Web 2.0: tra buone intenzioni e “disconnessione digitale”

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Uno degli obiettivi principali del Web 2.0, ossia la possibilità d’una maggiore personalizzazione dell’apprendimento, è ancora lungi dall’essere raggiunto. Occorre agire sulla formazione degli insegnanti; non solo e non tanto sulla formazione tecnica e gestionale, ma in primo luogo metodologica.

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Un’istanza frequente che accompagna i discorsi sulle tecnologie nella scuola è volta a capire quanto queste siano capaci di favorire l’apprendimento di contenuti disciplinari. La domanda, ovviamente lecita in quanto risponde alle esigenze della scuola, insinua il dubbio che la presenza delle tecnologie si riduca a mero supporto per l’acquisizione di contenuti disciplinari legati al curriculum e che manchi una riflessione in prospettiva sul significato che tali strumenti hanno nella società contemporanea. Questo sospetto diventa tangibile soprattutto quando vengono trascurate, se non addirittura rifiutate, le competenze che l’introduzione del digitale nell’attività didattica comporta, poiché ritenute esterne a ciò che la scuola dovrebbe veicolare. Ad esempio, vi è scarso interesse da parte di docenti e studenti all’interno della scuola per le questioni inerenti le modalità di accesso all’informazione, la gestione dei propri dati personali, la manipolazione di contenuti audio/video, la possibilità di accedere a servizi e strumenti propri del Web 2.0 ecc. Su questo ultimo argomento risulta significativa la ricerca Leadership for Web 2.0 in education. Promise and reality svolta dal Consortium for School Networking (CoSN) e finanziata dalla McArthur Foundation, che indaga gli atteggiamenti verso le tecnologie Web 2.0 da parte dei responsabili dei distretti scolastici nella realtà statunitense. Nonostante si riferisca alla realtà scolastica nordamericana, lo studio risulta utile per comprendere le questioni connesse all’accesso alle risorse del Web 2.0, sviluppando più a fondo di altri il ruolo delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) nella scuola. La ricerca rivela una “disconnessione digitale” che si evidenzia tra pensiero e azione quando si tratta di utilizzare le tecnologie Web 2.0 nell’attività didattica quotidiana. Sebbene il 77% dei dirigenti concordi con l’affermazione «il Web 2.0 è significativo per l’insegnamento e l’apprendimento», la maggior parte di loro impedisce l’utilizzo di ambienti di social networking on-line (70%) e chat room (72%) nelle classi di competenza. È palese come questo atteggiamento acuisca sempre più il divario fra le modalità di apprendimento a scuola da parte degli studenti e le modalità di interazione che intercorrono tra di loro e con gli oggetti di conoscenza al di fuori di essa; a questo si aggiunga il fatto che la scuola non comprende quale ruolo debba avere nel fare da mediatrice fra tecnologie della comunicazione e le giovani generazioni, avide consumatrici proprio di tali risorse. Queste considerazioni portano alla luce il fatto che, negli ultimi anni, la scuola è stata coinvolta, volente o nolente, in un dibattito sul ruolo che le tecnologie, specialmente quelle digitali, possono e devono avere per agevolare il processo di insegnamento e apprendimento.

Una nuova cassetta degli attrezzi
Nonostante la presenza di perduranti sacche di resistenza all’introduzione delle tecnologie nella scuola, dovute spesso a ragioni di mera matrice ideologica a ogni livello della struttura scolastica, molte realtà sparse sul territorio hanno compreso che il “cedere” alle tecnologie risulta essere un’occasione per individuare risorse che arricchiscono “la cassetta degli attrezzi” del docente e, nel contempo, forniscono alle giovani generazioni gli strumenti interpretativi e le competenze necessarie per essere cittadini competitivi nella società d’oggi e in quella di domani. Un’opportunità, più che un tributo che si dovrebbe pagare all’incalzante processo innovativo che tenderebbe a eliminare il “vecchio”. Non essendo ancora riusciti ad andare completamente oltre la contrapposizione tra apocalittici e integrati, abbagli e derive rimangono comunque forti, perché è sempre presente il rischio di cadere vittime di quelle ragioni che spingono sempre più per l’introduzione di tecnologie digitali all’interno della scuola. A certi livelli l’illusione che solo una forte immissione di tecnologia possa risolvere i problemi che affliggono la scuola ha generato negli anni discorsi entusiastici su strumenti quasi “miracolosi”. Non di meno, la convinzione che la scuola debba necessariamente tenere il passo con l’evoluzione tecnologica non tiene in considerazione che questa “rincorsa” vedrà la scuola sempre perdente, in quanto vittima del mercato (perché non avrà mai i fondi necessari per adeguare costantemente le sue dotazioni infrastrutturali) e carnefice dei suoi attori, che non avranno mai il tempo per poter sperimentare e far sedimentare metodologie e competenze adeguate a ogni “novità” introdotta.

Di tutte le innovazioni avvenute nella storia, si può affermare con certezza che solo la lavagna in ardesia, il libro e la penna a sfera (evoluzione della penna d’oca) sono effettivamente entrate in ogni classe. Dei media apparsi nel ventesimo secolo (quotidiani e periodici, fotografia, radio, film, televisione, videogiochi, computer, Internet ecc.) nessuno è riuscito finora a entrare nelle didattica quotidiana in modo diffuso, sistemico e perdurante. Chi sostiene l’urgenza di un adeguamento tecnologico dovrebbe rispondere ad alcune annose questioni. Cosa la scuola dovrebbe sacrificare sull’altare della necessaria innovazione? Quanto tempo trascorre prima che una tecnologia riesca a entrare in ogni classe in modo permanente (e non nella scuola a titolo di sperimentazione)? Quale formazione fornire ai professionisti della scuola, e con quali modalità, affinché essi sappiano gestirne i processi? Prima che tecnici, quali cambiamenti culturali sono necessari per poter dire che un nuovo medium è divenuto sistema? La scuola, tuttavia, non è immobile e negli ultimi anni molti istituti sono riusciti a rendere sistemica la presenza nell’attività didattica di risorse esistenti nel Web, che, con costi prossimi allo zero, agevolano un’interdipendenza positiva tra docenti e studenti nella gestione dei processi di apprendimento.

La nuova realtà americana

La ricerca Digital Districts: Web 2.0 and collaborative technologies in U.S. schools, pubblicata nel marzo 2011 e condotta dall’Interactive Educational Systems Design (IESD), presenta gli esiti di un’indagine svolta sul territorio statunitense, che ha coinvolto oltre 380 responsabili delle tecnologie all’interno dei rispettivi distretti scolastici. La ricerca suddivide le tecnologie Web 2.0 in sette categorie relative alla formazione degli studenti e agli ambienti di apprendimento:
1) contenuti on-line generati dallo studente;
2) contenuti on-line generati dall’insegnante;
3) social networking on-line utilizzato come parte del processo formativo;
4) giochi e simulazioni on-line per l’apprendimento;
5) utilizzo da parte degli studenti degli ambienti virtuali per l’apprendimento;
6) risorse multimediali digitali;
7) strumenti di comunicazione on-line per genitori e studenti (al di fuori dell’orario scolastico).

A livello generale, i risultati della ricerca indicano una crescente accettazione del Web 2.0 e delle tecnologie collaborative tra dirigenti scolastici e docenti. Insegnanti e studenti stanno largamente spingendo per l’adozione di tecnologie Web 2.0 nelle scuole, ma fattori umani e tecnologici ne stanno ritardando l’uso in molte classi. I livelli di utilizzo delle diverse categorie di strumenti Web 2.0 sono migliorati rispetto a una ricerca simile per intenti svolta nel 2009 all’interno delle istituzioni scolastiche americane dalla primaria alla secondaria di secondo grado, che si prefiggeva di verificare la situazione presente e i piani futuri delle scuole, le possibili sfide del Web 2.0 e delle tecnologie collaborative. Tuttavia, la sicurezza degli studenti e la scarsa conoscenza da parte degli insegnanti su come utilizzare efficacemente le tecnologie Web 2.0 restano ostacoli per molte istituzioni scolastiche. Jay Sivin-Kachala, vice presidente e capo ricercatore presso l’IESD afferma che: «Nonostante i risultati del sondaggio siano promettenti, esso indica anche le aree che necessitano di miglioramenti per garantire che i distretti scolastici possano soddisfare i bisogni di apprendimento individuali della Net Generation». La ricerca rivela che gli educatori fanno sempre più affidamento sulle tecnologie Web 2.0, producendo risultati positivi per insegnanti e studenti. «Per favorire un efficace utilizzo in tutte le classi e per garantire un’equa opportunità di apprendimento, i distretti scolastici devono fornire un accesso sicuro al Web 2.0, rafforzare lo sviluppo professionale degli insegnanti e robusti sistemi di supporto». La ricerca evidenzia alcuni elementi chiave che risultano molto interessanti sul ruolo che il Web 2.0 sta avendo all’interno delle scuole.

Rispetto alla ricerca precedente i distretti scolastici hanno registrato un aumento del 25% o più da parte degli insegnanti nell’uso delle tecnologie Web 2.0 riguardo a diverse categorie: i contenuti on-line generati dall’insegnante sono aumentati del 12%, quelli generati dagli studenti sono cresciuti del 13% e l’utilizzo di risorse sociali/collaborative on-line è stato pari al 20%. È importante sottolineare, però, che la maggior parte dei responsabili intervistati (65%) ha riferito che nell’ultimo anno pochissimi insegnanti hanno utilizzato risorse sociali/collaborative di rete, nonostante queste tecnologie fossero state uno degli strumenti più utilizzati per due anni consecutivi. Nell’introduzione delle tecnologie Web 2.0 all’interno dell’attività didattica, la ricerca rileva che l’ostacolo più frequentemente citato relativamente alla loro adozione è stato la scarsa conoscenza da parte degli insegnanti di metodologie che consentano un loro utilizzo veramente efficace e che le problematiche più spesso citate in relazione alla tecnologia riguardano i problemi di sicurezza degli studenti e la limitata disponibilità di sistemi di supporto, ivi compresa la presenza di personale competente in ambito tecnologico. I livelli di utilizzo di risorse sociali/collaborative e di contenuti on-line generati dagli studenti sono in linea con le preoccupazioni dei responsabili scolastici rispetto alla sicurezza degli alunni e alla necessità di monitorarne l’uso appropriato. Le dimensioni del distretto scolastico sono un fattore fondamentale per determinare gli atteggiamenti che i docenti hanno verso le nuove tecnologie e il loro uso all’interno dell’attività didattica. Rispetto a diverse categorie di strumenti Web 2.0, maggiori sono le dimensioni del distretto, maggiore è la probabilità che i partecipanti alla ricerca indichino un atteggiamento positivo al loro utilizzo nella propria realtà scolastica. Nei distretti scolastici di medie dimensioni c’è una maggiore probabilità di risultati positivi da parte di insegnanti e studenti, come risultato di un uso delle tecnologie connesse al Web 2.0.

Molti distretti scolastici stanno usando o stanno pianificando l’uso di una varietà di applicazioni Web 2.0 per l’attività di insegnamento, compresa la pubblicazione di contenuti on-line da parte dei docenti (76%), l’uso di strumenti di comunicazione e collaborazione on-line (56%) e lo sviluppo/implementazione di attività formative mediate da tecnologie on-line (49%).Rispetto all’indagine del 2009, nel 2011 si registrano interessanti novità. Circa la metà degli intervistati ha riferito che l’uso di risorse sociali/collaborative on-line da parte degli studenti del proprio distretto scolastico ha prodotto un aumento della familiarità degli studenti con la tecnologia (53%) e del numero degli studenti motivati a imparare (48%). Altri risultati indicati dal loro uso sono un aumento del livello di coinvolgimento nelle attività didattiche da parte degli studenti (39%) e un aumento delle competenze collaborative degli studenti (38%). Tuttavia, solo il 27% degli intervistati ha riferito che l’implementazione di strumenti del Web 2.0 in classe ha determinato l’utilizzo da parte degli studenti di risorse allineate alle esigenze individuali di apprendimento. La maggioranza ha riferito un aumento della familiarità con la tecnologia da parte degli insegnanti (71%) e il miglioramento delle risorse per l’insegnamento nelle aree di contenuto disciplinare (62%) dopo che gli insegnanti hanno utilizzato tecnologie Web 2.0, con il 44% che indica una migliore comunicazione degli insegnanti con gli studenti.

Le questioni ancora irrisolte
La ricerca Digital District fornisce raccomandazioni per aiutare i distretti scolastici a inserire in modo efficace e significativo in classe il Web 2.0 e le tecnologie collaborative. I risultati dell’indagine indicano che molti dirigenti dei distretti scolastici vedono un potenziale nell’uso degli strumenti Web 2.0 per aiutare a soddisfare le esigenze di apprendimento individuale degli studenti, tuttavia il Web 2.0 resterà una risorsa marginale per la formazione se non verrà collegato a obiettivi scolastici. Molti distretti devono ancora definire politiche e procedure per l’effettiva implementazione dei sistemi tecnologici Web 2.0 che allineino l’utilizzo di tali strumenti al curriculum, la valutazione delle competenze e abilità relative al Web 2.0, la sicurezza degli studenti e dei dati, la formazione iniziale e in itinere, un supporto costante dei docenti e l’uso appropriato delle tecnologie. I dati presentati dalla ricerca di fatto suggeriscono che uno degli obiettivi principali del Web 2.0, ossia la possibilità di una maggiore personalizzazione dell’apprendimento, non è stato soddisfatto. Partendo da questa prima riflessione si possono iniziare a definire alcune linee strategiche per l’implementazione di tecnologie che utilizzano ambienti collaborativi on-line orientati a una filosofia Web 2.0. Prima fra tutte è il ripensamento degli obiettivi futuri delle attività di formazione degli insegnanti, che dovranno concentrarsi non solo sull’acquisizione di competenze tecniche (come funziona una tecnologia), gestionali (come garantire la sicurezza degli studenti) e organizzative (come disporre di una maggiore dotazione tecnologica), ma soprattutto sull’acquisizione di metodologie che consentiranno loro di gestire i processi di costruzione della conoscenza in ambienti collaborativi e di valutare i processi e le competenze derivate da un utilizzo di tali risorse. Il management scolastico dovrebbe iniziare a predisporre piani strategici per l’acquisizione sistematica di tecnologie qualitativamente valide e organizzare internamente le risorse a disposizione al fine di strutturare un supporto metodologico e tecnologico agli insegnanti, per una vera integrazione tra “nuovo” e “vecchio”. Questi processi dovrebbero essere agevolati e incentivati da una struttura organizzativa a livello territoriale su base regionale o nazionale, che avrebbe il duplice compito di fornire soluzioni tecnologiche adeguate all’attività didattica (in tal modo si potrebbe evitare il rischio di seguire le mode o il gadget del momento) e di predisporre adeguati percorsi di formazione per insegnanti e dirigenti sul ruolo che le tecnologie hanno e potrebbero avere nella società, e per estensione, nella scuola di oggi. Ultimo, ma non meno necessario, è auspicabile che chi opera a fianco e a sostegno della scuola inizi a predisporre soluzioni che agevolino il docente nella propria attività professionale, ad esempio creando contenuti adeguati alle modalità con cui le tecnologie del Web e dei media digitali si rapportano con i processi individuali e collettivi di accesso alla conoscenza. È alto il rischio che la congiuntura attuale non favorisca la sperimentazione di prodotti con tali caratteristiche e che il mercato si limiti a offrire una mera trasposizione di contenuti da vecchi standard (carta) a nuovi supporti (digitale).

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Massimiliano Andreoletti

Insegna Didattica del Gioco e dell’Animazione nella facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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