Classico con brio

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Il Museo della Scuola – Schulmuseum di Bolzano, nella sua nuova sede, presenta una felice unione di passato e presente, con elementi classici e tradizionali alternati a spunti fortemente innovativi.

Ospitato dal 1995 nella scuola Dante Alighieri, il museo – il primo del genere sorto in Italia – ha ora trovato spazio nel palazzo cinquecentesco noto come “ex Agnello”, che è stato sede della prima scuola del quartiere Rencio, dal 1885 al 1928.
Pur conservando le tracce dell’impostazione dell’allestimento precedente, quello nuovo presenta in modo molto più coinvolgente il tradizionale materiale che compone i musei della scuola, aprendo nuove prospettive di analisi e nuovi spunti di approfondimento. Un altro elemento contraddistingue il Museo della Scuola di Bolzano, che rappresenta la storia della scuola di tre culture: quella di lingua italiana, quella di lingua tedesca e quella di lingua ladina.
Visito il museo proprio nei giorni dell’inaugurazione. Ci introduce alla visita un video che richiama la tradizionale lavagna di ardesia, a significare che in questa sede antico e moderno convivono. Scopriamo nel video le fasi antecedenti all’apertura del museo, la realizzazione degli arredi, l’allestimento delle sale. Un modo originale per iniziare, accanto a un più tradizionale, e sempre utile, pannello cronologico. Il Museo della Scuola di Bolzano rappresenta la storia della scuola di tre culture: quella di lingua italiana, quella di lingua tedesca e quella di lingua ladina. La prima sala presenta materiale relativo al classico tema Scrivere, leggere, far di conto. Bellissima l’idea delle cassettiere espositive: un piano di vetro orizzontale permette la visione del materiale selezionato, mentre i cassetti laterali (le cui maniglie sono delle matitone!) funzionano come deposito e consentono allo stesso tempo alla guida di mostrarci altri oggetti non in mostra.

La prima cassettiera da cui parte la nostra visita guidata presenta gli strumenti della scrittura: lavagnette, boccette di inchiostro, cannucce, pennini, calamai, gomme. Scopro le varie fogge di pennini (e pensare che in prima elementare li ho usati anch’io), gli astucci di legno, e rimango colpita dalla cannuccia tricolore, verde bianco rossa.

Mentre la guida parla, mi rendo conto che sto sovrapponendo al percorso proposto dal museo il mio percorso personale: sto andando alla ricerca delle tracce di me bambina. Mi guardo intorno per ritrovare oggetti familiari, in una sorta di gioco delle figurine: celo celo manca. Gomme, cannucce, pennini, penne stilografiche, segnalibri gialli della Fila, carta assorbente, netta-pennini, vecchi quaderni, alfabetiere figurato: ce li ho ancora, e so anche dove.
Se per i bambini la visita a un museo della scuola può essere anche l’occasione per scoprire oggetti sconosciuti, provenienti apparentemente da un altro pianeta, per me e per molti altri visitatori rappresenta non solo l’incontro con storie nuove, ma soprattutto il ritrovare l’atmosfera e il profumo dell’infanzia. Mentre la guida parla, mi rendo conto che sto sovrapponendo al percorso proposto dal museo il mio percorso personale: sto andando alla ricerca delle tracce di me bambina.
Anche il profumo, sì, ed ecco la prima sorpresa. La nostra guida apre un cassetto e ci fa annusare dei barattolini: gli odori della scuola di un tempo. Dobbiamo riconoscerli, in un gioco che ci introduce a uno dei percorsi sensoriali del museo (troveremo anche il percorso tattile e un geniale mobiletto Juke-box). Resisto alla tentazione di svelare odori e profumi, ma sono molto fiera di me: li ho indovinati quasi tutti.
Quest’iniziativa ci rimanda a un’altra idea estremamente felice: il legame con le aziende del territorio, che siano ditte specializzate nella cosmesi naturale, nella produzione di video o di tavoli interattivi.

L’approfondimento della scrittura prosegue con l’esposizione dei quaderni. Se da un lato della sala troviamo una vecchia macchina da scrivere immersa nella parete come un’installazione contemporanea, nella parete di fronte ci attende una selezione di quaderni, suddivisa in aree tematiche, della bella e ricca collezione Franco Magro, concessa in comodato al museo. I quaderni di produzione italiana avevano copertine ricchissime di immagini, mentre la produzione del mondo austro-ungarico era molto più sobria.
Abbiamo già accennato al ruolo del quaderno nella vita scolastica (qui). A metà strada fra prodotto editoriale e documento manoscritto, negli ultimi decenni dell’Ottocento il quaderno scolastico passò da una produzione domestica o artigianale alla produzione industriale. Alla sua copertina vennero affidati messaggi educativi – e propagandistici – destinati non solo agli alunni, ma anche alle loro famiglie, nell’ambito di una concezione del bambino come “moltiplicatore di conoscenze”. Scopriamo così che, in contrapposizione alla ricchezza di immagini proposta dalle copertine dei quaderni di produzione italiana, la produzione del mondo austro-ungarico era molto più sobria, con copertine a tinta unita o con qualche fregio.

La scrittura può essere un importante fattore di identificazione nazionale: si pensi al gotico corsivo tedesco Sütterlin. Ma il quaderno si può studiare anche dal punto di vista del suo contenuto e della storia della scrittura. Ecco quindi un espositore dedicato agli esercizi di calligrafia e agli alfabeti. La scrittura può essere un importante fattore di identificazione nazionale. È il caso del gotico corsivo tedesco e in particolare della scrittura Sütterlin, elaborata nel 1911, che ha contraddistinto le scuole tedesche fino alla Seconda guerra mondiale. La concentrazione, l’ordine, la corretta postura del corpo, il controllo dei movimenti erano parte integrante dell’esercizio dello scrivere.

  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ) Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ)
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Video introduttivo. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Video introduttivo.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Prima sala. Foto A. Campaner. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Prima sala. Foto A. Campaner.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). I materiali per la scrittura. Foto A. Campaner. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). I materiali per la scrittura. Foto A. Campaner.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). I materiali per la scrittura, particolare delle cannucce tricolori. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). I materiali per la scrittura, particolare delle cannucce tricolori.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Selezione dei quaderni della Collezione Franco Magro. Foto A. Campaner. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Selezione dei quaderni della Collezione Franco Magro. Foto A. Campaner.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Espositore per i quaderni. Notare la maniglia a forma di matita. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ).Espositore per i quaderni. Notare la maniglia a forma di matita.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Alfabetieri e bella calligrafia. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Alfabetieri e bella calligrafia.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). “Far di conto”. Foto A. Campaner. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). “Far di conto”. Foto A. Campaner.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Strumenti scientifici. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Strumenti scientifici.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Scienze naturali, particolare. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Scienze naturali, particolare.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). La ginnastica. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). La ginnastica.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Terza sala. Foto A. Campaner Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Terza sala. Foto A. Campaner
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Il ruolo dell’insegnante. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Il ruolo dell’insegnante.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Tabellone didattico: “Non deridere i disgraziati”. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Tabellone didattico: “Non deridere i disgraziati”.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). L’insegnamento della seconda lingua. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). L’insegnamento della seconda lingua.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). L’insegnamento dell’arte. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). L’insegnamento dell’arte.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Strumenti didattici. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Strumenti didattici.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Aula scolastica. Foto A. Campaner. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Aula scolastica. Foto A. Campaner.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Aula scolastica, particolare con l’opera dell’artista Willy Verginer. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Aula scolastica, particolare con l’opera dell’artista Willy Verginer.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Aula scolastica, particolare con l’opera dell’artista Willy Verginer. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Aula scolastica, particolare con l’opera dell’artista Willy Verginer.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Girando i riquadri del pannello, alla scoperta della Scuola di Monte San Vigilio. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Girando i riquadri del pannello, alla scoperta della Scuola di Monte San Vigilio.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Tavolo interattivo con le scuole di Bolzano. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Tavolo interattivo con le scuole di Bolzano.
  •  Museo della Scuola - Schulmuseum (BZ). Cartello scolastico. Museo della Scuola – Schulmuseum (BZ). Cartello scolastico.

Un altro video presenta in modo estremamente poetico la storia dell’alfabeto, mentre una nuova prova ci aspetta: questo museo è tutto una sorpresa. La Finlandia ha annunciato che dall’anno prossimo, alle elementari, imparare a scrivere a mano, e in corsivo, non sarà più materia obbligatoria, ma supplementare, mentre acquisterà un ruolo di primo piano la scrittura su supporto informatico, sulle tastiere dei computer e sui touch screens.
La Finlandia ha annunciato che, alle elementari, imparare a scrivere a mano, e in corsivo, non sarà più materia obbligatoria, ma supplementare. Proviamo anche a noi a scrivere sul tablet con una penna apposita. Non riconosco la mia scrittura, molto più angolosa del solito. Penso agli studiosi di grafologia, che probabilmente dovranno ricalibrare le loro competenze e forse non avranno più modo di studiare alcune caratteristiche fondamentali della scrittura, come la pressione della penna sulla carta.
Ma penso anche che, senza la conoscenza del corsivo, si chiude la possibilità della ricerca storica negli archivi. Nativi digitali velocissimi, ma che non avranno più accesso diretto al loro passato, potendo attingere soltanto a una conoscenza mediata da altri studiosi. Amando gli archivi, che conservano straordinarie storie da ricostruire e riscoprire, penso che non ci saranno più carteggi da leggere, visto che le nostre mail finiscono nel cestino o, nel caso della storia della scuola, copertine di quaderni da studiare, per capire i gusti, la politica e l’evoluzione di una società. Interessante, però, vedere come le forme ritornino: i tablet di oggi hanno la stessa forma delle prime lavagnette, da incidere con uno stilo.

Passiamo ai libri di testo, l’abbecedario italiano e il Fibel tedesco, i libri di lettura e i sussidiari. Non sono sicura di aver mai capito esattamente cosa volesse dire la parola “sussidiario”, ma ricordo che mi sentivo molto importante ad averne uno. Attraversiamo la storia della scuola durante il periodo asburgico e quello fascista, durante l’istituzione della Zona di operazioni Alpenvorland nel 1943 – sotto l’amministrazione del Reich – e nel secondo dopoguerra. Comprendiamo la forza e il potere di questi testi, che per molte famiglie erano gli unici libri che entravano nelle case. Non sono sicura di aver mai capito esattamente cosa volesse dire la parola “sussidiario”, ma ricordo che mi sentivo molto importante ad averne uno.
Visitiamo la sezione scientifica, fra strumenti di misurazione, modelli anatomici e gli immancabili animali imbalsamati, volti a sollecitare l’osservazione della natura. Scopro che anche la matematica veniva insegnata nella scuola italiana in modo diverso da quella tedesca e mi soffermo ad ammirare i bellissimi erbari e l’incredibile collezione di semi.

Una piccola sala, con un suggestivo montaggio video, è dedicata alla ginnastica. Ci accompagnano nel percorso di visita alcune citazioni: se all’ingresso siamo accolti da Pinocchio, qui campeggia il riferimento al Quidditch di Harry Potter.
Nella sala successiva ampio spazio è riservato al ruolo dell’insegnante. Oltre a pagelle e registri, scopriamo i curatissimi quaderni (con testi e disegni) con cui i maestri preparavano la lezione giornaliera.

Uno dei pezzi forti del museo è sicuramente la variegata collezione di tabelloni didattici che, oltre a veicolare per immagini insegnamenti morali, igienici o relativi alle varie materie, si prestavano a incoraggiare negli allievi la pratica della descrizione. Sono curati nei dettagli, nitidi e chiari, e dimostrano come l’immagine, grazie alla sua – a volte apparente – immediatezza, fosse ritenuta fondamentale per facilitare l’apprendimento.
Pezzo forte del museo è la variegata collezione di tabelloni didattici, che veicolavano per immagini insegnamenti morali, igienici o relativi alle varie materie. Una sezione è dedicata all’apprendimento della seconda lingua (tedesco o italiano, a seconda della lingua madre), e ai vari metodi applicati nel corso degli anni. Arriviamo quindi a un argomento a me più congeniale: l’insegnamento dell’arte. In questo caso si tratta dell’insegnamento del disegno nelle Fachschulen dell’impero asburgico, riflesso dell’esperienza delle ottocentesche Arts and Crafts inglesi. Volte a incoraggiare l’alto artigianato artistico, le Scuole di Arti e Mestieri del territorio potevano contare su straordinari libri di modelli nati nell’ambito della Secessione viennese.
L’impostazione dei libri di modelli diffusi in questi istituti fu talvolta riproposta, per vari motivi, anche nei manuali per l’insegnamento della storia dell’arte, materia introdotta ufficialmente nei licei classici e nei licei femminili con la Riforma Gentile del 1923. È il caso dell’Atlante di storia dell’arte italiana di Ugo Ojetti e Luigi Dami: una raccolta, in questo caso, di fotografie, corredate da brevi didascalie e ampio spazio dedicato alle “Arti minori” e alla riproduzione di dettagli tratti da elementi decorativi.

Qualche anno dopo la riforma, nel 1927, venne emanata una lunghissima circolare relativa all’arredo e ai mezzi didattici necessari agli istituti medi. Un intero capitolo era dedicato all’importanza delle proiezioni luminose fisse e animate e al corredo di macchine che ogni scuola ben attrezzata avrebbe dovuto possedere: episcopio, diascopio e cinematografo. Fra gli strumenti didattici esposti nella sala troviamo episcopi e proiettori per diapositive, insieme a fotocamere, videocamere, registratori e centrali telefoniche.
In una circolare del ’27 era sottolineata l’importanza delle proiezioni luminose fisse e animate e del corredo di macchine che ogni scuola ben attrezzata doveva possedere: episcopio, diascopio e cinematografo. D’altra parte, una sommaria inchiesta condotta nel 1923 dalla Direzione generale delle scuole elementari, per accertare la diffusione delle proiezioni luminose nelle varie regioni d’Italia, aveva rivelato che nella Venezia Tridentina ben 108 comuni erano dotati di macchine per proiezione e possedevano più di 10.000 diapositive, dati che superavano di gran lunga anche le regioni con una popolazione scolastica più numerosa.

In un museo della scuola non può mancare l’allestimento di un’aula scolastica. L’arredo e la decorazione scolastica sono sempre stati specchio dell’impostazione didattica e dell’attenzione alle esigenze dello sviluppo psico-fisico dei bambini. Il dominio della cattedra su file di banchi a posti multipli rivela il prevalere della lezione frontale e l’ascolto passivo degli allievi. Nell’ultima sala scopriamo l’esperienza della Scuola di Monte San Vigilio e delle Scuole delle catacombe (Katakombenschulen), istituite di nascosto durante il fascismo.
Ma anche in questo caso ci aspetta un piacevole elemento di novità. Ci attendono nella classe le riproduzioni di un bambino e di una bambina, impegnati in due diverse esperienze cognitive: non manichini, ma opere in legno realizzate da un artista contemporaneo, Willy Verginer. Il bambino, seduto in prima fila, immerge la mano nel calamaio assumendo il colore dell’inchiostro, mentre la bambina alla lavagna elabora il processo di alfabetizzazione.
Arriviamo all’ultima sala, Volta la carta, che ci invita a interagire per scoprire brani di storia meno nota del territorio. Molto appropriata l’ideazione dell’ambiente, con due pannelli formati da riquadri più piccoli che devono essere girati per svelare le “scuole nascoste”: l’esperienza della Scuola di Monte San Vigilio e delle Scuole delle catacombe (Katakombenschulen), istituite di nascosto durante il fascismo. Questo museo è curato nei dettagli, il suo materiale è esposto con rigore e creatività e riusciamo a percepirne il filo logico nell’eterogeneità delle storie che presenta.
Campeggiano in mezzo alla sala due grandi tavoli interattivi con la mappa di Bolzano su cui sono state localizzate tutte le scuole che è stato possibile rintracciare dal 1850 in poi, documentando i loro trasferimenti o il loro cambio di denominazione. Per ogni scuola è stata fatta una ricognizione sul posto e una ricerca d’archivio: cliccando sulla mappa si apre una scheda storico-artistica relativa all’istituto, con una bella scelta di immagini relative all’edificio, alle opere d’arte che contiene e alla vita scolastica che vi si svolge. Queste immagini possono essere ulteriormente ingrandite e spostate sul monitor come se fossero foto cartacee. Fingo di cercare qualche scuola in particolare: in realtà mi sto divertendo a muovere le immagini.

Diceva Gian Burrasca: Sono stato a scuola; e rinunzio a dire quel che ho provato nell’andare, nello stare e nel tornare. Una parete della sala è pronta ad accogliere foto e testimonianze scolastiche dei visitatori, per rendere il museo parte attiva della città e della memoria, condivisa e personale, dei suoi abitanti. Penso alla mia esperienza scolastica, in un’altra città. Le mie scuole preferite sono state senz’altro le medie, sia per la classe vivacissima che per gli stimoli che ci hanno dato i nostri insegnanti, che ricordo con affetto e gratitudine. E i compagni di classe: pur essendo un istituto relativamente centrale era frequentato da molti ragazzini delle campagne circostanti, che facevano a gara a portarci i fiori di campo.

Ripenso al cartello esposto sulla cattedra nella ricostruzione museale dell’aula scolastica: “È proibito disturbare gli insegnanti durante le lezioni”. E mi viene in mente Gian Burrasca: “Sono stato a scuola; e rinunzio a dire quel che ho provato nell’andare, nello stare e nel tornare”*.

*Vamba, Il Giornalino di Gian Burrasca, (1912), Firenze, Giunti, 2007, p.119.

Museo della Scuola – Schulmuseum
via Rencio 51/b – 39100 Bolzano
Tel. +39 0471 997581/+ 39 0471 997588
e-mail: museo.scuola@comune.bolzano.it / schulmuseum@gemeindebozen.it

Concetto espositivo
Alessandro Campaner
Milena Cossetto
Sabrina Michielli
Silvia Spada Pintarelli

Progetto museografico
Roberto Festi

Vedi anche: Passpartù. “Il Punto” – Museo della scuola (Menu ® Mediateca ® 29 marzo 2015).

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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