Il centocinquantenario della nascita di Claude Debussy

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Un articolo illustra il genio del compositore francese, le sue affinità con l’arte figurativa giapponese e la sua influenza sulla musica, anche contemporanea, che continua a sedurre e a ispirare.

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«Se studiamo l’arte giapponese, scopriamo un uomo che è indubbiamente saggio, filosofico, intelligente, che passa il suo tempo – a fare che? A studiare la distanza tra la terra e la luna? No! A studiare le politiche di Bismarck? No! Studia… un semplice filo d’erba. Ma questo filo d’erba lo porta a disegnare tutte le piante, e poi le stagioni, e il grande spettacolo dei paesaggi, e infine gli animali, e le figure umane. Così passa la sua vita, e la vita è troppo breve per fare tutto».

Vincent Van Gogh scriveva così a suo fratello Theo cercando di spiegare la natura unica dell’arte giapponese che l’aveva conquistato – il «Japonisme» che infiammò l’immaginazione degli artisti della fine dell’Ottocento, dopo che il Paese del Sol Levante si era finalmente aperto, a metà del secolo, all’Occidente dopo secoli di chiusura. Basta pensare all’autoritratto di Van Gogh, uno dei tanti, nel quale però il grande pittore si ritrae con gli occhi allungati di tratto asiatico e un saio da monaco buddhista al cospetto di un fondale verde acqua, il suo omaggio ai monaci zen dei quali ammirava la pace che tanto mancava al suo spirito (il quadro è al museo di Harvard e vale, da solo, il volo per Boston). O la moglie di Monet con il grande kimono rosso e che agita un ventaglio, «La Japonaise» più francese del mondo (National Gallery, Washington).

Un ritratto di Claude Debussy (1862-1918)E nessuno più di Claude Debussy, nella musica, ebbe un’affinità per la qualità che scorre come linfa vitale sotto la superficie dell’arte giapponese: lo ukiyo-e , il «mondo fluttuante». E l’immagine più famosa del mondo fluttuante, «La grande onda di Kanagawa» di Hokusai, era sulla copertina (per volontà del compositore) della prima edizione di «La Mer», quella affascinante sinfonia del mare completata da Debussy nel 1905.

«La Japonaise» (1876), ritratto di Claude Monet alla moglie Camille: ironia sul gusto orientaleggiante di alloraDue anni dopo, Debussy scriveva al suo editore: «La musica è un’arte molto giovane, sia nei suoi mezzi, sia per la conoscenza che ne abbiamo». E da allora, da quell’alba del Novecento piena di curiosità, sulla «grande onda» di Hokusai e Debussy hanno viaggiato compositori come Maurice Ravel e Béla Bartók, Igor Stravinsky e Olivier Messiaen. Ma anche lo ieratico Pierre Boulez e il raffinato Henri Dutilleux, i minimalisti Steve Reich e Philip Glass e il loro collega giapponese Toru Takemitsu. La grande onda ha viaggiato al di là della musica classica, arrivando al jazz attraverso il genio di George Gershwin: portano i segni delle idee di Debussy giganti del jazz come Duke Ellington e Thelonious Monk, e non chiedete a Herbie Hancock di parlarvi di Debussy se avete fretta perché vi racconterà la sua ammirazione per il compositore di «La Mer» (altro idolo di un maestro come Hancock: Ravel).

Robert Fripp (King Crimson) che ha sempre ammesso l’influenza di Debussy nella propria musicaE l’onda giapponese di Ravel ha continuato a viaggiare, nel Novecento, anche oltre il jazz: al cinema, nelle colonne sonore di John Williams (quello di Guerre Stellari ), wagneriano di Hollywood che ai colori di Debussy – e a «La Mer» in particolare – continua a ispirarsi anche dopo una carriera lunga mezzo secolo. E Robert Fripp? L’innovatore dei King Crimson, chitarrista da Top 100 di tutti i tempi, è musicista dai gusti finissimi e nel 2004 ha spiegato così nel suo diario il rapporto con quello che affettuosamente chiama «Claude the Frenchy», Claude il francesino, scrivendo queste parole su «Arabesque n. 1» che gli serve anche a sconfiggere un vicino di casa maleducato: «Debussy ha esercitato una fortissima influenza nel mio periodo da musicista disoccupato. Da dove veniva quella musica? O meglio, come è arrivata a Debussy, e da Debussy è arrivata al mondo? Si resta incantati, non c’è altra parola. Quando mi ritrovo al cospetto di musica di un tale potere, posso solo ammettere che non so nulla, che non sono nulla, posso soltanto ammettere la mia meraviglia e esprimere la mia gratitudine! Che cosa deve aver significato, nel 1893, l’ascolto di quelle note iniziali di “L’après-midi”? Le ascoltavo questa mattina, le ho usate per cancellare il rumore fatto dall’idraulico di Mr. Sniff-Gurgley, e magari questo banalizza l’eroismo di Claude ma – hey! – beccati questo, Sniff-Gurgley, malnato e maleducato figlio di una caccola».

La musica di Debussy come metodo di risoluzione delle liti condominiali? Sembra strano ma per chi ama Debussy è normale: è musica totale dalla quale si può solo essere sedotti, come da titolo del cd (1999) di altri fans che non diresti mai, gli elettronici The Art of Noise: «The Seduction of Claude Debussy».

http://www.corriere.it/cultura/eventi/2012/mito-settembre-musica/notizie/persivale-legami_d4ff931a-f5db-11e1-b714-22a5ae719fb5.shtml

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