Vermeer e la musica

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Un nuovo appuntamento per la serie “Exhibition. La grande arte al cinema”. Dopo il film dedicato alla mostra di Oslo per i 150 anni della nascita del pittore Edvard Munch, il 10 ottobre un nuovo documentario ha presentato l’esibizione organizzata alla National Gallery di Londra dal titolo Vermeer and Music. The Art of Love and Leisure.

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Arrivo, in anticipo, al Teatro comunale di Vicenza, che, con un centinaio di sale cinematografiche di tutta Italia, partecipa all’iniziativa. In attesa del film, trasmesso via satellite, scorrono sullo schermo immagini di Delft, la città di Johannes (Jan) Vermeer (1632-1675), che ci introducono all’ambiente del pittore.

Inizia il documentario: anche in questo caso è lo storico dell’arte inglese Tim Marlow, conduttore di programmi televisivi culturali, a presentarci la mostra, fra analisi delle opere, biografia del pittore, interviste alla curatrice Betsy Wieseman e a vari studiosi.

Poco si sa della vita del pittore, di cui sono oggi note 36 opere. Il padre era un oste, diventato mercante d’arte per rispondere alla grande richiesta di quadri da parte della società olandese. Sappiamo che Jan Vermeer nel 1653 si iscrisse alla Gilda di San Luca, la corporazione dei pittori, che si sposò con una donna di famiglia benestante – cosa che gli permise, per un certo periodo, di vivere e lavorare senza grandi problemi -, e che ebbe 15 figli, di cui ne rimasero in vita 11. Grande esponente del Secolo d’oro della Spagna, dipinse gli interni borghesi del suo tempo, sospesi in un’atmosfera silenziosa e rarefatta in cui la luce riveste un ruolo fondamentale.

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Nel 1999 il fortunato romanzo di Tracy Chevalier, La ragazza con l’orecchino di perla – da cui è stato tratto il film di Peter Webber, candidato a tre Oscar, con Colin Firth e Scarlett Johansson – ha portato all’attenzione del grande pubblico l’opera del pittore. La storia prende spunto dal dipinto Ragazza con turbante (o Ragazza con l’orecchino di perla), e immagina l’incontro fra il pittore e la sua modella, mandata a servizio nella casa di Vermeer e addetta alla pulizia dell’atelier, fra le gelosie della moglie e di un’altra inserviente. Ed è proprio Tracy Chevalier una delle interlocutrici di Tim Marlow nel corso del documentario. Interessante il ricorso a una scrittrice di romanzi storici per scoprire quali racconti possano ispirare i soggetti dei dipinti, al di là dei loro riferimenti reali.

Il tema su cui si concentra la mostra di Londra è il rapporto di Vermeer e, più in generale, dell’Olanda con la musica nel XVII secolo. La visita è intervallata da brani d’epoca suonati dall’Academy of Ancient Music, che ci introduce alla musica e agli strumenti del tempo, presenti anche lungo il percorso espositivo: virginali – strumenti a tastiera e corde pizzicate -, chitarre e liuti.

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La musica è sempre stata presente nelle arti visive, dagli antichi Egizi alle ceramiche greche, nelle scene dei miti classici e in quelle religiose. Nella pittura olandese del Seicento il tema, dai molteplici significati, era molto diffuso. Nei ritratti, la presenza di uno strumento musicale poteva suggerire il ruolo sociale del personaggio; nel genere della natura morta, che si afferma nel XVII secolo, e nelle rappresentazioni della vita quotidiana, poteva diventare simbolo della caducità della vita, del trascorrere del tempo, in una parola, della Vanitas. Le cose passano, come finisce la musica quando tacciono gli strumenti.

Per la prima volta sono accostate nella stessa parete tre fondamentali opere del pittore, Giovane donna in piedi al virginale, Giovane donna seduta al virginale e La suonatrice di chitarra.

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Il lungo prestito della Suonatrice di chitarra da Kenwood House, chiusa per lavori, ha consentito di svolgere delle approfondite analisi sulla tecnica della tarda attività del pittore e di confrontarla con quella di altre opere. Da queste indagini emergono anche quelle tracce non intenzionali lasciate dall’artista sulle sue tele: dai peli del pennello, a riprova della scarsa qualità degli strumenti o della loro usura, alle impronte delle dita lasciate sulla sommità della Suonatrice di chitarra quando il colore non era ancora asciutto. La quantità di pelucchi incorporata nel colore dei dipinti, inoltre, induce a credere che Vermeer li abbia realizzati in un arco di tempo piuttosto lungo, o che la pittura impiegò molto tempo ad asciugarsi. In entrambi i casi, si può ipotizzare che le opere siano rimaste esposte nello studio per un lungo periodo.

Nei dipinti di Vermeer, come suggerisce la curatrice, non è importante solo quello che viene riprodotto, ma anche quanto rimane fuori dal quadro. È sicuramente il caso della Suonatrice di chitarra, in cui la scena è decentrata, sbilanciata a sinistra. Anche lo sguardo della giovane donna è rivolto verso sinistra, non verso di noi. Qualcosa al di fuori della cornice attira la sua attenzione, lei sorride a una presenza che non vediamo, a qualcuno per cui forse sta suonando, lasciandoci fuori con la nostra curiosità, esclusi dal suo mondo.

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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