogico: insegnare a leggere e a scrivere vuol dire sì insegnare un codice, ma anche aiutare a scoprire il suo valore, che va ben oltre la scuola stessa, avendo a che fare con la comprensione della realtà e la comunicazione con gli altri.
In particolare in classe prima, la fase iniziale di acquisizione della lettura e scrittura, il progetto di rilevazione precoce va a cogliere, all’interno del linguaggio scritto, unicamente l’aspetto del codice, introducendo nel mondo della scuola l’ottica neuropsicologica della separabilità delle funzioni complesse in sottocomponenti; tale approccio va integrato con il punto di vista pedagogico che mira a fare sintesi tra l’automatismo del codice, la sua funzionalità e i suoi scopi comunicativi e sociali.

5. Screening o rilevazione precoce?

Fare uno screening in medicina significa “selezionare” all’interno di un’ampia popolazione i soggetti portatori di un indice di rischio, che vanno quindi indirizzati ad approfondimenti più specifici per confermare o escludere una diagnosi di malattia. In molti screening di tipo medico (ad esempio per patologie della vista o dell’udito), la scuola quindi si limita a fornire il “bacino di utenza” per un processo che, avviato al suo interno, si snoda poi interamente all’esterno di essa.
Nelle esperienze sempre più diffuse di rilevazione, dello screening si assume unicamente il fatto di avvalersi di prove standardizzate, somministrate ad una vasta popolazione, prevalentemente con modalità collettiva. Per tutto il resto esso si differenzierà dallo screening classicamente inteso: l’eventuale rilevazione di difficoltà, infatti, metterà in moto la progettazione didattica, innescando un processo di cambiamento interno alla scuola stessa che coinvolgerà non solo il singolo bambino, ma anche i suoi compagni e i suoi insegnanti.
Per questo si ritiene fuorviante parlare di screening e si reputa decisamente errato parlare di screening per la dislessia: infatti, non ci si propone di rilevare la presenza di dislessia (che, come noto, può essere diagnosticata solo dopo il secondo anno di scolarizzazione), bensì delle diverse difficoltà possibili nelle prime fasi di acquisizione del codice scritto (che possono riconoscere ragioni diverse, da quelle di tipo pedagogico a quelle emotivo-conflittuali, a quelle collegate allo sviluppo cognitivo e neuropsicologico del bambino o a carenze sensoriali). L’indicazione è quindi di evitare il termine dislessia e si suggerisce di preferire al termine screening quello di rilevazione precoce.
Non è solo una puntigliosa precisazione terminologica. Le parole veicolano concetti che a loro volta si riempiono di significato in quanto collocate all’interno di teorie/visioni della realtà. I due termini screening e rilevazione precoce rimandano a due approcci radicalmente diversi, bio–medico il primo e bio–psico–sociale il secondo, di analisi e comprensione delle diversità individuali con cui ciascun bambino acquisisce le abilità di letto scrittura. Utilizzare uno dei due termini significa, anche se non del tutto consapevolmente, accettare un modello culturale di disabilità/diversità che influenzerà inevitabilmente la progettazione della scuola, le pratiche didattiche, le azioni degli insegnanti in classe. La preferenza per il termine rilevazione precoce è l’indicatore che la progettazione della scuola parte dal principio che il successo scolastico dipende dalla capacità professionale dei docenti di modificare i curricoli, differenziare la didattica e adattare l’organizzazione in modo che ciascun alunno raggiunga il proprio livello ottimale. Viceversa il pericolo è di considerare le difficoltà scolastiche tipiche di soggetti con DSA una conseguenza delle caratteristiche non modificabili dell’alunno. Le resistente di molti insegnanti nei confronti delle pratiche di screening sono da interpretare come la segnalazione del pericolo che  la dimensione clinica/riabilitativa, certamente indispensabile in un certo periodo del processo apprenditivo dell’alunno con DSA, prevalga su quella pedagogico/didattica che assume la diversità come dimensione con cui si impara a convivere valorizzando le potenzialità, salvaguardando una positiva immagine di sé a fondamento della fiducia in se stessi di cui tutti gli alunni hanno bisogno per affrontare le sfide del loro futuro.

Per approfondire: http://www.iprase.tn.i

http://www.aiditalia.org/upload/dsaraccomandazioniperpraticaclinicaconsensusconference2007.pdf

http://www.aiditalia.org/upload/cc_disturbi_apprendimento_sito.pdf

Si veda il documento Indicazioni alle scuole per la rilevazione precoce delle difficoltà di lettura e scrittura sul sito Iprase: http://try.iprase.tn.it/attivit%C3%A0/azioni_di_sistema_FSE/bes/download/Diff_lett_scrittura.pdf.

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Silvia Tabarelli

Docente a contratto di didattica speciale presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose, Università di Studi Teologici di Bressanone. Ha operato per dieci anni come insegnante psicopedagogista presso un istituto comprensivo di Trento. In distacco presso IPRASE dal 2008, si è dedicata allo studio e alla ricerca empirica nell’ambito dei processi dell’integrazione scolastica di studenti con disabilità o in condizione di disagio psicosociale.

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