Antonio Ligabue al MUST di Vimercate

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Cinque opere della Banca Popolare di Bergamo esposte fino al 18 gennaio.

Il Museo del Territorio di Vimercate (MUST) è senza dubbio una della “giovani” realtà museali più interessanti del territorio lombardo, ed è dunque meritevole di un articolo apposito: lo prometto in tempi non troppo lunghi ai lettori de La ricerca.
A nobilitare la già interessante offerta di questo museo c’è oggi una mostra (visitabile fino al 18 gennaio 2015), resa possibile da un prestigioso prestito dalla collezione della Banca Popolare di Bergamo e ottimamente curata da Simona Bartolena.
Tale esposizione, dall’essenziale titolo Antonio Ligabue (1899-1865). Dipinti della collezione della Banca Popolare di Bergamo, esibisce cinque dipinti realizzati tra il 1950 e il 1955 dal pittore italiano. Eppure la riflessione su questi quadri, come vedremo, suggerisce domande e apre questioni che semplici non sono, come già ben si evinceva dal titolo di una sua storica mostra a Palazzo Reale di Milano del 2008, e cioè: L’arte difficile di un pittore senza regole.
È infatti bene dirlo chiaro e premetterlo a tutto il resto: dietro alla apparente facilità della pittura di Ligabue (che sarebbe riduttivo definire naïf) c’è una sostanziale complessità. Anzitutto la complessità esistenziale di un apolide nato in Svizzera ma vissuto sulle rive del Po; poi quella di un uomo diviso tra un conclamato narcisismo (come è proprio degli artisti che amano l’autoritratto) e un patologico autolesionismo; e quindi quella di un artista geniale, segnato però dalla marginalità sociale e da frequenti soggiorni in manicomio.

  • Ligabue, Il Grande Autoritratto, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo Ligabue, Il Grande Autoritratto, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo
  • Ligabue, Aratura con buoi 1, olio su tela, Collezione Banca Popolare di BergamoLigabue, Aratura con buoi 1, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo
  • Ligabue, Aratura con buoi 2, olio su tela, Collezione Banca Popolare di BergamoLigabue, Aratura con buoi 2, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo
  • Ligabue, Cavalli con castello, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo Ligabue, Cavalli con castello, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo
  • Ligabue, Leone e zebra in lotta, olio su tela, Collezione Banca Popolare di BergamoLigabue, Leone e zebra in lotta, olio su tela, Collezione Banca Popolare di Bergamo
  • La locandina della mostra al MUST La locandina della mostra al MUST

Le opere esposte a Vimercate sono davvero un bello spaccato della sua poetica. Ad esempio, accanto al Grande Autoritratto, in cui il pittore si presenta mentre dipinge un galletto, troviamo altri quadri che mostrano la passione del nostro per gli animali. E il bestiario comprende animali più esotici, come quelli dipinti nel drammatico Leone e zebra in lotta, e quelli più comuni, come quelli raffigurati nelle due emozionanti versioni di Aratura con buoi o nel fiabesco Cavalli con castello.
Certamente, davanti a dipinti di tale qualità è impossibile liquidarne l’autore con la trita definizione di all matt (“il matto”), che già i suoi contemporanei gli avevano dato, anche perché queste sono opere della maturità di Ligabue, già consapevole dell’interesse critico e collezionistico che suscitava. D’altronde non lo si può neppure connotare come un artista “colto”, nonostante i suoi rapporti con il pittore e scultore emiliano Renato Marino Mazzacurati, sodale di Scipione e Mafai nella Scuola Romana, che già nel 1928 gli aveva insegnato l’uso dei colori ad olio. Eppure le sue opere “vimercatesi” sembrano grondare di citazioni e allusioni, che denotano una forse inconsapevole metabolizzazione di altre esperienze artistiche. Fin troppo facile, ad esempio, vedere sentori espressionistici nel massiccio nitore di alcune “sagome” dipinte. Oppure ritrovare nelle Arature echi delle campagne di Millet e – soprattutto – di Van Gogh, la cui influenza parrebbe manifestarsi anche nella posa “allucinata” dell’Autoritratto. E la lotta tra animali esotici non avviene forse in un contesto vegetale esotico che sta tra la Polinesia di Gauguin e certe illustrazioni popolari? Che dire, poi, delle fattezze di buoi e cavalli, che ammiccano alla pittura della Macchia? E potrei andare avanti ancora, denunciando nei paesaggi all’orizzonte dei suoi quadri addirittura suggestioni della pittura antica, popolata di chiese e castelli, tanto simili a quelli della sua nativa Svizzera.
Meglio che mi fermi qui, dato che sto proponendo – sulla base di impressioni personali – una lettura che è di certo inadeguata dell’opera di Ligabue. Meglio infatti non “scomporre” la sua arte, che è – lo ripeto – singolare esito di una fusione tra perizia tecnica e istinto quasi primordiale. Meglio godersi le tele del MUST senza troppe velleità filologiche, immergendosi nel fantastico contesto di suggestioni cromatiche che queste evocano. Meglio, in conclusione, provare a dare una soluzione semplice (o addirittura una “non soluzione”) alle difficili questioni che abbiamo aperto. Ligabue (credo) ne sarebbe contento e, chi sa mai, il suo severo Autoritratto con galletto potrebbe anche accennare a un bonario sorriso.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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