Cinema di confine

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Il cinema ha spesso raccontato, con film e documentari, storie di confine, di viaggi, di sofferenza e di speranza. Ne abbiamo scelti 10 da vedere o rivedere per stimolare la riflessione e la discussione su un tema di drammatica attualità.
Lamerica, di Gianni Amelio

In un mondo sempre più globalizzato, aperto al libero scambio, alle transazioni economiche e finanziarie senza confini e con poche regole, stiamo assistendo sul versante politico e sociale a un rigurgito di nazionalismi e suprematismi, che speravamo d’aver lasciato in un lontano passato. Dal muro promesso da Donald Trump per bloccare l’immigrazione messicana, a quello tra Bulgaria e Turchia, dalla barriera creata da Viktor Orban per difendere i confini ungheresi fino al campo profughi di Lipa in Bosnia-Erzegovina e ai tentativi di bloccare gli sbarchi dei migranti sulle coste europee, il nostro tempo è segnato da un moltiplicarsi di nuove frontiere, che cercano di impedire un fenomeno antico quanto il mondo: la migrazione di popoli. Dal terzo millennio riemergono visioni arcaiche, che ci riportano all’epoca della Muraglia cinese, al simbolico muro di Berlino. Mezzi obsoleti e rudimentali, inadeguati a risolvere il complesso problema delle migrazioni. Un fenomeno che ha radici antiche e spesso legate alla responsabilità del mondo occidentale nei confronti dell’Africa, vittima, prima di spietate dominazioni coloniali e poi dell’attività predatoria delle multinazionali. Soluzioni che sembrano fragili dighe opposte alla forza inarrestabile del fiume della vita e della storia.

Il cinema ha spesso raccontato con film e documentari queste storie di confine, di viaggi, di sofferenza e di speranza. Ne abbiamo scelti 10 da vedere o rivedere per stimolare la riflessione e la discussione su un tema di drammatica attualità.

Il cammino della speranza

Per mettere nella giusta prospettiva il fenomeno migratorio e per ricordarci il periodo in cui eravamo noi italiani cercare fortuna all’estero, lasciandoci alle spalle fame e miseria, vale la pena recuperare Il cammino della speranza (1950) di Pietro Germi. Il film racconta con taglio realistico la drammatica vicenda di un gruppo di minatori siciliani. Rimasti senza lavoro per la chiusura di una solfatara, intraprendono un viaggio pieno d’insidie per cercare di raggiungere la Francia. Non è passato neppure un secolo, eppure ci siamo scordati da dove veniamo e chi siamo stati. Il film di Germi è fondamentale per comprendere il presente alla luce del nostro passato e per guardare con maggior consapevolezza a ciò che sta accadendo oggi nel Mediterraneo.

Nuovomondo

Sullo stesso argomento torna Emanuele Crialese con Nuovomondo (2006). L’opera racconta il viaggio di una famiglia Siciliana verso gli Stati Uniti all’inizio dl ‘900. Dalla lunga navigazione per attraversare l’oceano Atlantico, fino all’arrivo a Ellis Island, sarà un’odissea piena d’imprevisti, difficoltà e umiliazioni.

Rocco e i suoi fratelli

Rocco e i suoi fratelli (1960) è uno dei capolavori del cinema italiano.  Ispirandosi al romanzo Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori, Luchino Visconti firma un affresco in stile neorealista della migrazione dal sud al nord nel pieno boom industriale del dopoguerra. Una famiglia lucana si mette in viaggio per Milano, dove anni prima si era trasferito uno dei figli. L’impatto con la realtà della metropoli porterà alla drammatica disgregazione dei legami e degli affetti familiari. Un quadro spietato di un’Italia in rapida trasformazione in cui le aspettative degli immigrati in cerca di una vita migliore, sono spesso disattese da una realtà sociale dura e spietata.

Lamerica

Nel 1994, il regista Gianni Amelio, con il film Lamerica, fotografa l’esodo dall’Albania verso l’Italia, seguito alla caduta del regime di Enver Hoxha. Il caos sociale e la crisi economica spingono la popolazione albanese a imbarcarsi su vecchi mercantili strapieni per raggiungere le coste pugliesi. È la prima grande migrazione verso il nostro Paese, ma in quegli anni è stata accolta in modo molto diverso rispetto a quanto sta accadendo ora, con maggior senso di solidarietà e meno spietato cinismo.

La promessa

I fratelli Jean-Pier e Luc Dardenne nel 1996 firmano La promessa. L’opera affronta il tema dello sfruttamento degli immigrati clandestini, che sono riusciti a entrare in Europa. Un imprenditore senza scrupoli utilizza nelle sue attività lavoratori senza permesso di soggiorno, che per il timore di essere denunciati alla Polizia accettano qualsiasi lavoro in cambio di misere paghe. Una sorta di schiavismo contemporaneo, destinato a esiti tragici.

L’orchestra di Piazza Vittorio

Il documentario di Agostino Ferrente L’orchestra di Piazza Vittorio (2006) racconta, invece, una bella storia di riscatto sociale. Il musicista Mario Tronco e il regista girano per Roma alla ricerca di musicisti stranieri che in Italia fanno lavori umili per sopravvivere. Con pazienza e passione, riescono a mettere insieme un’orchestra multietnica, l’Orchestra di Piazza Vittorio, che offre un’occasione per ritrovare una dimensione di solidarietà fuori dalla dura realtà di tutti i giorni.

Terraferma

Nel 2011 Emanuele Crialese si occupa nuovamente del tema dei migranti con Terraferma. Ambientato in estate su un’isola del nostro sud, il film mette in scena lo stridente contrasto tra la voglia di divertimento dei vacanzieri, gli sbarchi e la morte in mare dei migranti, con gli abitanti del luogo schiacciati tra le rigide norme contro l’immigrazione e la legge del mare, gli interessi economici e la solidarietà umana.

Miracolo a Le Havre

Aki Kaurismäki affronta l’argomento con il suo proverbiale tocco poetico e surreale in Miracolo a Le Havre (2011). Un piccolo gioiello, il film racconta la storia di un lustrascarpe che aiuta un ragazzino africano, arrivato in Francia clandestinamente, a raggiungere la madre in Gran Bretagna.

Infine segnaliamo due interessanti opere del documentarista Andrea Segre, da sempre molto attento a temi sociali. Nel 2008, insieme a Dagmawi Yimr e Riccardo Biadene, firma Come un uomo sulla terra, una testimonianza delle violenze e delle torture cui sono sottoposti i migranti nei campi libici, creati dopo l’accordo tra lo stato nordafricano e l’Italia, per evitare le partenze verso le nostre coste. Il film ha il merito di metterci sotto gli occhi ciò che facciamo finta di non sapere per quieto vivere. Ogni immagine ci interroga su quali violenze siamo disposti ad accettare pur di impedire a donne, uomini e bambini in fuga da guerre, persecuzioni e miseria di cercare una vita migliore in Europa.

Il film Mare Chiuso (2012) di Stefano Liberti e Andrea Segre racconta i fatti di una delle pagine più tristi e vergognose della nostra storia recente, avvenuti sotto il Governo presieduto da Silvio Berlusconi e con Ministro dell’Interno Roberto Maroni. Con la sentenza del 23 febbraio 2012, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato Italiano, in base al ricorso presentato da alcuni cittadini africani, molti dei quali titolari dello status di rifugiato, per i respingimenti in mare e per aver riportato i migranti in Libia, con il rischio di esporli nei campi di detenzione a trattamenti inumani e degradanti. Un documento di denuncia che non può lasciare indifferenti e ci riporta alle nostre responsabilità. Purtroppo dopo quasi dieci anni le cose non sono molto cambiate.

Mare chiuso
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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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