“Il laureato” compie 50 anni

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Ci sono alcuni film che hanno il dono non solo di interpretare un particolare momento storico e sociale, di dar voce a un mood che già è presente nell’aria, ma anche di esprimere un sentire più profondo, che trascende l’immanente per rimanere nella memoria collettiva.

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ono quei film che a distanza di tempo continuano ad attrarre il nostro interesse, che rivediamo con piacere, che sopravvivono alle generazioni conservando intatta la loro forza espressiva. Stiamo parlando di opere come Metropolis, La dolce vita, A qualcuno piace caldo, A bout de souffle, L’avventura, C’era una volta il west, Settimo sigillo, Sentieri selvaggi, Casablanca, La donna che visse due volte, Il mistero del falco, Quarto potere, 2001 Odissea nello Spazio, Apocalypse Now, Taxi driver, Blade Runner, Guerre Stellari, Pulp Fiction e tanti altri insomma, quelli che consideriamo unanimemente i grandi classici della storia del cinema. Come sosteneva Italo Calvino “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire” e la stessa cosa vale per un film.

A questa categoria di opere appartiene Il laureato di Mike Nichols, che quest’anno compie 50 anni. Il film, ispirato all’omonimo romanzo di Charles Webb, è uscito negli Stati Uniti a fine dicembre del 1967. All’epoca l’America stava vivendo un periodo storico complesso e tumultuoso. La società, con le ferite ancora aperte degli assassinii di John Kennedy e di Malcom X, era attraversata dalle rivendicazioni degli afroamericani incarnate da Martin Luther King, dalle polemiche sulla guerra del Vietnam e dai primi segnali delle rivolte giovanili. Già nel 1964, all’Università di Berkeley, erano cominciate le prime manifestazioni studentesche per ottenere spazi per attività sociali e politiche all’interno del campus, i primi fuochi della protesta giovanile che esplose nel 1968.

È in questo clima che Benjamin Braddock, giovane rampollo di una ricca famiglia Californiana, torna a casa dopo aver terminato gli studi. Durante la festa per il suo diploma incontra la signora Robinson, moglie del socio in affari di suo padre. La donna si fa accompagnare a casa da Benjamin con l’intendo di sedurlo, e solo l’inatteso arrivo del marito interrompe il flirt, ma l’appuntamento è solo rimandato e i due cominciano una relazione clandestina.
Tutto fila liscio fino a quando Benjamin non s’innamora di Elaine, figlia di Mrs. Robinson. Da quel momento gli eventi precipitano in un vortice d’incomprensioni, rancori e vendette, fino alla famosa scena finale in cui Benjamin irrompe in chiesa e strappa Elaine al neomarito per portarla via con sé.

Basta questa storia trasgressiva a fare del film un cult? No, ci sono molti altri elementi che contribuiscono al mito de Il laureato. Partiamo dalla figura di Benjamin, che fin dal principio appare un estraneo tra le mura domestiche. Sembra non comprendere più nulla di quel mondo, come un marziano sbarcato in un pianeta straniero. Si guarda attorno con circospetto stupore, disorientato di fronte a un mondo che gli appare sempre più lontano. Si sente quasi soffocare dal peso delle aspettative che familiari e amici proiettano su di lui, sul suo futuro professionale e personale. È lo specchio di un profondo disagio generazionale, di una gioventù che non si riconosce più nei modelli e nei valori dei padri. La carriera, la villa con la piscina sembrano mete prive di senso, sogni ormai al crepuscolo, pronti a essere spazzati via da nuovi desideri e modelli di vita. Questo senso d’incomunicabilità e distanza, ben simboleggiato da un’altra scena mito, quella in piscina con la muta da sub, accompagna tutte le relazioni di Benjamin con il mondo degli adulti. Anche se non rappresenta ancora la gioventù del ’68, che si ribella con violenza, Benjamin vive una situazione di conflitto interiore con la realtà che lo circonda, infrange le regole sociali, la morale borghese e perbenista, desidera una vita lontana dai modelli socialmente condivisi e vuole costruirsi un futuro diverso.

È la società americana che comincia a mostrare le sue crepe dietro la facciata dipinta d’ingenuo ottimismo, crepe incarnate perfettamente dal personaggio della signora Robinson. L’apparente perbenismo borghese nasconde un matrimonio riparatore, un’esistenza annoiata, piena di frustrazioni, rimpianti e insoddisfazione. L’architettura della felice famiglia americana va in pezzi con i suoi fragili sogni di cartapesta. Se il gioco di seduzione con il figlio dei migliori amici di famiglia appare come una sfida alle convenzioni sociali o forse la ricerca di un amore giovanile mai vissuto, il desiderio di Benjamin di fare l’amore con l’amica di sua madre svela non solo uno dei desideri erotici di molti adolescenti, ma anche la voglia di trasgredire le regole, di disubbidire all’istituzione famiglia.

Tuttavia, la forza evocatrice del film non si ferma al ritratto di questi due personaggi, alla loro capacità di simboleggiare la crisi giovanile e l’ingannevole felicità del sogno americano del dopoguerra. A rendere il film indimenticabile sono le musiche di Simon & Garfunkel, in particolare il brano d’apertura The Sound of Silence e il tema del film, Mrs. Robinson, oltre alla ballata Scarborough Fair e ad April Come She Will: la colonna sonora di una generazione e di un periodo storico, che ha saputo sopravvivere al tempo per arrivare fino ai giorni nostri. Per non parlare della famosa Alfa Romeo Duetto Rossa, vera icona automobilistica – tutti particolari che hanno contribuito a scolpire Il laureato nella memoria di generazioni.

Il finale, in cui Benjamin ed Elaine fuggono insieme su un autobus verso un destino senza certezze, fotografa perfettamente la voglia di evasione, di libertà e di anticonformismo che stava per travolgere i valori della società dell’epoca. A tutto dobbiamo aggiungere le straordinarie interpretazioni degli attori. Dustin Hoffman – all’epoca trentenne – interpreta Benjamin con un credibilissimo impaccio giovanile, e Anne Bancroft, che di anni ne aveva solo 6 in più, porta sullo schermo uno dei personaggi femminili più seducenti, torbidi e sensuali della storia del cinema.

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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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