Viaggio in Nepal – L’avventura

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Dal 5 al 15 ottobre 2018, 27 italiani, tra cui 15 studenti di 11 scuole di Roma, Bormio, Torino, L’Aquila, Sassari, Bergamo, Edolo, Rieti, Monza, Pavia e Modena, sono andati in Nepal per un evento organizzato dal MIUR. Il resoconto dell’esperienza, con morale finale.
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A Ghandruk
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A Ghandruk
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A Ghandruk

Gli studenti erano accompagnati dall’ideatore dell’iniziativa, Lorenzo Micheli del MIUR, anima di tutta l’attività fin dal Mountain-Hack di Milano, e da tre insegnanti, le professoresse Monica Fanizzi, Alba Scannella e Serena Toniolo (la fotografa ufficiale della spedizione), a cui si aggiungevano due docenti della Unimont, i professori Luca Giupponi e Salvatore Roberto Pilu, seguiti da tre loro studenti. Ho partecipato anche io, insieme all’assistente amministrativo Bruno Coren: la mia scuola, il Convitto Nazionale “P. Diacono” di Cividale del Friuli, è la scuola polo del progetto nell’ambito del quale si è svolto il Mountain-Hack. Nell’articolo precedente ho spiegato dell’hackathon in cui gli studenti hanno vinto il viaggio-premio in Nepal e il percorso di preparazione che hanno compiuto loro e i loro docenti.

Il viaggio in Nepal, oltre a costituire il premio, aveva tre obiettivi principali: la conoscenza del Paese e della cultura nepalese; la partecipazione alla Conferenza internazionale “The 3rd International Conference on Mountains in the Changing World” in cui – per gli studenti e più ampiamente per i membri del nostro gruppo – si svolgeva un hackathon; l’incontro con tre scuole nepalesi (rispettivamente a Katmandu, Pokhara e Ghandruk).

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A Kathmandu

I primi due giorni dopo l’arrivo sono serviti al gruppo per acclimatarsi e visitare i siti storici artistico-religiosi di maggior importanza nella capitale, Katmandu. La conoscenza della cultura locale è però già cominciata con la cena del 6, in un locale tipico, a base del cibo speziato e molto piccante, caro ai nepalesi, consumato godendo di uno spettacolo di danze tradizionali. Qui abbiamo ascoltato per la prima volta il “tormentone” che ha accompagnato, anzi, che è stato la colonna sonora del nostro viaggio: Resham Firiri, una canzone nepalese il cui ritornello – con le sue sonorità esotiche – in traduzione recita: “Il mio cuore fluttua come seta al vento, non so decidere se volare o sedermi in cima alla collina”.

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A Pokhara
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A Pokhara

Nel dipanarsi dei giorni abbiamo avuto modo di conoscere il Nepal più turistico, del folklore e dei prodotti artigianali: la caotica e inquinata capitale, e Pokhara, importante punto di partenza di percorsi di trekking; abbiamo però visitato anche il Nepal dei centri minori, venendo in contatto con la vita quotidiana della più povera popolazione contadina, grazie alla guida himalayana Gianpietro Verza. Egli ci ha aiutato a cogliere e apprezzare sia gli aspetti naturalistici sia quelli spirituali di un Paese che, con le sue montagne, è una perla di notevole bellezza e, col suo sorriso, è un insegnamento di umanità.

La Conferenza internazionale, svoltasi nel lussuoso Radisson Hotel il 9 e il 10 ottobre, è stata aperta da due relazioni di esperti sul tema della montagna. Poi, per il nostro gruppo italiano, si è svolto un hackathon che ha visto la costituzione di sette team per l’elaborazione di sei progetti di cooperazione Italia-Nepal. In particolare, il mio team ha elaborato un progetto di cooperazione tra scuole sul tema dell’educazione civica. L’hackathon prevedeva la formazione di gruppi misti di nepalesi e italiani. Nei due gruppi composti dagli insegnanti erano distribuiti i due docenti universitari della Unimont e, nel mio, era anche presente una ricercatrice nepalese oltre a due docenti della Madan Smarak Secondary School. L’attività di elaborazione dei progetti è stata intensa e, alla fine dei lavori, i risultati sono stati presentati alla Conferenza, con una relazione introduttiva di Lorenzo Micheli a cui sono seguite una serie di microrelazioni sui lavori di ciascun gruppo. A mio giudizio, l’operazione è perfettamente riuscita nell’intento di far dialogare e collaborare i diversi soggetti coinvolti, creando relazioni personali e idee condivise, e anche in quello di portare all’elaborazione di progetti efficaci e realizzabili.

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I tavoli di lavoro durante la Conferenza internazionale.

Quanto all’incontro con le scuole, il viaggio è stato un’occasione unica per capire il sistema formativo nepalese e per avere un’idea della vita scolastica quotidiana, che riflette le difficoltà di un Paese tra i più poveri dell’Asia. Sul piano umano, l’incontro con gli studenti e i docenti nepalesi è stato molto caldo e cordiale. La vita scolastica quotidiana, le condizioni di classi e di materiali sono precarie, e ricordano la scuola italiana di diversi decenni fa, tanto da far sembrare le nostre battaglie per la LIM e il tablet come appartenenti a un mondo molto lontano. Quel che ho visto però mi ha fatto riflettere, una volta di più ma in maniera mai altrettanto viva, sul fatto che lo specifico dell’educazione non passa attraverso la tecnologia e le risorse.

Inoltre, è stato a tutti palese che ciò che noi abbiamo e che consideriamo scontato e dovuto è una fortuna che ad altri non è concessa, qualcosa da apprezzare, di cui essere grati. Al contempo, il calore e la competenza dei docenti nepalesi, con alcuni dei quali continuo a scambiare mail regolarmente, mi fa pensare al titolo della terza lezione del libro ministeriale di educazione morale che mi hanno regalato: “Let’s Be United” (Moral education, class 7).

L’avventura non finisce qui: il progetto del MIUR prevede che il viaggio in Nepal sia solo uno passo verso EXPO Dubai 2020, quando l’Italia avrà modo di raccontare questa e altre simili esperienze di cooperazione internazionale e di eccellenza nella formazione.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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