Corsi di diploma a elevata accessibilità

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Questa storia inizia durante l’anno scolastico 2004-2005, durante il quale il settore pubblica istruzione della Provincia di Grosseto svolge un’indagine finalizzata alla sperimentazione e attuazione di un percorso scolastico per conseguire un diploma superiore on-line.

Dalla ricerca, pubblicata nel  2005 con il titolo Educazione degli adulti e diploma on-line, risulta che, su una popolazione di circa 115.000 grossetani tra 19 e 55 anni, la metà è in possesso del solo diploma di scuola media di primo grado, mentre oltre il 30% di questi ultimi si dichiara interessato a conseguire un diploma on-line. Particolarmente interessante è inoltre l’analisi della situazione nei territori decentrati, a proposito dei quali si legge che «la presenza o meno di una scuola superiore sul territorio comunale e la difficoltà di comunicazione con i centri principali della provincia, a cui sono soggetti gli abitanti dei comuni disagiati, sono fattori che influiscono molto sulla scolarizzazione della popolazione; infatti i titoli di studio superiori (laurea e diploma) sono mediamente più presenti tra gli abitanti dei comuni in cui è presente almeno una scuola superiore, mentre il grado di istruzione più basso (licenza scuola elementare) è più frequente nei comuni disagiati e senza scuola superiore».
Dopo una fase di progettazione, quindi, durante l’anno scolastico 2006-2007 iniziano le attività didattiche con il corso di qualifica e di diploma per operatore e tecnico qualificato in gestione informatica aziendale (rilasciato dall’Istituto professionale Luigi Einaudi di Grosseto, capofila dell’intervento). Le prime due aule decentrate, nelle quali sono erogate le lezioni per due giorni a settimana, si trovano a Cinigiano, sulle colline alle pendici del Monte Amiata, al centro di un’area agricola con 2737 abitanti (densità abitativa 16,7 abitanti per kmq), e a Monterotondo Marittimo, sulle Colline Metallifere, un piccolo comune di 1243 abitanti concentrati nel capoluogo. In entrambi i comuni si trova un CTP (Centro Territoriale Permanente) per l’educazione degli adulti. I docenti del CTP lavorano in collaborazione con quelli dell’istituto secondario capofila per integrare l’offerta formativa nelle materie di base. Per le attività di aula, le amministrazioni comunali mettono a disposizione un’aula multimediale e un tutor. Durante gli anni successivi aprono aule decentrate a Capalbio, Isola del Giglio, Roccastrada, Follonica, Caserma del Reggimento Savoia Cavalleria di Grosseto, Porto Ercole, Ribolla, Paganico. Sono inoltre attivate due aule nei comuni di Santa Fiora e Arcidosso, con l’Istituto professionale Balducci-Da Vinci e il CTP di Arcidosso. Alcune sedi sono poi chiuse a conclusione del ciclo triennale del corso, articolato in tre periodi didattici secondo il modello proposto poi dal regolamento sui Centri per l’Istruzione degli Adulti (vedi articolo a p. 58). Grazie a questo progetto, attivato con le normative vigenti e con le risorse messe a disposizione da Stato, Regione, amministrazione provinciale e comuni, ad oggi sono stati rilasciati 123 diplomi di Stato e 190 diplomi di qualifica.

Il sistema EDA
Nell’agosto 2009 la giunta regionale della Toscana approva il Sistema regionale di educazione degli adulti. Dedicato principalmente alle strategie d’educazione non formale, questo documento prevede anche misure per accrescere la qualità dei programmi di istruzione degli adulti, la loro efficacia e adeguatezza rispetto ai modi d’apprendere in età adulta. In particolare, sostiene la Regione Toscana, «tenuto conto della necessità di rendere più flessibile l’offerta e d’estendere il numero dei partecipanti alle attività di istruzione finalizzate al conseguimento di titoli di studio (incluso il diploma di scuola media superiore), si tratta di attivare interventi che utilizzino nuovi modelli organizzativi e nuove tecnologie». A questo scopo, con il fine d’aumentare l’accessibilità del sistema dell’Istruzione degli Adulti (IDA), la Regione Toscana, si legge nel documento, «intende diffondere, in forma sperimentale, in altri contesti territoriali il modello didattico-organizzativo del progetto “Diploma on-line”, sperimentato con successo nella provincia di Grosseto, […] e rivolto a tutti gli adulti che per motivi diversi non erano in grado d’accedere alle risorse educative tradizionali, ma desideravano incrementare le competenze di base, trasversali e tecnico-professionali e acquisire un titolo di studio (qualifica professionale e diploma di Stato)».
Per validare il modello, dunque, il settore istruzione della Regione Toscana, nell’anno scolastico 2010-2011, avvia una sperimentazione nelle province di Grosseto, Siena e Arezzo, estesa dall’anno successivo all’intero territorio regionale. Questi progetti, cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo, hanno consentito di mettere a punto le procedure, i modelli organizzativi, i materiali didattici, le piattaforme per la gestione dei contenuti e la manualistica per la gestione delle attività didattiche. Per quanto ogni progetto abbia caratteristiche peculiari in base al contesto territoriale e, quindi, ai bisogni specifici e alle risorse disponibili, emergono alcuni elementi comuni. Per esempio, l’integrazione di risorse e modelli di sistemi della formazione professionale, dell’orientamento e dell’istruzione, oltre all’adozione del blended learning finalizzato a rendere i corsi compatibili con gli stili di vita e le risorse dei partecipanti potenziando l’efficacia dell’azione didattica grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Naturalmente, l’adozione di questo tipo di didattica consente di sviluppare, sia pure indirettamente, le competenze digitali dei docenti e degli alunni.

Didattica ibrida
Il blended learning, in italiano “apprendimento misto” o “ibrido”, descrive un processo di formazione caratterizzato da un mix di didattica tradizionale e didattica mediata dalle nuove tecnologie: un percorso potenziato grazie all’uso della tecnologia, sia on-line (aule virtuali, learning object, podcast ecc.) sia off-line (DVD ROM, file audio e video ecc.).
Attraverso la combinazione opportunamente dosata di formazione tradizionale ed e-learning, è possibile migliorare l’accesso all’apprendimento rendendolo più flessibile e stimolante senza tuttavia rinunciare, com’è nel caso dell’e-learning, alla ricchezza del contatto umano tipico della didattica tradizionale. Inoltre, grazie alla possibilità d’introdurre gradualmente e sempre parzialmente le nuove tecnologie, il blended learning offre l’opportunità di costruire un rapporto positivo con l’e-learning e, in generale, con le risorse offerte dall’industria dei contenuti e dall’utilizzo dei nuovi dispositivi mobili (come tablet e smartphone) che stanno modificando l’approccio alla lettura, alla fruizione di multimedia e alla comunicazione interpersonale.
È da considerare poi che il blended learning applicato all’IDA rappresenta un’occasione straordinaria per introdurre in modo dolce le nuove tecnologie nei processi d’istruzione. In questo caso i docenti, che sarebbero “immigrati digitali”, per ricorrere a una metafora abusata, avrebbero a che fare con altri “immigrati digitali”, persone che probabilmente hanno un’esperienza delle nuove tecnologie simile alla loro. Altra cosa sarebbe usare le nuove tecnologie con “nativi digitali”, spesso meno alfabetizzati ma più avvezzi a manipolare schermi, socializzare on-line e vivere in un mondo interconnesso.
L’esperienza di “Diplomarsi on-line”, e degli altri progetti che da esso hanno preso spunto, insegna che il blended learning può rappresentare più di un semplice risparmio di tempo rispetto alla scuola tradizionale. Infatti, può contribuire a cambiare la percezione della scuola, facendola apparire non tanto più facile, quanto più ricca, accogliente, utile ed efficiente, sia agli studenti sia ai docenti, i quali possono trarre benefici in termini di benessere, motivazione e riqualificazione professionale. Applicando il blended learning, i docenti del sistema dell’IDA sperimentano il ruolo che probabilmente si configura per loro nella scuola del futuro. Non più semplici “erogatori di lezioni” supportati da materiali didattici elaborati esclusivamente dall’industria editoriale (facilmente sostituibili da learning object multimediali e da corsi on-line), hanno la possibilità di riacquisire centralità nel processo d’apprendimento attraverso tre funzioni fondamentali: la gestione delle relazioni, dei contenuti (content management) e la valutazione delle competenze.
La gestione delle relazioni con gli studenti e tra gli studenti è potenziata dall’utilizzo di aule virtuali che consentono di condividere profili personali, scambiarsi messaggi uno a uno (messaggeria o chat) o uno a molti (forum). Grazie a queste piattaforme, utilizzate ormai, anche se in maniera non uniforme, da gran parte delle università e delle scuole del mondo, il rapporto interpersonale anziché allentarsi si stringe, e da problema (come a volte si manifesta nei gruppi classe) diventa una risorsa. Dal rapporto interpersonale, d’altronde, scaturisce spesso la motivazione a terminare percorsi formativi lunghi e impegnativi come quelli dell’IDA. E dalla stessa fonte scaturiscono le energie per affrontare carriere impegnative come quelle degli insegnanti.
La gestione dei contenuti è una necessità nuova, estranea alla scuola tradizionale, chiusa al mondo esterno o comunque dotata di potentissimi filtri. La scuola tradizionale gestisce i contenuti in modo semplice, attraverso l’adozione dei libri di testo: un rito annuale, con valore spesso pluriennale. Ogni giorno, poi, il singolo docente è chiamato a selezionare, tra i materiali didattici adottati, le pagine da studiare e gli esercizi da svolgere. L’utilizzo delle nuove tecnologie e la connessione alla rete, invece, espongono studenti e docenti a un bombardamento di informazioni senza precedenti, ricchissimo e pressoché ingestibile anche dai più esperti. È in quest’ambito che nasce la necessità d’individuare metodi e tecnologie per la raccolta, gestione e pubblicazione di informazioni in formato digitale. Per questo occorre una piattaforma come Moodle, un LCMS (Learning Content Management System), che consente di creare, gestire e archiviare i materiali didattici, oltre che tracciare e memorizzare le interazioni fra tutti i partecipanti.
Pertanto è fondamentale che il docente sia anche e-tutor, come previsto dal blended learning: in questo modo egli può posizionarsi virtualmente al centro dei flussi di informazione, fare da filtro, selezionarli e direzionarli in modo opportuno rispetto alle esigenze dei partecipanti, i quali non potrebbero, lasciati senza guida, orientarsi nel mare aperto del world wide web.
La valutazione delle competenze, infine, è l’ultima delle funzioni destinate a rinvigorire il ruolo del docente. Nel blended learning, la valutazione può riacquisire il suo pieno valore formativo grazie alle numerose e continue occasioni di feedback offerte dagli strumenti dell’aula virtuale (forum, messaggi, compiti off-line e on-line), riservando alle attività in aula gli strumenti più complessi come esercitazioni, prove simulate e studio di casi, che gradualmente dovrebbero sostituire i tradizionali compiti in classe, adeguati a verificare la trasmissione di conoscenze ma poco adatti a una didattica centrata sulle competenze.

Verso un nuovo sistema dell’IDA
La “Gazzetta Ufficiale” n. 47 del 25 febbraio 2013 ha finalmente pubblicato il regolamento per la riorganizzazione del sistema dell’IDA (vedi l’articolo di Emilio Porcaro, La riforma dellistruzione degli adulti). Il documento prevede l’introduzione della didattica a distanza, che così appare per la prima volta negli ordinamenti scolastici del nostro Paese: «la fruizione a distanza di una parte del percorso previsto, di regola, per non più del 20% del corrispondente monte ore complessivo» (art. 4, comma 9, punto c). Ma è un’apertura che potrebbe mascherare una chiusura alle potenzialità del blended learning. Già il parlare di «fruizione a distanza» richiama una concezione tradizionale della didattica, precedente alla rivoluzione digitale che niente ha a che vedere con l’e-learning. E parlare di «corsi serali» fa pensare a un’epoca in cui gli adulti lavoravano solo di giorno e potevano andare a scuola di sera. In realtà, per mettere pienamente a frutto le risorse del blended learning, al fine di migliorare l’accessibilità dei percorsi formativi formali, sarebbe necessario focalizzare l’attenzione sui nuovi stili di vita degli adulti, che hanno sempre più difficoltà a pianificare il loro tempo nel lungo e medio periodo in modo omogeneo e rigido, mentre hanno più capacità di gestirlo in modo flessibile, acquisendo e organizzando le informazioni in modo autonomo.

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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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