Sintesi, precisione e pittogrammi

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Sintesi e precisione vanno a sostegno della capacità di attenzione, limitata in ciascuno di noi. Sintesi, in italiano, vince l’abbinamento con la parola dono. E il pensiero corre alla mia scrivania, che in italiano vincerebbe l’abbinamento con l’espressione “luogo dall’inqualificabile disordine”.

shortology

Ammiro l’ordine e studio sempre con interesse una scrivania ben organizzata, una tavola ben preparata, le mensole di una libreria, un buon indice che dia conto della ricchezza della pubblicazione. Mi intriga tanto perché permette di ricostruire il criterio scelto da chi sa tenere in ordine, o – meglio ancora – da chi sa mettere ordine. Vedo nelle scelte che ha fatto o che gli vengono richieste l’applicazione efficace di due criteri molto utili nel mio lavoro: sintesi e precisione, che non giudico affatto come negazione di estro, idee, creatività, complessità. La scelta di un ordine, se coerente, mi appare piuttosto come una selezione democratica, comprensibile a chiunque, che permette di capire e orientarsi, ma anche di andare oltre, se si è attenti. Sintesi e precisione vanno a sostegno della capacità di attenzione, limitata in ciascuno di noi: “L’attenzione è la distribuzione generale dell’attività mentale sui compiti che vengono eseguiti dagli individui. Dati i nostri limiti per il numero di cose su cui ci possiamo focalizzare, un aspetto chiave dell’attenzione è quello della scelta dei compiti su cui concentrarsi”, recito alle mie lezioni di glottodidattica.

Il tema della sintesi senza perdere smalto in chiarezza e precisione si fa per me scottante e attuale in questo periodo dell’anno: si sta avvicinando la riunione con gli agenti che si occupano della propaganda dei nostri testi, uno degli appuntamenti fissi più ansiogeni e cruciali: l’occasione per comunicare bene le linee editoriali, l’elenco delle novità, la composizione delle opere, gli apparati opzionali, multimediali, adattativi, di potenziamento e di recupero eccetera eccetera eccetera che completano le proposte cartacee, la logica didattica che ci ha fatto prendere alcune decisioni, le opportunità commerciali, cosa ci distingue, in cosa siamo più bravi e originali, su quale fronte siamo attaccabili, cosa sappiamo della concorrenza, cosa della scuola, cosa degli insegnanti, cosa delle novità della tecnologia, cosa dicono dal Ministero, come lo interpretiamo…
Mi assale un senso di responsabilità un po’ soffocante: un’ottantina di persone (quasi tutti maschi) a rapporto per un paio di giorni, per molte ore, nella stessa stanza impersonale, vicino allo stesso vicino, che bisogna escano di lì con le IDEE CHIARE, e questa malefica limitata capacità (proprio nel senso di capienza) di far attenzione…
Come faccio? Ho tante cose da dire, tante opere da presentare, dei distinguo che mi paiono indispensabili, delle precisazioni che forse sarebbe bene fare, l’indecisione sulle pagine esemplificative da mostrare, e allora con ostinazione mi dico che forse è meglio aggiungerne un paio di più: mi serve tempo per far bene. Ma solo di tempo si tratta? Ripenso alle facce degli agenti, signori cortesi, da non inimicarsi mai: devo trovare il modo per non seviziarli (prima o dopo di me ci sono altri 5, 6, 10 colleghi che devono fare altrettante presentazioni), e riconsidero una frase-compito del mio direttore editoriale al quale stavo esponendo la difficoltà dello scegliere cosa comunicare di un’opera: “Saresti capace di dirlo usando 140 caratteri, come un tweet”?.
“No, non sarei in grado di farlo, non ho il dono della sintesi” (tacendogli il fatto che mi disturbava anche un bel po’ sprecare un certo numero di caratteri in @#, la cui grammatica mi è ignota e per i quali provo un’incontenibile orticaria).
Ed ecco di nuovo questa sintesi, che in italiano vince l’abbinamento con la parola dono. Poi il pensiero corre alla mia scrivania, che in italiano vincerebbe l’abbinamento con l’espressione “luogo dall’inqualificabile disordine”. Quest’oggi poi sfoglio un vecchio numero di una rivista: si presenta alla voce “working class hero” una signora di 31 anni di Cipro, che ha vinto un premio di divulgazione scientifica come miglior scienziato comunicatore perché “in tre minuti ha conquistato una platea di 150 persone spiegando loro come in gravidanza una donna riesca a disattivare il suo sistema immunitario per non danneggiare il nascituro”; proseguo con Vanity Fair; c’è la pagina “in Sintesi”, ed ecco i pittogrammi: due creativi, Matteo Civaschi e Gianmarco Milesi, hanno pubblicato Shortology, 101 ministorie per chi non ha tempo da perdere: geniale!
Un’ora di formazione con una scienziata definita “working class hero” + 2 creativi che sanno disegnare (o sanno dire al computer di farlo), e il gioco è fatto!

L’immagine è tratta dal libro Shortology, 101 ministorie per chi non ha tempo da perdere, di Matteo Civaschi e Gianmarco Milesi, pubblicato da Rizzoli.

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Laura Cavaleri

Già redattore per la casa editrice Loescher, ora responsabile dell’area lingue straniere presso RCS MediaGroup.

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