La certificazione delle competenze del primo ciclo

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È appena uscita la circolare ministeriale 3 del 13 febbraio 2015 sull’”Adozione sperimentale dei nuovi modelli nazionali di certificazione delle competenze nelle scuole del primo ciclo di istruzione”. Finalmente, dopo le soluzioni improvvisate, disomogenee e quindi destabilizzanti fin qui adottate, il MIUR è riuscito a emanare delle Linee guida per la certificazione delle competenze nelle scuole del primo ciclo.

Nella scuola pubblica italiana, ammette il MIUR, si prevedono al momento quattro tipologie di certificazioni: al termine della quinta classe primaria, della terza classe secondaria di I grado, della seconda classe secondaria di secondo grado, della quinta classe secondaria di secondo grado. Esse, si legge nella circolare, “si caratterizzano, al momento, per diversità di impianto culturale e di formato amministrativo. Si rende quindi necessaria una loro armonizzazione, che ne consenta una chiara leggibilità da parte dei fruitori del servizio scolastico, in un’ottica di comparabilità europea, rispettando le diverse finalità che la legge attribuisce alla certificazione delle competenze ai vari livelli di età”. Non è intenzione del ministero semplificare il complesso e pletorico sistema di valutazione. Purtroppo, tuttavia, non è intenzione del ministero semplificare il complesso e pletorico sistema di valutazione. La certificazione, infatti, “non è sostitutiva delle attuali modalità di valutazione e attestazione giuridica dei risultati scolastici (ammissione alla classe successiva, rilascio di un titolo di studio finale, ecc.), ma accompagna e integra tali strumenti normativi, accentuando il carattere informativo e descrittivo del quadro delle competenze acquisite dagli allievi, ancorate a precisi indicatori dei risultati di apprendimento attesi”. Purtroppo, inoltre, permane l’indicazione del “consiglio orientativo”, vera e propria piaga culturale per la quale, a quanto pare, è impossibile trovare una cura.

Le Linee guida hanno il merito di affrontare le questioni fondamentali in modo sicuro (sia pure con affermazioni tutt’altro che indiscutibili, come la seguente “Non è infatti pensabile che si possano formare delle competenze in assenza di un solido bagaglio di contenuti e di saperi disciplinari”), dando il necessario rilievo all’inquadramento del concetto di competenza e alla didattica e alla valutazione centrate sulle competenze, con opportuno riferimento ai “compiti di realtà”, ai “progetti”, alle “osservazioni sistematiche” e, soprattutto, al racconto di sé, poiché “la valutazione attraverso la narrazione assume una funzione riflessiva e metacognitiva nel senso che guida il soggetto ad assumere la consapevolezza di come avviene l’apprendimento”.

Le due schede di certificazione, una per la scuola primaria e un’altra per la secondaria, sono chiare e semplici. Si aprono con gli indicatori di competenza, articolati su quattro livelli:

A – Avanzato
B – Intermedio
C – Base
D – Iniziale

Segue una tabella con dodici “profili delle competenze”, per ciascuno dei quali è presente una breve descrizione (per esempio, “Ha una padronanza della lingua italiana tale da consentirgli di comprendere enunciati e testi di una certa complessità, di esprimere le proprie idee, di adottare un registro linguistico appropriato alle diverse situazioni”), la descrizione della competenza chiave dell’UE corrispondente (in questo caso “Comunicazione nella madrelingua o lingua di istruzione”), un’indicazione delle discipline coinvolte, in parte precompilata (“Tutte le discipline, con particolare riferimento a:………………”), una casella vuota in cui il consiglio di classe deve indicare il livello di competenza raggiunto. Un tredicesimo profilo di competenza è lasciato alla discrezionalità del consiglio: “L’alunno/a ha inoltre mostrato significative competenze nello svolgimento di attività scolastiche e/o extrascolastiche, relativamente a:…………………”).

Mi limito a rinviare alla lettura diretta dei documenti e a segnalare alcune novità che, nel medio e lungo periodo, possono portare effetti positivi sulla qualità dell’insegnamento e sull’organizzazione scolastica. Intanto, grazie a questo modello di verifica e di certificazione delle competenze, i risultati di apprendimento devono essere presi in seria considerazione da tutti gli insegnanti. Per quanto la certificazione, ai fini della votazione finale all’esame di Stato, valga meno delle prove Invalsi, Si svincola così, almeno nella forma, la competenza dalla disciplina. è evidente che nel prossimo futuro tutte le famiglie verranno a conoscenza di obiettivi che fino a questo momento sono noti solo a una parte dei docenti e a quei genitori che hanno la pazienza di leggersi con attenzione tutto il POF. Per esempio, dal momento in cui gli insegnanti si troveranno a dover certificare che l’alunno “Usa con consapevolezza le tecnologie della comunicazione per ricercare e analizzare dati e informazioni, per distinguere informazioni attendibili da quelle che necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica e per interagire con soggetti diversi nel mondo”, si immagina che le scuole del primo ciclo si doteranno delle tecnologie adeguate, di tecnici e di docenti preparati. Infine, i modelli di certificazione rendono chiaro il fatto che tutte le discipline concorrono all’esercizio e alla verifica di ciascuna competenza, e che il consiglio di classe deve individuare una disciplina cui affidare la responsabilità di una o più competenze. Si svincola così, almeno nella forma, la competenza dalla disciplina. Non è una riforma, ma è un passo fondamentale per rendere finalmente cogenti le tante riforme fatte in questi anni senza ottenere sostanziali cambiamenti.


P.S.

La circolare invita le scuole del primo ciclo interessate a intraprendere un percorso di ricerca sperimentazione sui nuovi modelli di certificazione a comunicare l’adesione alla sperimentazione entro il 20 marzo 2015 all’Ufficio Scolastico Regionale di competenza, all’attenzione dello Staff regionale Indicazioni 10 ciclo. La sperimentazione si dovrà concludere entro il 15 luglio 2015. Per l’a. s. 2015-2016 è prevista l’adozione generalizzata in tutte le scuole del prototipo di modello, così come validato ed eventualmente integrato dopo la sperimentazione. Nel 2016-2017: Adozione obbligatoria del nuovo modello di certificazione mediante il suo recepimento in decreto ministeriale, come previsto dall’articolo 8 del OPR n. 122/2009.

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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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