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Maggio è da sempre un mese particolare. La scuola sta finendo, per molti aspetti, anzi, è già terminata: molti giochi sono fatti, molti esiti fiscali e conseguenti destini personali sono in gran parte decisi.

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Chi tra gli studenti si illudeva di recuperare con un rush finale le insufficienze accumulate con mesi di inerzia si sta progressivamente rendendo conto, alla prova dei fatti, di aver coltivato un’empia illusione. Molti di noi insegnanti si devono per contro ancora una volta arrendere all’idea di aver ipotizzato negli allievi ritmi di apprendimento troppo rapidi e quindi scremare ulteriormente i “contenuti” da proporre loro.
Maggio è però anche il mese in cui la Vigente Normativa ci impone di procedere alla Formale Adozione dei Libri di Testo. Ovvero: alla scelta, con valore vincolante, degli Strumenti di Mediazione Didattica che intendiamo utilizzare nel prossimo futuro. Ossia: all’individuazione degli Ambienti di Apprendimento nei e mediante i quali intendiamo sviluppare le Competenze Culturali di Cittadinanza previste dalle Indicazioni Nazionali emanate dal Superiore Ministero.
I Protocolli Vigenti prevedono come primo passo la convocazione – allo scopo di formulare le Proposte di Adozione – dei Dipartimenti di Istituto, organismi scaturiti dal fatto che l’organizzazione della scuola e l’istituzionalizzazione del sapere ne prevedono la divisione non solo in Materie, ma anche in Classi di Concorso, con il risultato che Storia è abbinata a Filosofia nei licei e a Italiano nei tecnici e nei professionali. Per non parlare di GeoStoria, ibrido culturale recentemente partorito dalla necessità di subordinare la formazione dei giovani alle cicliche esigenze di revisione della spesa pubblica. Il compito dei Dipartimenti è molto chiaro: individuare le incolmabili carenze dei libri di testo al momento utilizzati nell’istituto e magnificare le potenzialità didattiche di quelli prossimi venturi. Non sarà certo la semplificata possibilità di adottare strumenti alternativi a quelli usuali – il “digitale” è un blob informe, che interessa solo nicchie sempre più ristrette – a inficiare questa triste tradizione annuale.
Salvo situazioni eccezionali, le proposte formulate in questo contesto saranno trasformate in Delibere dai Collegi dei Docenti, che a loro volta le accoglieranno senza discussione, replicando una consuetudine operativa risalente all’istituzione degli organi collegiali di gestione della scuola.

Maggio è però anche il mese in cui – parodia della catena alimentare, distorsione della fotosintesi clorofilliana – arrivano alla nostra attenzione non solo i materiali con cui costruire l’istruzione degli studenti, ma anche i risultati finali della medesima: non vi è giorno, infatti, in cui gli studenti stessi non ci facciano domande o non ci chiedano chiarimenti, spunti, aiuti a proposito delle cosiddette “tesine”. Molto spesso – in quello spazio a noi destinato che gli ultimi spasmi lessicali dell’ottimismo professionale chiamano “sala insegnanti” – si intercettano così scambi di battute tra colleghi che lamentano la limitata qualità, la scarsa originalità, l’illogicità delle bozze loro sottoposte; i più estremisti si spingono ad affermare che questo modo di aprire il colloquio orale dovrebbe essere abolito, perché diventato poco serio, perché reso insostenibile, perché ridotto a stanco rituale svuotato di senso e significato.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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