Sulla filosofia cristiana #1

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Il vivace dibattito circa l’esistenza di una filosofia cristiana, esploso negli anni Trenta del Novecento, non pare essersi esaurito, poiché continuano a uscire lavori originali. Il contendere vede da un lato coloro che esibiscono esempi che paiono illustrare efficacemente il darsi storico di filosofi cristiani (Agostino, Anselmo d’Aosta, Tommaso d’Aquino), dall’altro lato vi sono invece coloro per i quali non v’è una filosofia cristiana più che una fisica cristiana o una matematica cristiana.

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Se ci sono filosofi cristiani, allora ci deve ben essere la disciplina che essi svolgono per essere tali. Se invece non c’è una filosofia cristiana, come non c’è una matematica cristiana, allora bisogna fare i conti con gli esempi esibiti. Probabilmente si finirà col dire che gli autori solitamente classificati come filosofi cristiani o sono cristiani filosofi, o sono cristiani che erano stati filosofi prima di convertirsi, oppure che sono filosofi in un qualche senso piuttosto debole del termine (p.e. perché etichettati come tali). In ciascuno dei casi si continuerà però a negare che gli esempi offerti illustrino propriamente casi di filosofi cristiani. Detto altrimenti, per alcuni parrebbe ovvio che ci sono filosofi cristiani i quali da cristiani hanno dato un autentico contributo alla filosofia (p.e. sul tema della libertà, sull’esistenza e la natura di Dio), mentre per altri non c’è alcuna filosofia cristiana, al punto che tale nozione sarebbe solo un accostamento di inconciliabili, come se si parlasse di ferro ligneo pretendendo di riferirsi a un esistente.

Le questioni che stanno dietro al problema in sé sono di estremo interesse e toccano alcune grandi questioni metafilosofiche (p.e. che cos’è la filosofia? che rapporto c’è tra fede e filosofia?) e hanno importanti ripercussioni sulla storiografia filosofica (p.e. Agostino era un filosofo cristiano o un cristiano filosofo? c’è una filosofia cristiana di Agostino, oppure c’è un Agostino filosofo che diventa poi cristiano, così da non dover più cercare la verità, avendola trovata nel cristianesimo?). Inoltre, sono in gioco questioni epistemologiche (p.e. che tipo di disciplina sarebbe la filosofia cristiana? come può essa essere razionale, se ammette contenuti di fede?), antropologiche (che rapporto c’è tra l’esperienza di fede e l’uso della ragione? il rapporto tra fede e ragione è inscindibile nell’uomo o può essere distinto in momenti separati e autonomi?) e gnoseologiche (l’uomo conosce con la fede? a rispondere di sì, sembra che la filosofia finisca con l’essere riassorbita nell’esperienza religiosa; a rispondere di no, sembra che la fede non possa offrire nulla su un piano di continuità con la filosofia, rimanendo così tra le due un baratro incolmabile).

Si vede bene che, come spesso capita quando si affrontano questioni filosofiche importanti, mettendo il dito sul problema circa la filosofia cristiana si viene a tirare una fitta trama di fili agganciati ad altri problemi. Da una questione apparentemente circoscritta si finisce col muoverne moltissime altre, ciascuna di vasta portata. Perciò, per poter risolvere il problema dell’esistenza della filosofia cristiana, bisognerebbe avere le idee chiare circa molti altri complicati e affascinanti problemi, avendoli risolti preliminarmente. Per prima cosa però, per affrontare la questione con qualche speranza di successo, bisognerebbe capire che l’espressione è polisemantica e, di conseguenza, si dovrebbe svolgere una analisi rigorosa in grado di fare emergere che «filosofia cristiana» si dice in molti modi.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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